giovedì, marzo 31, 2005

Esiste ancora una Destra e una Sinistra?

Sia l'intervista di Molinari a Norman Podhoretz che l'articolo di Riotta sul Corriere mettono nuovi dubbi sulla attuale esistenza delle due categorie antitetiche che hanno fondato la vita politica dell'ultimo secolo: Destra e Sinistra. Oggi idee considerate di Sinistra sono sostenute dalla Destra e viceversa. Basti pensare alla promozione della democrazia: in questo campo dovrebbe essere la Sinistra a farla da padrona e invece accade il contrario. Oppure accadono convergenza inaspettate, come sul caso degli ogm. La politica sugli ogm fatta dal ministro Alemanno poteva tranquillamente appartenere a un Pecoraro Scanio.
Insomma, per leggere la politica le categorie di Destra e di Sinistra sono sempre più mescolate e confuse... non più sufficienti per etichettare le vicende politiche dei giorni nostri.

Sindacati e pubblico impiego

Da qualche giorno si trascina la polemica sul rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici. Ognuno ha la sua cifra giusta: Berlusconi dice 95 €, Fini 100 €, i sindacati 105 €. La Lega gioca al ribasso, l'Udc al rialzo. Di sicuro c'è solamente il fatto che questo contratto aspetta d'essere rinnovato da 15 mesi. Beh, a dire il vero, di sicuro potrebbe anche esserci il fatto che questa macchina pubblica ha dimensioni troppo ampie e pecca di inefficenza. A farla da padrone, in questo campo, è il sindacato, lobby potentissima con capacità ingessante sullo sviluppo economico e sul miglioramento dell'apparato pubblico.
Fra i dipendenti pubblici e quelli privati il trattamento retributivo è stato negli ultimi anni ineguale (ovviamente a vantaggio dei primi). Ma parallelamente non si è avuto un miglioramento qualitativo e produttivo. Il personale continua a passare di livello ma continua, nello stesso tempo, a rimanere poco qualificato. Il trucco sta nei concorsi interni con amici-colleghi giudicanti (e si sa, un favore ad un collega non si nega mai!). Di nuovi concorsi pubblici relativi a nuovi posti di lavoro, invece, neanche l'ombra. Le risorse vengono, in minima parte, destinate all'aumento della retribuzione conseguente il raggiungimento della nuova qualifica e, in massima parte, vengono ripartite a tutti i dipendenti, senza distinzioni di merito. Tutti vengono premiati economicamente ma il livello di preparazione del dipendente non si alza, così come non si alza il livello di efficenza della macchina statale.
Per il sindacato poi tutto deve stare sotto l'ombrello dello Stato. Qualsiasi tentativo di sostituzione del pubblico col privato, anche per garantire gli stessi servizi, è pura eresia.

martedì, marzo 29, 2005

Internet salverà la destra? - Luci e ombre di una rivoluzione mediatica

Articolo di Alberto Mingardi (IBL) comparso su Libero il 27/3/2005. Mingardi parla del gruppo di blogs riunito da Ideazione (tra i quali è presente anche Il Federalista). Dopo un esordio descrittivo del fenomeno ed anche, in un certo senso, positivo, elenca i "ma". E di "ma" a suo modo di vedere ce ne sono e allora il suo giudizio cambia di segno. Riuscirà ad incidere sulla politica e sulla società questo fenomeno spontaneo ma fatto da dilettanti allo sbaraglio? Saremo veramente il "sottoscala" della politica (luogo dove l'affitto è gratuito) mentre ai piani alti risiederanno i think tank nostri cugini più titolati (le casse dei quali andrebbero gonfiate)? E poi, com'è stato chiarito da jim momo, l'obiettivo non è quello di rivitalizzare la Destra... probabilmente il nome Right Nation non raggrupperà intorno a sè tutti i 130 blogs (nelle primarie in corso è in svantaggio!) e questo è già un segnale. Personalmente mi trovo molto vicino ai Radicali Italiani (movimento per il quale sono uno dei pochissimi tesserati della provincia di Reggio Emilia) e dunque difficilmente incasellabile sotto l'etichetta di "destro" o "sinistro". Abbiamo la testa altrove? Forse si, forse no. Certo, la scoperta del movimento neoconservatore ha creato notevole entusiasmo ed un iniziale collante fra tutti noi, ma gli interessi di ogni blog sono molteplici. Noi de Il Federalista ci accontentiamo di essere il sottoscala dell'Istituto Bruno Leoni, di Benedetto della Vedova e di tanti altri istituti, periodici, politici, giornalisti, gente comune che apprezziamo per le loro idee... le quali vorremmo, nel nostro piccolo, anche noi divulgare.

venerdì, marzo 25, 2005

Smettere o continuare a comprare il Corriere della Sera?

Smettere di comprare il Corriere della Sera così intitolava il suo post Paolo di Lautreamont. Questo in seguito all'editoriale di Ernesto Galli della Loggia a proposito della riforma della Costituzione del Centrodestra. Effettivamente stupisce la durezza di Galli della Loggia e stupisce che il Corriere abbia preso una posizione così nettamente critica vedendo tutto nero: pessima la devolution, pessimo l'ampliamento dei poteri del premier, pessimo il senato federale, eccetera eccetera. Nulla è proprio da salvare? Morirà la patria come è morta l'8 settembre 1943? E anche questo paragone in un uomo sempre misurato risulta forte, molto forte. Infatti oggi Il Foglio in prima pagina, pure lui stupito dal Corriere in stile Unità, si è interrogato sul perchè. A maggior ragione perchè Il Foglio non ha affatto criticato la riforma, anzi, l'ha elogiata. Mieli afflitto momentaneamente dalla sindrome Furio Colombo? Chissà. Comunque la svolta impressa da Mieli al Corriere dopo la parentesi buia di Folli a me piace, quindi il problema a me non si pone: si continuerà a comprare il Corriere.

L'8 per mille sarà speso per la campagna referendaria?

Visto che il partito del Vaticano con segretario Camillo Ruini ha in mente una campagna referendaria massicciamente impostata verso l'astensionismo (e il bravo cattolico dovrà inchinarsi a Ruini e all'astensionismo), Del Pennino (senatore del PRI) si chiede, giustamente, se l'otto per mille verrà utilizzato per la discesa in campo del partito (del Vaticano). Otto per mille che dovrebbe essere utilizzato per opere di bene e attività ecclesiale e... e se invece servisse per altri fini?

giovedì, marzo 24, 2005

Le 11,00 di fuoco!

Sabato 26 marzo confronto da non perdere fra Daniele Capezzone ed Ersilio Tonini sul tema dei referendum sulla procreazione assistita, ore 11.00 SkyTg24 (canale 500)!

Fuori dal coro

Fuori dal coro di critiche aspre verso la nuova costituzione si pone Il Foglio con questo articolo in prima pagina:

La dittatura che non verra’
Dov’è lo scandalo della riforma costituzionale approvata in Senato dalla maggioranza? L’opposizione grida alla tirannide ma i poteri del premier sono più deboli di quelli previsti dalla sinistra in Bicamerale [continua a leggere cliccando su "leggi tutto!"]
Roma. La domanda da porsi di fronte al testo di riforma costituzionale approvato ieri dal Senato, con i voti della sola maggioranza, è se il centro e le sinistre guidati da Romano Prodi abbiano il diritto di gridare alla dittatura del premier e allo stravolgimento delle garanzie democratiche. Allarme che pretendono di fondare, all’ingrosso, sul pericolo che il premier possa disporre di prerogative onnipotenti: il fatto di essere direttamente collegato, nella sua elezione, all’elezione dei candidati alla Camera; il potere di nominare e revocare i ministri; la facoltà di sciogliere la Camera. Se il centrosinistra abbia ragione è un interrogativo che questo giornale aveva sollevato già un anno fa, e la risposta fu no, quando il testo era appena stato licenziato in prima lettura da Palazzo Madama e ancora non era iniziato il suo percorso di discussione e approvazione da parte della Camera.
Un anno fa il Foglio indicò nel premierato robusto e nel Senato muscolare gli esiti perfettibili di una riforma che Montecitorio ha successivamente emendato e corretto durante l’estate, pur senza stravolgerla, in una direzione decisamente contraria alle aspettative di chi, agli occhi delle opposizioni, starebbe vagheggiando una dittatura morbida del presidente del Consiglio. Tra il testo iniziale e quello di oggi, infatti, sono intervenute modifiche non trascurabili che hanno limitato più che ampliare le prerogative forti del premier. Una delle novità inserite dai deputati è la cosiddetta sfiducia costruttiva, fortemente voluta dall’Udc e proprio dai centristi fatta rientrare – si ricorderà – nel negoziato politico sorto all’interno della maggioranza durante la verifica di governo andata in scena l’estate scorsa. La sfiducia costruttiva rappresenta un contrappeso al potere di scioglimento della Camera da parte del premier. Perché offre ai deputati della maggioranza la possibilità di presentare una mozione di sfiducia (sottoscritta almeno dalla maggioranza dei componenti la Camera) in cui va indicato il nome del nuovo premier (che entro cinque giorni deve poi ottenere la fiducia della Camera sul suo programma). Lo ha notato perfino Mario Pirani ieri su Repubblica: “In una coalizione con ali estreme riottose, se una di queste vuol far saltare il banco, le basta votare anche da sola la sfiducia per ottenere lo scioglimento del Parlamento”.
Cosa disse Salvi nel 1997
Insomma si può sostenere che il premierato robusto concepito un anno fa si sia indebolito lungo le strettoie dei passaggi parlamentari? Sì. E c’è dell’altro. Tanto la prima soluzione uscita da Palazzo Madama, quanto e a maggior ragione quella poi addomesticata di cui oggi si discute con tanta foga, possono essere scambiate per il prodotto edulcorato della fallita Commissione bicamerale di cui recepivano e recepiscono ampiamente alcune proposte avanzate dal centrosinistra. A cominciare da primo bersaglio grosso su cui l’opposizione si sta esercitando in queste ore, e cioè il potere di scioglimento parlamentare affidato al premier. E’ senz’altro interessante, allora, sfogliare i verbali della Bicamerale del 1997. E scoprire, anzi riscoprire sulla materia oggi incandescente le ammissioni della più serena sinistra di allora: “In Italia non abbiamo normato in Costituzione il potere di scioglimento. Non credo si possa ritenere che in tutto il resto del mondo dove questi meccanismi sono previsti ci sia una situazione di anomalia politica, istituzionale, costituzionale e democratica”, ammetteva il relatore di sinistra Cesare Salvi nelle sedute 28 e 29 del maggio 1997. Con le ammissioni spassionate arrivarono le proposte per uscire dal vuoto normativo, ancora per bocca del relatore Salvi: “Come prevede il primo comma dell’art. 3, il primo ministro, sentito il Consiglio dei ministri, ma sotto la sua esclusiva responsabilità può sciogliere il Parlamento. A fronte della richiesta, e una volta acquisito il parere del Consiglio dei ministri, il decreto di scioglimento è un atto dovuto. Ricordavo all’inizio che si tratta di una soluzione che non credo debba suscitare eccessivi dubbi e preoccupazioni dal punto di vista della tenuta democratica del sistema. Mi limiterò ad osservare – diceva sempre Salvi – che quando qualcuno scioglie il Parlamento, non è che poi assume i pieni poteri e rinchiude i parlamentari in uno stadio di calcio: la parola viene data al popolo sovrano, e potrebbe verificarsi che, se la scelta non è ben calibrata, quello stesso popolo sovrano si formi anche un’idea ed esprima un giudizio sulla scelta stessa dello scioglimento e voti di conseguenza”. L’argomentazione trovò quindi formulazione compiuta: “Il Primo ministro, sentito il Consiglio dei ministri, sotto la sua esclusiva responsabilità, può chiedere lo scioglimento del Parlamento, che sarà decretato dal Presidente della Repubblica”. Il decreto di scioglimento fissa la data delle elezioni” (art. 3 comma 1 del testo Salvi). In tale quadro, coloro che adesso lamentano un declassamento dei poteri presidenziali, dovrebbero ricordare che sin dal gennaio 1996 Franco Bassanini, Cesare Salvi, Domenico Fisichella e Giuliano Urbani immaginavano in una bozza chiaroveggente una riforma delle istituzioni secondo la quale “al Presidente della Repubblica, privato delle funzioni di responsabilità che comportano una ingerenza nella formazione dei governi e nella soluzione delle crisi di governo (scioglimento del Parlamento), potrebbero essere attribuiti significativi poteri di garanzia”.
Quanto all’impianto generale del premierato, per comprendere le oscillazioni della sinistra si può addirittura ripartire dalla tesi numero 1 del programma elettorale dell’Ulivo per le elezioni politiche del 1996. Dov’era scritto: “Appare opportuna nel nostro paese l’adozione di una forma di governo centrata sulla figura del Primo ministro, investito a seguito di voto di fiducia parlamentare in coerenza con gli orientamenti dell’elettorato. A tal fine è da prevedere, sulla scheda elettorale, l’indicazione – a fianco del candidato del collegio uninominale – del partito della coalizione alla quale questi aderisce e del candidato premier da essi designato”. Posizione identica fu poi espressa, nel maggio del 1997, da Cesare Salvi in qualità di relatore alla seduta numero 28 della Commissione bicamerale. Salvi argomentò, citò, propose in modo dotto e asseverativo: “Nel sistema britannico è determinante il congiunto effetto di meccanismi elettorali e istituzionali: formalmente gli elettori in Gran Bretagna eleggono solo il deputato del loro collegio; vorrei chiedere se qualcuno di noi ritiene che vi sia un cittadino di quel paese che non ritenga di aver ‘eletto’ Tony Blair Primo ministro. In realtà il loro voto nasce in modo indiretto ma trasparente, esplicito e chiarissimo, la scelta, l’elezione del primo ministro. Noi siamo andati oltre quella logica, proprio perché sappiamo che nelle condizioni del sistema politico italiano e del sistema costituzionale italiano occorre introdurre elementi ulteriori. In questa bozza si propone che il nome del primo ministro sia presente nella scheda elettorale accanto al nome del candidato al collegio per l’elezione del Parlamento. Non credo che se si condivide la scelta dell’elezione contestuale tra primo ministro e la maggioranza, ci possono essere meccanismi costituzionali molto diversi da questi”. E’ ciò che l’attuale maggioranza ha realizzato otto anni dopo, se possibile accontentando anche le richieste di Armando Cossutta, presidente dei Comunisti italiani. Cossutta vede oggi nella riforma il “prodromo di una dittatura” ma nel maggio ’97, sempre in Bicamerale, si esprimeva così: “Sono favorevole al fatto – e lo considero molto significativo – che da ogni partito o da ogni raggruppamento che si presenta alle elezioni venga indicato agli elettori il nome del premier che si intende sostenere in caso di vittoria di quel partito o dello schieramento di cui quel partito fa parte. Ritengo persino utile che si indichi il nome di questo premier sulla scheda”.
Stabilito questo, e cioè che la sinistra eccede oggi nel criticare quanto ha proposto in passato, si può volgere lo sguardo al secondo bersaglio grosso, la devolution. Ma solo uno sguardo per evidenziare che sia le cose buone (come la clausola d’interesse nazionale con cui scongiurare o dirimere eventuali conflitti d’attribuzione) sia le sgangheratezze del testo (come la potenziale concorrenza tra centro e periferia in materia d’istruzione) più che dividere il paese rimediano a una “pulsione suicida” (Mario Pirani). Quella con cui, al termine della scorsa legislatura, il centrosinistra modificò unilateralmente e in direzione centrifuga il titolo V della Costituzione. Con il risultato che, prima della riforma della Cdl, l’unica fonte autorevole per farsi un’idea di come funziona il federalismo all’italiana è stata la giurisprudenza prodotta dalla Corte costituzionale impegnata a pronunciarsi sui conflitti istituzionali tra Stato e Regioni.
(24/03/2005)

Riforma costituzionale buona o cattiva?

Per Il Riformista senza dubbio cattiva ("Quella approvata ieri al Senato è una pessima riforma costituzionale"). Anche per Galli della Loggia (sul Corriere della Sera) il giudizio è negativo anzi, la situazione che si verrà a creare sarà drammatica ("una riforma della Costituzione italiana che distrugge alcuni aspetti caratterizzanti dell’organizzazione dello Stato repubblicano e modifica in profondità il funzionamento dei massimi organi del suo potere politico nonché lo schema dei loro rapporti. Il panorama delle rovine è presto descritto. [...] la riforma della Costituzione voluta dal governo e dalla sua maggioranza costituisce forse il più grave pericolo che l’unità italiana si trova a correre dopo quello terribile corso sessant’anni orsono nel periodo seguito all’armistizio dell’8 settembre. Mentre in misura altrettanto forte sono in pericolo la funzionalità e l’efficienza della direzione politica dello Stato da un lato, e dall’altro alcuni valori di fondo della nostra convivenza, non più garantiti da una tutela pubblica affidabile.") Questi due giudizi mi sembrano molto chiari, per trovare commenti positivi occorrerà leggere la Padania.

Non abbiamo neppure cominciato che già appaiono le prime critiche

Andrea Mancia segnala che Macchianera e Pfall criticano duramente il progetto nostro che ancora non è partito. Soprattutto Pfall mi sembra che sbagli completamente il bersaglio e ingenuamente non capisco quale sia il suo problema. Se raggruppare 300 blogs sotto un unico nome è il viatico per derive fasciste beh, sostenere questa tesi mi sembra un poco azzardato.

D'Alema o il Migliore

La puntata di ieri di Porta a porta, con ospite il presidente ds Massimo D'Alema, si è rivelata essere (inequivocabilmente) un grande spot elettorale... non del centrosinistra ma dello stesso D'Alema. Sembra abbia già fatto propria la nuova costituzione e da nuovo candidato premier plenipotenziario si è mostrato davanti ai cittadini come "l'uomo giusto". Non ha mai paralato (o rararamente) a nome dell'Ulivo o dell'Unione o della FED, ma sempre in prima persona: io, io, io. E ovviamente: io sono sempre stato dalla parte giusta. Io ero contario a modificare la costituzione a colpi di maggioranza (però in parlamento ho votato a favore), io ero contrario alla dittatura di Saddam Hussein e dopo la sua cattura mi sono recato in territorio curdo per incontrare Talabani e sostenere lui e il suo partito (peccato che poi confermi d'essere d'accordo col ritiro delle truppe), io sono favorevole ad una promozione della democrazia ma questa insistenza verso la democrazia non è nata con Bush, bensì con Clinton e io ero al fianco di Clinton nella guerra umanitaria nella ex-Jugoslavia (peccato che quando occorreva mettersi al fianco di Bush per cacciare un dittatore sanguinario lui non si è visto, mentre Tony Blair invece ha pensato: era giusta la guerra nei Balcani ed è giusta la guerra in Iraq). Insomma la puntata è andata avanti così: una grande spot elettorale per Massimo D'Alema, detto anche il Migliore!

mercoledì, marzo 23, 2005

Il partito delle tasse e il partito della libertà

L'Europa potrebbe fare in modo che l'Irap scompaia come imposta (c'è gia l'Iva). A quel punto al governo italiano verrebbero a mancare 33 miliardi di euro. Che fare? Cercare di recuperare quella cifra aumentando altro imposte oppure tagliare 33 miliardi di spesa? Il partito delle tasse opterà per la prima ipotesi, quello della libertà per la seconda... ma in che modo?
"L’europarlamentare Renato Brunetta, da qualche mese consigliere economico di Berlusconi, ha indicato la strada più semplice: via l’imposta sulle imprese, via i trasferimenti alle imprese"

Truffe e brogli elettorali

Ora che il Consiglio di Stato ha riammesso la lista di Alternativa Sociale possiamo tranquillamente affermare che saranno elezioni dominate dalle truffe e dai brogli elettorali. Sicuramente era una scelta ipocrita quella di escludere la Mussolini solamente, quando tante altre liste (molto probabilmente, se non sicuramente) si erano comportate (chi più chi meno) negli stessi termini, cioè aggirando la legge. Sarebbe bello se ora ci potrebbero essere controlli a tappeto su tutte le liste e vedere quante firme irregolari salterebbero fuori. Ma è giusto che tutte le liste e tutti i partiti rimangano sulla stessa barca (la barca dell'illegalità) ed è giusto che tutte le liste illegali (tutte!) partecipino alle elezioni oppure che tutte le liste (tutte!) non partecipino alle elezioni. Comunque, non c'è bisogno di dirlo, se elezioni saranno (ed elezioni saranno) accadranno nella più completa illegalità.

Soft-power

Estratto dall'ultimo libro di Joseph S. Nye jr in uscita oggi per Einaudi, pubblicato ieri sul Corriere della Sera. Il fascino del modello americano può risultare fondamentale per portare Stati e popolazioni del mondo intero dalla parte dello sviluppo democratico. Si pensi all'Iran dove i Guardiani della rivoluzione lavorano per mantenere in piedi il regime islamico mentre migliaia di cittadini invece guardano agli Stati Uniti e al suo stile di vita, vestendosi e comportandosi da perfetti occidentali. E se anche un comunista doc come Ingrao ha confessato che una delle sua più grandi passioni è stato, ed è tuttora, il cinema americano (nelle persone di Martin Scorsese e John Cassavetes) allora il modello americano può suscitare fascino ovunque... anche grazie ad Hollywood ed ai blue-jeans!

martedì, marzo 22, 2005

Referendum: parte il tam-tam dal sito www.4si.it

Da Internet, 21 Marzo – E’ attivo il sito www.4si.it, dal quale è possibile attivare tutti gli strumenti per il successo del referendum per la fecondazione assistita e la libertà di ricerca scientifica: il passaparola telematico, il materiale informativo e gli audiovideo scaricabili, i kit per l’organizzazione di feste referendarie ed altri eventi, i gadget “io non mi astengo”, i mezzi per sostenere economicamente la campagna di Radicali italiani e dell’Associazione Luca Coscioni.
Da RadicalFax #151 - 21 marzo 2005 (Anno IX)

Radicali italiani: verso gli “stati generali” delle forze liberali, laiche, democratiche, di alternativa

Roma, 20 marzo – il Comitato nazionale di Radicali italiani ha approvato la mozione che rilancia la proposta di Pannella di convocare un appuntamento pubblico immediatamente dopo il referendum per la fecondazione assistita e la libertà di ricerca scientifica; un referendum che – per i radicali – riguarda in realtà tutti gli Stati democratici del mondo di fronte alla offensiva fondamentalista vaticana. L’evento post-referendario costituirà un “tentativo di tenere gli Stati generali delle forze liberali, democratiche, laiche, di alternativa”.
Da Radical Fax #151 - 21 marzo 2005 (Anno IX)

Evviva Piero Fassino!

Bravo Fassino, hai capito finalmente che bisogna stare dalla parte delle democrazie e della promozione della democrazia in Medio Oriente e altrove. Qualche passettino già lo avevi fatto (al Congresso diessino infatti avevi detto che i veri resistenti erano gli otto milioni di iracheni che si erano recati alle urne) e ora siamo contenti delle tue nuove dichiarazioni. Peccato che dalla sinistra siano già arrivate critiche alle tue parole. Ma la direzione è quella giusta... dai Fassino, non aver paura... sostieni le posizioni di Blair (pure lui è di sinistra!).

lunedì, marzo 21, 2005

Freedom is on the march

I ragazzi di Ideazione e Paolo della Sala hanno gettato le basi per un progetto che aggregherà i quasi 300 blog liberali che hanno aderito alla loro iniziativa. Si comincia con un sito verso il quale giungeranno tutti i post di tutti i blog, una redazione li filtrerà e sceglierà quelli da pubblicare (almeno credo di aver capito così). Direi che l'inizio è molto promettente!

Storia: chi la tocca muore

Era inevitabile. È bastato uscisse un libro non appiattito sulla retorica egemone, ma invece ricco di spunti critici, perché l’intellighenzia ufficiale ne decretasse la condanna. E così il Breve corso di storia patria ad uso dei non politicamente corretti promosso dal Cidas di Torino e pubblicato da Leonardo Facco editore (15 euro, leofacco@tin.it) ha conosciuto l’altro giorno la sua fucilazione ufficiale: una condanna senza appello decretata da Nicola Tranfaglia su L’Unità, il giornale fondato da Antonio Gramsci.
Articolo di Carlo Lottieri

Edmondo Berselli a Reggiolo!

Sabato 2 aprile, ore 17.00 - Edmondo Berselli sarà in biblioteca a Reggiolo (RE) a presentare il suo ultimo libro "Quel gran pezzo dell'Emilia".

Il lider maximo e la sua Cuba

Per Abbado è un paese all'avanguardia, per Amnesty International invece un paese in cui non è consentita la libertà di espressione, assemblea, associazione (pena il carcere). Inoltre nelle carceri le condizioni non sono per niente accettabili e la indipendenza del potere giudiziario è discutibile... e, secondo la rivista Forbes, Fidel Castro avrebbe un patrimonio personale invidiabile.

sabato, marzo 19, 2005

Referendum verso giugno, l'ira dei radicali

Il governo prende tempo sulla data. Il partito di Pannella protesta: «Allora non voteremo Casa delle libertà»

Che titolo orrendo!

Christian Rocca segnala che la Mondadori ha annunciato per maggio l'uscita dell'edizione italiana del libro The Right Nation. La cosa vergognosa è il titolo appioppatto alla versione italiana: "Con noi o contro di noi - Storia e geografia dell'America che si sente giusta perché è di destra". Semplicemente orribile e sbagliato!

venerdì, marzo 18, 2005

La Storia non si tocca!

Del "Breve corso di storia patria" avevamo già segnalato la sua uscita. Il libro, pubblicato da Leonardo Facco in collaborazione con il CIDAS, raccoglie diversi saggi sulla storia d'Italia, dall'Unità ad oggi.
Sono presenti scritti di Sergio Ricossa, Sergio Romano, Francesco Perfetti, Giuseppe Bedeschi, ecc. personaggi autorevoli e di grande onestà intellettuale.
Su L'Unità però Nicola Tranfaglia ci fa sapere che non ha gradito l'operazione. Visto che il libro è stato inviato alle scuole grida allo scandalo, il nuovo "Libro di Stato" per il XXI° secolo...
Che le pubblicazioni vengano inviate alle scuole non mi sembra una novità, anzi è routine. Che poi il libro si proponga una rilettura della Storia ecco, questo è l'aspetto che infastidisce il Tranfaglia... la Storia non si tocca, guai a metterla in discussione... per non parlare poi della Resistenza!

Wolfowitz e la Banca Mondiale

Sulla designazione di Paul Wolfowitz a capo della Banca Mondiale segnalo tre commenti (positivi e nagativi): quello di Christian Rocca, quello di Gianni Riotta e quello di Federico Rampini (ovviamente il commento negativo, molto negativo).

giovedì, marzo 17, 2005

Foglio-radicali, scambio di ospitalità tra avversari

Domenica da "Checco er carrettiere" a Trastevere è stato firmato il patto di ospitalità fra radicali e foglianti:
I termini dell'accordo prevedono che due volte alla settimana il Foglio pubblichi un'intera pagina sui temi della fecondazione assistita, a cura dell'associazione Luca Coscioni e dei radicali. E che due volte alla settimana Ferrara e le sue truppe cammellate sbarchino nella tana del nemico, ovvero gli studi di via Principe Amedeo a Roma, per un’ ora di trasmissione autogestita, seguita da venti minuti di filo diretto con il popolo radicale. La data d'avvio dell'operazione dipende da quando sarà fissato li referendum.
Corriere della Sera, 16/3/2005

Cuba: un'isola felice!

Ieri sul Corriere della Sera, in prima pagina, è comparsa una lettera-petizione firmata da 200 intellettuali (tra i quali anche alcuni premi nobel) a difesa dell'isola felice cubana contro l'imperialismo americano targato G.W. Bush. Prontamente Sergio D'Elia (segretario di Nessuno tocchi Caino) ha messo le cose in chiaro:
“la lettera non tiene conto minimamente della realtà cubana e dei misfatti compiuti dal dittatore di più lungo corso al mondo”. “Cuba ha due facce, una sotto i riflettori, l’altra nascosta. Per certi difensori dei diritti umani, esiste solo la prima: quella della base americana di Guantanamo dove sono detenuti i talebani.” “Ma Cuba non è solo Guantanamo – prosegue D’Elia -, è anche Combinado del Este, Canaleta, La Pendiente, Ceramica Roja, Kilo 8...” “La Perla dei Caraibi non è tutta sole, mare e sabbia. E’ anche galera e centri di ‘rieducazione’”.

mercoledì, marzo 16, 2005

Bush's Pick for World Bank

President Bush said that he began notifying other countries that Defense Deputy Secretary Paul Wolfowitz was his candidate to head the World Bank.
New York Times, 16/3/2005

Cina: la parola al professor Della Vedova

Il problema della concorrenza economica e industriale cinese può essere affrontato in due modi: comprendendo e ammettendo che si tratta, appunto, di “concorrenza”, e dunque utilizzando gli strumenti che la favoriscono e regolano; oppure facendo finta che si tratti d’altro, che non siano quindi in gioco rapporti e conflitti di carattere concorrenziale, ricorrendo allora a metodi ed espedienti di contrasto tali per cui la concorrenza non è infine regolata, ma impedita. Il fatto è che nel secondo modo non si risolve il problema: lo si accantona e se ne producono altri.
articolo comparso su Il Foglio (15/3/2005)

Liberalizzazione delle professioni: è urgente l'attuazione della direttiva Bolkestein

Secondo l'Istituto Bruno Leoni è urgente che venga data attuazione ad una delle libertà fondamentali affermata dal Trattato di Roma: la libera circolazione dei servizi.

La ricetta Veronesi e la sottile linea della libertà individuale

Carlo Stagnaro oggi (16/3/2005) in un articolo su Il Riformista commenta le dichiarazioni del professor Umberto Veronesi apparse ieri sul Coriere della Sera.

MAIS OGM: Non c'è dubbio, è sicuro!

- di AmbienteEuropa, 16/3/2005

Secondo l'Agenzia europea per la sicurezza alimentare, che ha sede a Parma, il Mais 1507, varietà di mais geneticamente modificata, è sicuro: non c'è alcuna prova della nocività del tipo di mais 1507, resistente ad un tipo molto diffuso di erbicida ed anche a vari parassiti. Il Mais 1507, prodotto dalla Pioneer Hi-Bred international insieme con la Dow Agrosciences, secondo l'Agenzia, non è più solo importabile, ma è anche coltivabile. Pur se, in passato, l'agenzia si era espressa, più volte, a favore di ogm per la trasformazione industriale, questa è la prima volta che è favorevole ad un ogm "vivo", da piantare. Ricordiamo che l'Unione Europea h di recente rimosso un bando durato sei anni per l'importazione di alcuni Ogm, e che dal 1998 non era più autorizzata la semina di nuovi tipi di ogm. Alcuni tipi di ogm, principalmente mais, erano stati autorizzati prima dell'entrata in vigore del bando e sono attualmente coltivati a scopo commerciale solo in Spagna, mentre in altri paesi la coltivazione avviene in serra o all'aperto, a scopo sperimentale.
www.libertari.org

martedì, marzo 15, 2005

E se avesse ragione lui?

"Dall'1 al 4% delle forma di cancro sono atrribuibili all'inquinamento atmosferico - ha detto Umberto Veronesi -. Il 30% invece dipendono dall'alimentazione. Certi cibi come latte e polenta possono contenere alte quantità di tossine naturali". Secondo l'oncologo "il mais Ogm è più sicuro di quello tradizionale perchè meno esposto alle contaminazioni ambientali".
Corriere della Sera 15/3/2005

Legalità

Sul Corriere della Sera (15/3/2005), titolo: "Firme false, indagini in tutta italia". Di seguito: "Il presidente ds D'Alema: una trappola per fermare la Mussolini, bisogna trovare chi ha organizzato l'inganno".
Proprio non capisco: la Mussolini ha raccolto firme false ed è un complotto contro di lei... sembra che i ds vivano su di un altro mondo, per loro lo scandalo della raccolta di firme illegali non esiste. A me sembra che sulla questione della legalità la sinistra abbia un comportamento ferreo sul rispetto delle regole democratiche quando il bersaglio è il Cavaliere, poi però quando di mezzo ci potrebbe essere una vittoria elettorale (magari nella regione Lazio) la legalità va a farsi benedire e allora Rutelli afferma: "la candidata di Alternativa Sociale ha il diritto a partecipare alle elezioni".

Così fan tutti

Ora pagherà con l'esclusione dalle elezioni la lista di Alessandra Mussolini ma se solamente ci fosse la volontà tutti partiti potrebbero essere coinvolti in questo scandalo anti-democratico. Il problema è che una volta accertati i brogli, grazie alla depenalizzazione del reato di qualche anno fa, basterà pagare una multa (fra i 500 e i 2,000 euro) per rimettersi la coscienza a posto.

Democrazia cinese

Dal blog di Federico Rampini:
Il Parlamento cinese è riunito da sabato scorso a Pechino per la sua "sessione legislativa". Accade solo una volta all'anno. Per dieci giorni. Poi tutti a casa per gli altri 355 giorni.
Durante la seduta parlamentare c'è anche una sorta di inaugurazione dell'anno giudiziario, in cui il procuratore generale della Repubblica fornisce i dati sull'attività dei tribunali. Si è appreso che l'anno scorso sono stati arrestati o altrimenti perseguiti 800.000 cinesi per "attentato alla sicurezza dello Stato".
Fra i progetti di legge presentati per l'approvazione: la messa al bando delle canzoni in playback alla tv cinese
.
11/03/2005

"Il complotto contro l'America"

Oggi arriva nelle librerie italiane il nuovo romanzo di Philip Roth "Il complotto contro l'America"!

"Confessioni di un liberale" di Vargas Llosa è il nuovo "Occasional paper" dell'IBL!

Questo intervento di Mario Vargas Llosa era stato proposto da Il Foglio sabato 5/3/2005, ora è diventato il nuovo "occasional paper" dell'Istituto Bruno Leoni. A mio parere questo testo andrebbe letto nelle scuole!

E' uscito il nuovo numero di Ideazione!

Qui c'è l'editoriale di Domenico Mennitti e qui l'articolo di Christian Rocca sulle Nazioni Unite (argomento principale del numero in edicola).

Grande confusione sotto il cielo neocon

Oggi il nostro Christian Rocca prova a spiegare su Il Foglio cosa è veramente successo fra i neocon e la rivista National Interest.

lunedì, marzo 14, 2005

L'editoriale della discordia

Oltre a Regimechange anche La Repubblica ed il Corriere della Sera, con Zucconi e Caretto, parlano della diaspora neocon da The National Interest. Effettivamente l'editoriale del numero invernale (Winter 2004/05), dal titolo Realism's Shining Morality, fa capire con evidenza il cambio di linea del periodico fondato da Irving Kristol.

CINA VERGOGNOSA

- di Enclave, 14/3/2005

Stati canglia? Certamente. Ecco, riportata dall'Ansa, una notizia inerente la Cina: Il Parlamento cinese ha approvato oggi la legge anti-secessione che rende illegale un'indipendenza formale di Taiwan e autorizza l'uso delle forze armate contro l'isola. La legge e' stata votata da 2.896 delegati. Nessuno voto contrario, due gli astenuti. Il governo cinese ha voluto cosi' conferire la massima legittimita' alla sua rivendicazione di sovranita' su Taiwan, che usufruisce di un'indipendenza di fatto da oltre 55 anni.

PROVETTA PRIGIONIERA

Servizio di Chiara Valentini (giornalista di Repubblica e L'espresso) che parla del fallimento della legge 40 sulla fecondazione assistita dopo 12 mesi dalla sua entrata in vigore.
[articolo completo cliccando sul titolo]

Jeans cinesi a 10 euro: il consumatore esulta, l'industria piange

Ancora sui dazi verso la Cina (questa volta da Il Foglio di sabato 12/3/2005)

Ma la Cina rappresenta un'opportunità

Altro articolo di Carlo Lottieri comparso su L'indipendente l'11/3/2005. Ovviamente Lottieri è fermamente contrario all'introduzione di dazi verso la Cina. Questa mattina ascoltando radio radicale ho ascoltato l'opinione del professor De Marchi che, usando l'espressione "noi radicali", diceva che dobbiamo considerare come percorribile l'ipotesi dei dazi perchè l'arricchimento di uno stato dittatoriale (come è quello cinese), grazie al libero mercato, potrebbe essere poi usato contro di noi per le sue politiche di potenza. Insomma, occorrerebbe, secondo lui, arricchirli e nello stesso tempo neutralizzarli aprendoli dall'interno alla democrazia. E i dazi potrebbero avere questo scopo.

Libano: la piazza non ha ancora vinto

Bell'articolo di Antonio Donno sulla situazione in Libano.
[articolo completo cliccando sul titolo]

Si sono presi The National Interest

Riporto quanto scritto oggi (14/3/2005) da Regimechange:
Leggo una notizia sconvolgente questa mattina sul CorSera, articolo di Ennio Caretto (occhio, però, chè per lui tutti sono neocon, anche Ashcroft), che deve aver letto questo articolo di David Kirkpatrick, sul NY Times. C'è stata una specie di colpo di stato editoriale a The National Interest, una delle voci neocon più note, fondato da Irving Kristol. La rivista è finita nelle mani del Nixon Center, che, come si intuisce anche dal nome, è un think tank che sta dalla parte della linea "pragmatica" della politica estera Usa (leggi: bravo Bush sr., per aver tenuto al suo posto Saddam), quella per la quale promuovere la libertà è una sorta di foliia umanitaristica. Secondo quanto si legge sul Corriere, il caso sarebbe scoppiato quando è stato pubblicato un editoriale dal titolo "La splendente moralità del realismo", un vero e proprio atto di accusa nei confronti della linea neocon e un richiamo al presidente Bush perchè smetta di seguirla. Questo articolo è a firma di Dimitri K. Simes e Bob Ellsworth. Il primo è un ex dissidente sovietico naturalizzato americano, direttore del Nixon Center e conservatore realista e tradizionale. Nel board della rivista siede Samuel Huntigton, teorico dello "scontro di civiltà" (non fautore, come alcuni credono) e neocon come Richard Perle, Charles Krauthammer e Daniel Pipes. Quell'editoriale ha provocato una sollevazione. Dieci dei dodici membri dell'editorial boad si sono dimessi, gli altri due (Pipes e Khauthammer) hanno comunque perso il posto, dice Caretto. Si è verificata una secessione, capeggiata dall' autore de "La fine della storia", Francis Fukuyama (pur essendo spesso stato anche egli un critico della visione neocon in politica estera), il quale ha annunciato la nascita di una contro-rivista, che si dovrebbe chiamare "The American Interest". Insomma, nell'intellighenzia della destra Usa è guerra. Indovinate con chi stiamo

Sharansky: lezioni di democrazia

Stefano Magni a proposito di Natan Sharansky (da ideazione.com).
"La cosa più importante che i leader occidentali devono ricordarsi è di non scendere mai a compromessi con i dittatori"
[articolo completo cliccando sul titolo]

Un blog in ogni casa mette a nudo i nostri Re

Nei giornali e in tv l’informazione diventa spettacolo? Sulla Rete le notizie circolano invece rapidissime e «senza filtri». Il popolo dei Blog, i diari online, resisterà al cinismo e alla manipolazione politica meglio dei media tradizionali? È la domanda che si pone lo scrittore Ian Buruma guardando alla rivolta dei siti di base, a destra e sinistra
Ian Buruma sul Corriere della Sera a proposito di blog (14/3/2005)
[articolo completo cliccando sul titolo]]

sabato, marzo 12, 2005

Attenti a quei blog

Alcuni stralci dell'articolo pubblicato ieri (11/3/2005) su Libero. Per esempi...
"Da un nocciolo di sette-otto blogger liberali e filoamericani è nato un gruppone di 300 che battagliano quotidianamente contro quello che bollano come il conformismo mediatico politically correct del nostro paese."
Tra questi 300 c'è anche Il Federalista!

Bestiario antiamerikano

Tra i tanti...
Pancho Pardi: “Gli americani dicono che l’auto non si era fermata al posto di blocco? Non credo mai a una sola delle loro parole”.
Ideazione (art. di Barbara Mennitti - 11/3/2005)

Un’occasione persa e un Pil piccolo piccolo

Scriveva ieri Francesco Giavazzi sul Corriere della sera: «Vi sarà un modo per capire se i provvedimenti varati dal governo aiuteranno l’economia: se nessuna lobby strillerà potremo essere sicuri che serviranno a poco». Al termine del consiglio dei ministri, le previsioni dell’economista si sono verificate solo in parte. Nessuna lobby, di quelle che lui intendeva, ha strillato: né gli ordini professionali, né i potentati energetici, né gli enti che distribuiscono la spesa pubblica come una pioggia semi-assistenziale, né la Confindustria o i sindacati (critici, questo sì, ma senza levare troppo la voce). Dunque, da questo punto di vista è vero che il provvedimento non tocca davvero gli interessi di nessuno.
Editoriale de Il Riformista (12/3/2005)

LA NUOVA AMERICA

Il politologo americano Huntington afferma che l’identità statunitense è costruita intorno al “the creed”, il credo secondo il quale gli Stati Uniti hanno eretto tutta la loro storia.
Articolo da Il Pungolo[punto]com - di Ercolina Milanesi

Piperno, il caso letterario che scatena le invidie

I suoi lettori infatti si dividono in due fazioni contrapposte, e agguerritissime: chi lo loda lo fa chiamandolo il nuovo Proust o il nuovo Philip Roth, già pronto ad emularne la passione feticistica per le calze delle donne amate - da rubare appena possibile - sciogliendosi in mugolii di piacere di fronte alla sua prosa. Chi lo odia lo fa con livore, definendolo un fenomeno pompato dal marketing e "dalla stampa che conta", squallido snob perché con la famiglia va in vacanza a Cortina e Positano, notando con una perizia da fare invidia a un navigato correttore di bozze che in 300 pagine Piperno scrive per ben "3 volte apotropaico", un delitto "sufficiente a garantirgli un posto tra i libri da dimenticare", ma che significa solo aver usato un termine colto tre volte in tutto il libro, che conta le 300 pagine citate più quattro.
Repubblica.it

venerdì, marzo 11, 2005

I dazi contro la Cina: sbagliato economicamente e moralmente

Articolo di Carlo Lottieri sul perchè il protezionismo è anche contro i nostri interessi.

Appello: Privatizzare la public policy per idee all'altezza

Appello di Oscar Giannino e Alberto Mingardi comparso su Il Riformista

MULTA PER SALUTO FASCISTA

- dal sito www.libertari.org

La notizia è di quelle che fa accapponare la pelle: "Diecimila euro di ammenda e l'ammonizione, nonche' una uguale sanzione alla Lazio per responsabilita' oggettiva, sono stati inflitti dalla Commissione Disciplinare a Paolo Di Canio che aveva salutato con il braccio destro teso i tifosi biancazzurri al termine del derby contro la Roma del 6 gennaio scorso". Secondo la disciplinare, insomma, il saluto di Di Canio sarebbe stato un saluto fascista, nostalgico del regime che fu. Domanda: ma per quale motivo non si infligge una multa anche all'attaccante del Livorno, che il pugno chiuso lo ha mostrato più volte? E in quanto a regimi, quello comunista è stato - ed è - peggio di ogni altra disgrazia.

Chi ha paura di Luca Coscioni?

- articolo di Emma Bonino su Vanity Fair (11/3/2005)

Chi ha paura di Luca Coscioni? Questa è la domanda alla quale rispondere al termine della vicenda della richiesta di “ospitalità delle liste “radicali-Luca Coscioni” che abbiamo avanzato ai due “poli”, vista l’impraticabilità di una presenza elettorale autonoma. I lettori di Vanity Fair hanno già avuto modo di conoscere la storia di Luca. Ex-ricercatore universitario e maratoneta, è stato colpito anni fa dalla sclerosi laterale amiotrofica, una malattia che ha paralizzato il suo corpo, tranne una minima mobilità che gli consente di muovere il mouse di un computer e di parlare attraverso un sintetizzatore. Il suo coraggio ha consentito di trasformare un caso umano di malattia in “caso politico”, leader della lotta referendaria per abolire quella legge 40 sulla fecondazione assistita che proibisce la ricerca sulle cellule staminali embrionali. Da quella ricerca viene una speranza concreta per trovare un domani delle cure contro malattie come il cancro, il diabete, le malattie cardiovascolari, il morbo di Parkinson, l’Alzheimer, le sclerosi e tantissime altre. Luca Coscioni oggi è il Presidente di Radicali italiani, e l’associazione che porta il suo nome ha coinvolto un centinaio di Premi Nobel contro l’esportazione all’ONU del proibizionismo italo-vaticano e promuove la costituzione del Congresso mondiale per la libertà di ricerca scientifica. Era dunque naturale che le nostre liste, come fu con la “Lista Pannella” e la “Lista Bonino”, oggi prendessero il nome di Coscioni. Si trattava di “liste-manifesto” per la libertà e l’etica della ricerca, e per la libertà religiosa, con centinaia di scienziati e accademici illustri che avevano offerto la propria candidatura. La richiesta di ospitalità delle liste radicali ha ottenuto reazioni opposte nelle due coalizioni. Nella Casa delle libertà, Berlusconi era determinato a realizzare l’accordo. Proprio lui, il “padrone” della coalizione, è stato sbeffeggiato dai suoi “alleati”, che l’hanno fatta da padrone, impedendo ogni accordo. Nell’Unione invece, mentre quasi tutti i partiti della coalizione si esprimevano a favore dell’accordo, Prodi ha bloccato il dialogo per giorni, invocando l’adesione ad un programma che non c’era o intimandoci di non parlare con Berlusconi. Quando il tavolo si è riaperto, abbiamo scoperto che il problema era proprio quello del nome di Luca Coscioni, in quanto evocativo di quelle battaglie referendarie che appassionano la quasi totalità del popolo del centrosinistra. Perciò siamo stati costretti a rinunciare a un dignitoso ripiego di accordo in 5 regioni, reso possibile innanzitutto dai DS, per evitare il rischio che la campagna per le regionali divenisse una distrazione dalla sfida decisiva sui referendum. La nostra priorità è ora quella di battere quelle forze che vorrebbero riportare indietro l’Italia di trentacinque anni, annullando le vittorie laiche, moderne ed europee della legalizzazione del divorzio e dell’aborto. Approfitto della vostra “ospitalità” per chiedere ai lettori - in particolari ai cattolici che non chiedono allo Stato di trasformare in reato ciò che il Vaticano ritiene sia peccato - di contattarci e di darci una mano, scrivendo a info@associazionecoscioni.org.

Questione morale: Pannella rifiutato e Mussolini aiutata?

- editoriale de Il Riformista (11/3/2005)

Non sappiamo se per davvero qualcuno nel centrosinistra abbia attivamente e truffaldinamente aiutato Alessandra Mussolini a raccogliere le firme necessarie per poter svolgere, alle prossime elezioni regionali, un’azione di disturbo nei confronti del centrodestra. Ci auguriamo davvero che non sia vero, anche se tutta Italia sa che, da tutte le parti, questo giochetto è avvenuto in passato (era del resto il motivo che spinse i radicali a denunciare una condizione di illegalità e a chiedere ospitalità). Se però fosse vero, si tratterebbe di un errore madornale, un po’ come fare un buco nella barca in cui si viaggia per far dispetto al compagno di viaggio. La barca su cui sono tutti i partiti è il bipolarismo. Riformarlo si può, affondarlo non si deve. E aiutare una lista anti-bipolare e anti-sistema a inceppare il bipolarismo solo per fregare l’altro polo equivale a un tentativo di auto-affondamento. Dimentichiamo la questione morale: la Mussolini si accompagna - per necessità elettorali, crediamo - con tizi che hanno fatto del negazionismo sull’Olocausto e dell’antisemitismo lo scopo della loro azione politica. La sinistra dovrebbe fare di tutto per impedire che entrino nei consigli regionali, non il contrario. Dimentichiamo pure la questione politica: se passa il principio che il nemico del mio nemico è mio amico, se si finisce per non capire che la svolta di Fini sul fascismo è un bene per tutti e per l’Italia, e che i nostalgici del Duce vanno isolati, diventa poi difficile dire - come pure ha detto Marrazzo - che il proprio schieramento è antifascista e quello di Storace no.
Restiamo invece alla questione del bipolarismo e di come lo si difende. E ricordiamo al centrosinistra che ha di recente rifiutato ospitalità alle liste radicali sulla base di questo ragionamento: dovete dirci con chi state, dovete aderire se non al programma quantomeno allo scopo ultimo, che è quello di rovesciare Berlusconi. Si è chiesta cioè a Pannella una scelta di campo in nome del bipolarismo. La Mussolini, invece, chiede voti contro il bipolarismo, dichiara esplicitamente che vuole sabotarlo, e ci sentiamo francamente di escludere che, se un giorno vi volesse rientrare, lo farà dalla parte del centrosinistra. Dunque, quale sarebbe la logica di un soccorso rosso? Per un pugno di voti in più, vale la pena di dannarsi l’anima?

Licenziato per deviazionismo

- lettera di Christian Rocca al direttore (Il Foglio, 11/3/2005)

Al direttore - Da ex embrione a ex embrione, vorrei ricordare allo strano filoamericano Antonio Socci che sul Foglio di ieri negava al moviolone la trinità antiamericana e antiliberale costituita dal cattolicesimo, dal comunismo e dal fascismo, come due dei quattro italiani della lista dei sostenitori di Saddam siano politici ciellini (il terzo, by the way, è un prete), come il vicedittatore iracheno conti su un ministro ciellino in qualità di testimone di difesa, come un governatore ciellino accusi la Cia di complotto e come il direttore di un settimanale ciellino a proposito dell'America scrisse: "Di quella società combattiamo il darwinismo sociale, la competizione di tutti contro tutti, e il primato assoluto del denaro. E' un modello che costringe l'uomo, non lo libera. Un modello pericoloso se esportato da noi". Quanto al Bush che Socci legge su Repubblica, lasci perdere: in America la fecondazione assistita è libera, ma libera veramente. Forse anche troppo, ma nessuno si sogna di limitarla con leggi in nome di papa re. In America la ricerca privata sugli embrioni è legale, consentita, anzi incoraggiata. Bush è il primo presidente ad aver finanziato con soldi federali la ricerca sugli embrioni, quelli già esistenti, gli stessi che gli strani filoamericani alla Socci sono indecisi se battezzare o gettare nel cesso.Christian Rocca

Risposta del Direttore
Quel che ammiro in Socci è la sua capacità di mettersi nei pasticci, un eroe dei nostri tempi. Detto questo, gentile Rocca, il fatto che lei sia per noi meglio dell'americanista Bonetto di Fruttero & Lucentini non le risparmierà un licenziamento per deviazionismo. Eppoi non chieda ospitalità ai due poli editoriali del Corriere e di Repubblica, perché, come ha visto, non c'è trippa per i gatti radicali.Il Foglio, 11 marzo

giovedì, marzo 10, 2005

ADDOSSO ALLA COCA-COLA

di Giovanni M. Mischiati (10/3/2005 - www.libertari.org)

Si può essere sapienti e, nel contempo, poco intelligenti? A giudicare dalla decisione presa dagli amministratori dell'Università della Sapienza di Roma, c'è gente che preferisce bersi il cervello piuttosto che una bevanda imperialista e razzista, sfruttatrice delle masse operaie. I corridoi dell'ateneo sono improvvisamente divenuti 'off limits' per la Coca Cola, bandita dai distributori automatici piazzati all'interno di tale tempio della cultura per far posto ai succhi di frutta 'equi e solidali'. [continua a leggere cliccando su "leggi tutto!"] Il decreto di sfratto della bibita più famosa del mondo, il cui logo ha ispirato il vestito di Babbo Natale (un tipo già in odore di epurazione), è stato firmato dal rettore su caldeggiamento dei rappresentanti della sinistra studentesca, persuasi che nel luogo di formazione per eccellenza delle future classi dirigenti non vi sia posto per il prodotto simbolo della tracotanza yankee. Le diseducative bollicine sono state espulse dopo le reiterate denunzie nei confronti della multinazionale colpevole di sottopagare i lavoratori del Terzo Mondo, che da oggi potranno rifarsi con gli interessi grazie al vertiginoso aumento nel consumo delle bibite 'democratiche', fra le quali non sembrano peraltro compresi il rhum bevuto nei peggiori bar dell'Avana e la grappa di rose imbottigliata dai figli delle Guardie Rosse cinesi. Maliziosamente, sospettiamo che in siffatto colpo di mano vi sia lo zampino di quel tale Caruso, guaglione napoletano nu pocorillo disobbediente, già cultore delle favolose offerte 3x0 (prendi tre, paghi zero) nei supermercati e recentemente riciclatosi come agente unico per l'Italia della neonata Mecca Cola, alternativa coranicamente corretta al liquido marrone proveniente dagli States. Vuoi vedere che fra un po' le macchinette per le bibite della Sapienza (rigorosamente orientate verso la Mecca) ospiteranno la bevanda preferita dai rapitori della Sgrena? Nel frattempo, i radicalscicconzi del 'commercio equo e solidale' dai prezzi proibitivi (un autentico idolo africano intagliato in un tornio di Gallarate da un cinesino sotto contratto con la Triade richiede come minimo l'accensione di un mutuo) hanno già eliminato la concorrenza. Messa l'ideologia in bottiglia o in lattina, giovanotti e giovanotte in kefiah si disseteranno con il karkadé prima e dopo gli esami, appoggiandosi ai Sette Pilastri della Saggezza. Evitando i rutti dannosi per i protocolli di Kyoto, benché islamicamente apprezzabili.

"C'è uno sfascio etico"

Il signor Prodi accusa il governo di "sfascio etico" del paese. Intanto, come era prevedibile, la raccolta delle firme di presentazione alle liste per le elezioni regionali sono avvenute nel più completo disinteresse per la legge. E poi fa sorridere sapere che i compagni di sinistra abbiano aiutato Alternativa Sociale (vedi alla voce Alessandra Mussolini) nella raccolta delle firme. Lo "sfascio etico" caro signor Prodi c'è, è evidente; ma non è solo colpa del governo.... oppure lei lo trova "etico" raccogliere firme false e appoggiare attivamente le liste della signora Mussolini? (e già qualche hanno fa, come ha ricordato il professor Pasquino, i compagni di sinistra avevano aiutato le liste di Rauti nella raccolta delle firme!)

mercoledì, marzo 09, 2005

Terrorismo islamico

Bernard Lewis fissa con sicurezza la data d'inizio del fenomeno [il terrorismo islamico] in corrispondenza della rivoluzione khomeinista in Iran, alla quale è ricorso da poco il venticinquennale. Difficile, sul punto, dargli torto. La riscossa dell'Islam comincia quando l'Ayatollah Khomeini comprende che i processi di modernizzazione sociale, economica e tecnologica introdotti in Persia dal regime dello scià sono destinati a minare alla base l'identità religiosa del popolo. Le masse dei fedeli sono viste scivolare, senza freni ne remore, lungo la china di una lenta ma inesorabile laicizzazione. Per contrastare gli effetti nefasti dell'influenza del Grande Satana occidentale è necessario, dunque, dare inizio alla riconquista. E, insieme, è necessario compiere opera di purificazione dai germi del male instillati nel tessuto sociale del Medio Oriente anche da quanti, tra i musulmani stessi, si ritiene abbiano venduto l'anima all'Occidente.
Dalla prefazione al libro di Bernard Lewis, Iraq - La guerra continua (Rubbettino, 2005)

Esistono le leggi giuste?

Sono andato a recuperare il numero 2 del 2004 della rivista Elites, pubblicata dall'editore Rubbettino. Si parla di Leo Strauss (e non solo).
Credo sia un'ottima presentazione del filosofo della politica, inoltre ci sono pagine scelte scritte dallo stesso Strauss. Ovviamente il suo punto di partenza (che poi dovrebbe essere il punto di partenza della filosofia politica) è la ricerca della giusta forma di governo, delle leggi giuste e della buona società.
Dunque occorre rispondre alle seguenti domande: qual'è la miglior forma di governo? quando una legge è giusta? come possiamo ottene una buona società?
In un certo senso Strauss riporta i termini del discorso alla disputa fra gli antichi e i moderni. Il problema della modernità è il nichilismo e il relativismo. I suoi pensatori sono Nietzsche, Weber ed Heidegger (il primo moderno invece lo individua in Machiavelli).
La modernità non permette di dare risposta alle domande sopra menzionate. Di fronte al bene e al male, al giusto e all'ingiusto si trova impreparata.
Il diritto positivo creato da ogni singolo Stato risponde unicamente alle volontà dei legislatori. Le nostre considerazioni legate alle leggi hanno un valore puramente soggettivo.
Lo stesso può dirsi per le scelte quotidiane, per il comportamento etico delle persone: come è possibile rendere l'uomo virtuoso? cioè passare dall'uomo al gentiluomo?

Preghiera di Camillo Langone (Il Foglio, 9/3/2005)

Che la benzina salga a due euri, che la domenica si vada a piedi, affollando i giardini di marzo che si vestono di nuovi colori mentre le giovani donne vivono nuovi amori (possibilmente senza tagliarmi fuori!)

Possono essere stati sparati 400 proiettili su questa auto?

Il Tg1 delle 20 di martedì sera ha mostrato in anteprima le foto dell'auto dove viaggiavano Nicola Calipari, Giuliana Sgrena ed il funzionario del Sismi ferito ad una mano dal fuoco americano. È una Toyota Corolla grigio-metallizzato e - come ha rilevato il TG1 «non sembra crivellata di colpi». Compaiono però nelle immagini due fori sul parabrezza dal lato del conducente, mentre il lunotto posteriore è in frantumi così come il vetro sul lato del passeggero. «Chi ha potuto vedere altre immagini - ha precisato il Tg1 - ha detto che l'auto è stata colpita da una dozzina di colpi di cui è rimasta traccia sulla tappezzeria all'interno dell' auto. Si nota ancora che lo pneumatico anteriore sinistro è a terra, evidentemente colpito».

martedì, marzo 08, 2005

E' giusto pagare il riscatto?

E' giusto pagare il riscatto per gli ostaggi italiani sequestrati in Iraq?
Da una parte il desiderio di fare qualsiasi cosa per riportare in libertà i nostri connazionali.
D'altra parte, però, c'è chi sostiene che bisogna tener conto di molti e
diversi elementi. Ad esempio bisogna considerare come il pagamento dei riscatti, ha sottolineato Giuseppe D'Avanzo su Repubblica, esponga gli italiani in Iraq a sempre maggiori rischi di rapimento: pagare ci rende fragili di fronte alla violenza dei
rapitori. Altro elemento a cui prestare attenzione: i soldi pagati ai terroristi finiranno col finanziare attentati terroristici. Per questo gli americani non vogliono che vengano pagati riscatti.
Tutti aspetti questi che pesano sulla verità che ha portato alla morte di Nicola Calipari. E sul futuro della crisi irachena.
Claudio Landi - Caffè Europa

"Tre domande al governo e alla sinistra" di Lucia Annunziata

- La Stampa del 7/3/2005

. Perché l’ostaggio appena liberato non è stato messo subito in sicurezza? Perché la macchina dei liberatori non si è immediatamente rifugiata dove era più naturale andare, cioè all’ambasciata italiana, che è per altro anche l’unico ufficiale centro di collegamento con gli americani? Che scelta è quella di portare di corsa all’aeroporto, al buio, una donna esausta, per altro in macchine civili, con a bordo gente in abiti civili, cioè senza nessuna indicazione di ufficialità? L’Iraq pullula di strutture italiane, molte delle quali - come i carabinieri - sono addette a tempo pieno al trasporto di italiani (inclusi i giornalisti) all’aeroporto. Un viaggio di mattina non sarebbe stata la scelta più logica? Qual è la ragione di tanta fretta? Perché la Sgrena doveva tornare la notte stessa? [continua a leggere cliccando su "leggi tutto!"]
Non certo per i familiari, a cui la notizia della sua liberazione, e una sua telefonata, sarebbero ben bastati. Devo dire che non c’è nessuna ragione nemmeno per sospettare il governo: in questo caso l’elemento «protagonismo mediatico» non c’era, visto che la Sgrena sarebbe arrivata in piena notte. Allora perché fare questo azzardo? Chi lo ha scelto e chi lo ha approvato?

2. E’ stato pagato un riscatto? E’ ora di avere una risposta ufficiale. Basta con la politica dello struzzo. A questo punto infatti la continuità dei nostri rapimenti hanno trasformato quella che era una scelta eccezionale e di emergenza in una vera e propria politica. Con due conseguenze: quella di avere oggi una posizione diversa da tutti gli altri Paesi presenti in Iraq, e quella di costituire un vero e proprio finanziamento per la guerriglia. Secondo un calcolo a spanne fatto privatamente da fonti governative, l’Italia ha dato alla guerriglia sunnita circa 15 milioni di dollari, dalla liberazione dei primi quattro, passando per le Simone, fino alla Sgrena: quante armi e quante operazioni può fare con tanti soldi quella guerriglia sunnita che, ricordiamo, non solo resiste agli americani, ma ha rapito la Sgrena, ha ucciso ostaggi, uccide gli sciiti, e i nostri soldati a Nassirya? Tutto questo in un Paese dove lo Stato ha fatto di tutto nel suo passato per non trattare con i terroristi: senza citare Moro, ci basti pensare a tutte le famiglie di sequestrati che non hanno visto mai più i loro cari in nome della fermezza.
Se questa è la situazione, non solo non possiamo lamentarci dell’irritazione degli americani, ma dobbiamo assumere di questa politica tutte le conseguenze: o ci si ritira davvero, o si annuncia che si è pagato e non lo si farà più. Succeda quel che succeda ai giornalisti o ai soldati in futuro.

3. Infine, una domanda a Pier Scolari che con chiarezza accusa gli americani (e una parte della sinistra sembra esserne convinta con lui) di aver progettato l’assassinio della giornalista: che informazioni ha che noi non abbiamo? Scolari è un uomo che in queste settimane ha meritato l’amore di tutta Italia per la dolcezza, persino la leggera ironia, con cui ha portato la sua pena. E ha orientato così l’opinione pubblica. Oggi dunque ha un ruolo pubblico e non può nascondersi che questa sua accusa cade come un cerino nella polveriera di emozioni italiane; soprattutto a fronte del fatto che, invece, i rapitori della Sgrena non sono stati accusati di identiche intenzioni. Ha il dovere dunque di chiarire: ci dica tutto. Perché sui sospetti non si fa politica nazionale, tantomeno internazionale.

Ruini ripete ai cattolici: «Al referendum, astenetevi».

L'esponente radicale Marco Cappato, segretario dell'associazione Luca Concioni, giudica la sollecitazione alla compattezza pronunciata dal cardinale un segno di debolezza: «È disperato per la debolezza morale ed ideale delle sue parole d'ordine, quotidianamente ignorate e calpestate da tanta parte dei cattolici. Siamo ormai arrivati - afferma Cappato - al credere, obbedire e combattere». Daniele Capezzone, segretario dei Radicali italiani fa una previsione: «Se ci sarà appena un minimo di campagna legale e democratica» l’appello di Ruini all'astensione ai referendum sulla fecondazione artificiale sarà rifiutato dai cattolici, proprio come già successo con le prove referendarie sul divorzio e sull'aborto, e come è preannunciato anche stavolta da tutti i sondaggi disponibili».L'Unità

Lettere al direttore (Il Foglio, 8/3/2005)

Al direttore - Passi pure che la signora Sgrena, in preda alla sindrome di Stoccolma, professi amore per i suoi sequestratori e dichiari “non mi sono mai sentita loro nemica”, “non sono certo sgozzatori” e “si definiscono resistenza irachena costretti ad usare ogni mezzo”. Ma che il simpatico baffo del Pier Scolari con il suo cazzeggio a vanvera sia stato elevato ad analista strategico e a supremo interprete della verità quando parla di “agguato premeditato” e “volevano farla fuori perché in possesso di informazioni riservate”, è troppo. I responsabili, però, di tanta stupidità più che di tale sconsideratezza più che i fortunati dichiaranti sono i giornalisti che hanno continuato a raccogliere e propalare le sconsiderate dichiarazioni. Per tre giorni abbiamo dovuto ascoltare televisioni, radio e o giornali (d’ogni colore) in gara nel riferire, quindi accreditare, il bla-bla-bla antiamericano del consorte che si propone come interfaccia della tragedia di Nicola Calipari. Massimo Teodori

"A morte i critici!" di Massimiliano Parente

- grande articolo comparso su Il Domenicale di sabato 5/3/2005

Sono loro, insieme agli autori impomatati e agli editor furbi furbi, i colpevoli del degrado culturale. Nel mondo dei magazine e della televisione vince la mediocrazia. Anche nella letteratura. Parolai e parodisti della letteratura, arrampicatori, scrivani che più realisti di così non si può, autentiche soubrette della tivù che non conta. [continua a leggere cliccando su "leggi tutto!"]

Roba da pazzi. O meglio, roba da furbi. Perché se fossero veramente pazzi non sarebbero quello che sono, se non altro sarebbero pazzi, sarebbero almeno Dino Campana o Emanuel Carnevali. I giovani narratori autoriali autopromoter sono lo specchio degli editor che li pubblicano, riflessi a loro volta dall’establishment della critica che conta, che conta non in quanto autorevole ma in quanto occupante posti di potere. Quella che, dovendo trafficare con la cultura, lancia Faletti come il più grande scrittore italiano e tutti zitti, perché Faletti vende e “il pubblico è sovrano”, come dicono anche Simona Ventura e a ruota Antonella Clerici ai loro telespettatori disposti a pagare un euro di sms pur di decidere se far uscire Patrizia de Blanck o Tina “la vamp” o altre sciure o contesse del genere.

Lo Zeitgeist di D’Orrico
Poi dicono che in Italia c’è la crisi. Toglietegli pure i libri, agli italiani, ma non Faletti, non D’Orrico, e neppure il televoto. E Roberto Calasso deve rosicare pure lui, se è vero che l’Adelphi sta corteggiando Valeria Parrella, tanto per sdoganarsi verso la moda del giovanilismo autoriale e rendersi meno mitteleuropeo e più à la page, e se è vero che lei, la giovane giovanilista, essendo una fedele alla setta di Cassini, dirà di no.
Comunque non è colpa di Antonio D’Orrico se lui distingue i libri in facili e difficili, e non credo neppure ci siano dietro trame occulte e strategie politiche, casomai pura e semplice adesione allo Zeitgeist.

Weltanschauung da pizzeria
Uno legge quello che può, e quelli che resterebbero nella storia della letteratura dorrichiana sarebbero coloro che “scrivono facile”, essendo già Don DeLillo uno che scrive difficile (figurarsi Joyce o Faulkner), e quindi si comprende anche come il capocultura del magazine più importante in Italia, dopo Faletti e Avoledo, possa sbilanciarsi lanciando Alessandro Piperno come «il Proust italiano», perché se i criteri sono questi se ne deduce che deve aver letto bene Piperno (il cui libro è giusto un buon prodotto medio mondadoriano di Midcult autoriale, il narrativo confezionato per strizzare l’occhio alla cultura alta puntando a quella media e quindi a nessuna, come Boldini rispetto agli impressionisti), e per niente Proust.

Ma c’è poco da scandalizzarsi, anche nell’Ottocento non c’erano solo Manzoni e Foscolo e Nievo, anzi i più erano come Vincenzo Lancetti o Carlo Varese o Angelica Palli o Francesco Ottavio Renucci, e oggi le grupperie di aspiranti scrittori si contendono non una propria singola e inestirpabile ossessione letteraria, ma gli stessi pub e pizzerie e Weltanschauung, nonché la pubblicazione per Stile Libero, magari partendo da minimum fax, la Stile Libero dei piccoli, tutti uguali sia al traguardo che all’arrivo.

Il duo Repetti/Cesari
E quindi per Repetti e Cesari (gli editor di Einaudi) poca fatica scegliere il migliore, se ne prende uno che ha venducchiato lì e lo si porta su a Torino, che poi sarebbe sempre a Roma. Il problema è che poi neppure vendono, questi qui, magari seimila, ottomila copie, non a tal punto da potersi permettere di sorvolare sulla considerazione di Aldo Busi in Sodomie in corpo 11, ossia che «è ben triste scrivere per vendere, sacrificare tutto il resto, e poi non vendere».
Ma se pure vendessero, ragionando sui generi e sulle faletterie a buon mercato, il disastro della critica resta, perché una critica letteraria subordinata all’orientamento del pubblico che critica da quadrivio sarà mai? Critica cinematografica? Chi ci tiene alla lingua si ribella, questione di gusto, e anche di olfatto.

L’unico difetto di Carla Benedetti, che attaccando la «fabbrica del bestseller» dice cose buone e giustissime, è a mio avviso il rifiuto di un’idea gerarchica della letteratura fondata sulla forma, il perdersi nella distinzione (tutta ideologica) del popolare e del populistico, il rifiuto del pensiero che il pubblico è coglione quanto la critica giornalistica e quanto gli scrittori ruffiani che, privi d’intransigenza estetica, si piegano ormai spontaneamente, senza bisogno d’imporglielo, ai voleri degli editori (e già l’italico Svevo sapeva che «il pubblico è per sua natura corruttore»). Di sinistra o di destra poco importa.

Il “genere” si sfonda e rifonda
Perché non mi sembra che il suicidio della critica e il trionfo dei morti viventi stia nel distinguere il genere scadente di Dan Brown dal genere buono di Salgari, piuttosto nell’urgenza di separare l’entertainment dalla letteratura, e in secondo luogo l’Highbrow dal Middlebrow, anziché impelagarsi con la Lipperini nella diatriba sul Faletti popolare e sulla Fallaci populista. Chissenefrega della Lipperini.

Chi ci tiene alla lingua sa che la mistificazione è tutta qui. Stanno tentando, tutti insieme, i grandi e i piccini, gli editori e gli scrittorini, di depotenziare la letteratura, di radere al suolo qualsiasi categoria estetica, di cancellare la forma.
Alcuni, in buona e cattiva fede, parlano di “massimalismo” per ingrigliare la letteratura intransigente e non di genere e ricondurla a un genere che non esiste, come se la letteratura vera non lo fosse sempre stata, come se Dostoevskij, Flaubert, Sterne, Joyce, Faulkner, Proust, Kafka, Melville, Leopardi, Beckett, Fenoglio, Gadda, D’Arrigo, Busi, Moresco, e ogni scrittore che sia tale non abbia avuto un suo massimalismo inconciliabile con il resto.
Uno scrittore il genere o lo fonda o lo sfonda. Ma poiché pretendono di parlare di letteratura facendo a meno della lingua parlano senza dire niente, il Paradiso di Milton e le Illusioni di Balzac sono persi in partenza senza neanche tentare un saltino.

L’Italia è un paese fondato sul palato, gastronomico perfino in letteratura, ecco perché nessuno replica, nessuno si scandalizza se Faletti viene definito il più grande scrittore italiano. Gli addetti ai lavori, critici e scrittori, essendo appunto dei mestieranti dei contenuti, non sanno più la differenza tra dire “sempre caro mi fu quest’ermo colle” e “mi piace stare in collina”. Se parli di forma fanno no no con la testaccia, fanno spallucce, e tirano fuori l’avanguardismo e il Gruppo 63, come se l’antitesi di Covacich o della Mazzantini fossero ancora gli sperimentalismi sintattici di Nanni Balestrini e Angelo Guglielmi, o, in versione moderna, le cacchine di Aldo Nove.

Che poi basta con questa storia degli sperimentalismi, delle avanguardie, sciorinati come arma tanto dai critici quanto dagli scrittori per liberarsi del fardello di avere un’estetica e continuare a sfornare storielle vendibili, sceneggiature formato romanzo. Contenti tutti, editori che non ci rimettono e scrittori che nessuno studierà. Meglio un uovo oggi che una gallina domani, meglio ancora una batteria di galline sculatrici di uova in serie e per giunta starnazzanti (fossero almeno oneste, galline artigiane e senza pretese proustiane, come De Carlo, come Ken Follett, non ci sarebbe niente da ridire; qui invece quando non piagnucolano a ovetto partorito si danno pure le arie, spesso entrambe le cose insieme).

Studiassero almeno Verga
Raccontano storie e non sono neppure veristi, pensano che il verismo sia il racconto della realtà e perfino popolare. Se solo, da italiani, studiassero almeno Verga, Capuana e De Roberto capirebbero che anche all’epoca nella forma si giocava tutto, anche la verità, già del tutto “ricostruzione intellettuale” capace di scombinare e dissolvere le strutture narrative e, si chiedeva appunto Verga, «non si vede che il naturalismo è un metodo, che non è un pensiero, ma un modo di esprimere un pensiero?».
E la risposta contraria, quella aristocratica, superomistica, mistica ed estetizzante, era altrettanto linguistica, visto che D’Annunzio, ripristinando il narratore onnisciente e monologico, nell’aprile del 1894 ribatteva che «la massima parte dei nostri narratori e descrittori non adopera ai suoi bisogni se non poche centinaia di parole comuni, ignorando completamente la più viva e più schietta ricchezza del nostro idioma che qualcuno anche osa accusare di povertà e quasi di goffaggine…».

Mentre per Verga, grande avanguardista prima dell’avanguardia come qualsiasi vero scrittore anche non verista, «il naturalismo è forma, il misticismo può essere sostanza di un romanzo», e siccome i critici non lo capivano (troppo “difficile”, direbbe D’Orrico se fosse nato nell’Ottocento, parole incomprensibili e partenza in medias res e nessuna presentazione dei personaggi e senza il consueto «pepe della scena drammatica»), e siccome raccontando il popolo non è che fosse meno elitario e di D’Annunzio, diceva che in Italia «ci vuole tutta la capacità della mia convinzione, per non ammannire i manicaretti che piacciono al pubblico per poter ridergli poi in faccia». Ma quando mai, in letteratura, fuori dalla logica di genere e dai manicaretti, il tema per eccellenza di ogni scrittore non è stata la lingua? Oggi?

Artisti come la Ruta
E allora, signore e signori del contenutismo e della forma pacificata, dal momento che l’arte non è più l’intenzione formativa di cui parlava Pareyson, ce la spiegate la differenza (estetica, e quindi fondamentale) tra una Madonna con Bambino di Bellini e una Madonna con Bambino di Caravaggio?

Il massimalismo è un’invenzione come il postminimalismo, in letteratura esiste solo la letteratura e la densità della lingua che la esprime. Non c’è modo d’inventarsi una storia se non creando una lingua che restituisca il mondo nel suo essere assoluta.
Dovrebbe essere l’abc e invece oggi suona persino strambo e snob: sia Assalonne!, Assalonne! che il Pasticciaccio che la Recherche, ridotti a plot e sceneggiature masticabili, non sono niente, siccome le storie raccontabili sono sempre le stesse ma il modo di dirle è tutto, in Dostoevskij o Proust o nei Cahier di Valéry c’è ogni psicanalisi e sociologia a venire.

Tant’è che all’epoca del postminimalismo, a cavallo tra gli Ottanta e i Novanta, a causa dell’etichetta appiccicata s’incazzò con Fernanda Pivano quello sbagliato, David Leavitt, povero ingenuo, che scrivendo letteratura di genere rosa per gay aveva tutto da guadagnare da qualsiasi etichetta, basta andarsi a rileggere oggi Ballo di famiglia che furoreggiava prima nei campus americani poi negli atenei italiani per rendersi conto di trovarsi di fronte a una Carolina Invernizio per omosessuali postmoderni, mentre tacque Bret Easton Ellis, perché avendo scritto un capolavoro come American Pshyco doveva pur sapere che di quegli anni, e quindi per sempre, tra loro sarebbe rimasto lui e basta.

Così uno, per distrarsi dai pollai, accende la televisione e si trova, per esempio, Maria Teresa Ruta che dice “Noi artisti”. Sono artisti i presentatori, i cantantucoli, e guitti, comici, concorrenti di “reality”, soubrette e veline, se vai in televisione e non sei un giornalista (o peggio un “giornalista e scrittore”) o Lilli Gruber, sei un artista.
Non creano niente, ma essendo niente nel niente forse hanno ragione loro, e se hanno ragione loro la ragione sarà per una volta dalla parte del torto.

E di conseguenza per forza che si mettono a scrivere tutti, per forza che Walter Veltroni e Paolo Crepet e Vinicio Capossela e Ligabue si svegliano una mattina e si sentono scrittori pure loro. E un’altra mattina, qualche settimana fa, siccome Carla Benedetti ha parlato di genocidio culturale e voleva fare un discorso serio, si sveglia anche Edoardo Sanguineti per dire che Gramsci oggi avrebbe studiato le Lecciso, perché quella di Sanguineti è una vitaccia, ogni volta deve inventarsene una più postmoderna pur di farsi notare, mica facile.
Insomma: in televisione cinquemila decidono per tutti, in letteratura tutti decidono per cinquemila? Ma se pure vendessero, possibile che i critici siano così succubi del potere editoriale ed economico, ovvero non siano più critici ma portinaie del pubblico sovrano, e che anziché farsi dare una rubrica di libri su Dippiù come Crepet ce l’ha di psicoanalisi spicciola stiano là, belli piazzati sulle terze pagine dei giornali? Possibile che Gente e Novella 2000 e le pagine culturali del Corriere della Sera Magazine si rivolgano allo stesso pubblico? (possibile sì: infatti le lettrici casalingue scrivono a D’Orrico dicendo che Infinite Jest, il capolavoro di David Foster Wallace, è brutto perché difficile e lui risponde sì sì, brutta letteratura cervellotica e burocratica, e dunque ciucciatevi Faletti e Avoledo e adesso Piperno, perché giustamente se Faletti è il più grande scrittore italiano vivente Piperno, che mette più virgole e scrive frasi leggermente più lunghe del classico mainstream mondadoriano, sarà Proust o giù di lì).
E poi cosa sarà mai questo pubblico sovrano se non la mediocrazia al potere?

Tina Cipollari vs Piperno
E poi, quelli di sinistra e quelli perbene, hanno il coraggio di accusare le previsioni di Nietzsche di estremismo e protonazismo, quando temeva che la massificazione avrebbe portato gli spiriti liberi a diventare schiavi degli schiavi? Quando una come Tina Cipollari anziché fare la donna di servizio guadagna più di un professore? Quando sinceramente l’avrei licenziata pure come donna di servizio e invece me la trovo davanti ogni volta che mi siedo per sbaglio sul telecomando e si accende il televisore?

Neppure una questione di vendite, forse, perché poi se Alessandro Piperno, autore ancora non spocchioso di un normale prodotto di narrativa, è «il Proust italiano» e gli toccano tre pagine di Magazine prima ancora di uscire, Nicola Lagioia, con un romanzo notevole come Occidente per principianti, si becca solo la recensione in venticinque parole (difficilino?) e Antonio Moresco, con un capolavoro di mille pagine, neppure una riga (troppo difficile?). Vendite o non vendite la questione è annosa e resta storica la considerazione di Alberto Arbasino in Fratelli d’Italia, pagina 96, chiara e tonda, e oggi valida anche per le “signoremie” delle terze pagine, nessuna differenza tra pubblico e critica, essendo il pubblico sovrano: «D’altra parte il pubblico dei libri è il solo che cerca unicamente i prodotti più venduti dalla massa, non come quello dei ristoranti e delle boutiques che esige articoli di chic e di élite. E dunque le cabale degli editori devono pur tenerlo in vita, il povero morto: sotto gli ombrelloni, le lettrici di massa aspettano il romanzo più venduto alle folle, non certo un costume da bagno uguale alle altre! E hanno già buttato via la produzione dell’anno scorso!».

Oppure ambizioni mal riposte nella letteratura e autopromozione: gli scrittorini giovanil-senili del XXI secolo, ignorati dalla critica inesistente, si parlano tutti addosso, per sopperirla, e forse hanno pure ragione, scrivono tutti uguali, uguali tra loro e uguali a quelli osannati, dategli più spazio.
Wu Ming è la controcultura al potere, polpettoni metarivoluzionari e metapolitici e un gran chiasso in rete, mobilitazioni virtuali e non, mailing list infinite, paginate su Repubblica e quintali di interviste in quanto autori di bestseller.

Scarpa e ciabatta
Tiziano Scarpa dice che un editore tedesco si è rifiutato di tradurre il suo Kamikaze d’occidente perché la lingua era troppo difficile, se uno avendo letto il romanzo gli contesta che forse è il tedesco a essere troppo difficile per la sua lingua si offende, segno che la lingua conta anche per lui, e la lingua batte dove il dente duole, o viceversa.
Giuseppe Genna scrive thriller ma non sono thriller, sono romanzi metafisici, ultrapsichici, ultrasensoriali, ed è più sfacciato di tutti nella scalata, anziché piagnucolare nel suo sito celebra D’Orrico come critico coraggioso perché ha lanciato Faletti, Avoledo e ora anche Piperno.

Vuole tre pagine anche lui, o capitalizzare rendite di posizione per prendere il posto di D’Orrico, per far capire che un domani, ci fosse lui, non cambierebbe nulla. Sostiene che Faletti potrebbe anche essere il più grande scrittore italiano perché «restano le storie». Porta acqua al suo mulino, capisco, la cosa patetica è che non è smentito dal futuro, ma dal passato.

L’autoantologizzazione
Mauro Covacich scrive romanzi leggendo i giornali, anzi spremendone un succo con cui inchiostrare libri che dopo sei mesi, con i nuovi palinsesti televisivi, sono già scaduti.
Sui giornali si parla di Unabomber e scrive una storia su Unabomber, sui giornali e in tivù ci sono i reality e scrive la storia di un reality il cui autore, già che c’è, sarebbe Unabomber.

Nicola Lagioia è bravo, ma lui e Christian Raimo curano un’antologia per minimum fax dove si autoantologizzano e autosponsorizzano insieme all’allegra brigata del neorealismo applicato senza lingua e senza forma, tra cui Giordano Meacci, Serafino Murri, Paolo Cognetti, Francesco Pacifico, Ernesto Aloia e altri sfornatori spontanei, grafomanie da blog di vite senza vita ripassate nella padella chic dell’Altra America di Marco Cassini, e in ogni caso con un intento programmatico (e identico a quello della giuliva Benedetta Centovalli, anziché studiare letteratura deve avere anche lei studiato giornalismo pubblicato, pur avendo pubblicato Moresco, lei almeno un merito ce l’ha): «raccontarlo questo tempo». Come dire: siate giornalistici, il resto viene da sé.

L’ossessione necrofila
E così, tutti insieme appassionatamente, questo tempo lo raccontano tutti nello stesso modo, diarismi di vita quotidiana, io narranti spaesati, giovani alienati impiegati in spietate multinazionali, moralismi e pacifismi e bambinismi, tutto uguale ai tormenti della letteratura americana di venti o trent’anni fa, solo trent’anni dopo, e ambientati a Roma anziché a Los Angeles.
Oppure, nella variante impegnata, poiché non avranno letto Proust ma Debord sì, se non altro per sentito dire: storie e storielle sulla “società dello spettacolo”. E poi hanno il coraggio di citarti Fenoglio, quasi che non fosse stato un isolato, quasi che la sua estetica non brillasse quanto la sua etica, mandando affanculo gli allora conformisti dogmi della letteratura resistenziale e degli uomini e no vittoriniani.
Ai club di aspiranti autorini gaudenti e agli speculari club dei critici compiacenti si può anche dedicare un pensiero di Walter Siti, docente di letteratura italiana contemporanea e anche scrittore autore di Scuola di nudo (Einaudi, Torino 1994), romanzo, va da sé, poiché bello e denso, poco citato tanto dalla critica che dal pubblico (che sono la stessa cosa): «Tutti mi dicono che ho sbagliato ma non mi va di rispondere a gente che fra poco, cent’anni al massimo, sarà morta; discutere è un’ossessione necrofila».

lunedì, marzo 07, 2005

Winning the Future di Newt Gingrich

Sconfiggere l'ala islamica radicale rappresentata da Al Qaeda e dai governi che sostengono il terrorismo, contenere il potere delle nazioni che possono rappresentare una minaccia, come Cina, Russia, Nord Corea, Iran e Pakistan, e, infine, creare una grande alleanza di paesi che intendano difendere la pace e la libertà.
Una recensione del libro di Gingrich

Breve corso di storia patria (ad uso dei non politicamente corretti)

Prendete nove intellettuali e studiosi di storia italiana del calibro di Vittorio Mathieu, Sergio Ricossa, Cosimo Ceccuti, Francesco Margiotta Broglio, Sergio Romano, Francesco Perfetti, Paolo Nello, Giuseppe Bedeschi e Giuseppe Parlato e chiedete loro di compiere una analisi della Storia Italiana, dall'Unità ai giorni nostri; di fronte a studiosi di tal caratura, si può esser certi che l'argomento verrà svolto con accuratezza e rigore storico, la discussione non si lascerà imbrigliare dallo "Storicamente Corretto", dalle posizioni già premasticate e predigerite della storiografia ufficiale, ma la Storia del nostro Paese verrà analizzata sotto tutte le prospettive che una corretta analisi storica necessita.

Onu: l'Italia candida Emma Bonino

L'Italia ha candidato Emma Bonino al posto di Alto commissario per i profughi. Il posto di Alto Commissario e' vacante dopo le dimissioni di Ruud Lubbers sulla scia di uno scandalo per molestie sessuali. L'esponente radicale registra il sostegno del ministro degli Esteri Gianfranco Fini, che ha già dato l'incarico all'ambasciatore presso le Nazioni Unite, Marcello Spatafora, di presentare la candidatura prima del 9 marzo, termine ultimo per presentare i candidati all’incarico internazionale. Emma Bonino rappresenterà, secondo la Farnesina, la «migliore espressione» possibile per affrontare temi delicati come quelli che riguardano la difesa dei diritti dei rifugiati. In corsa per lo stesso incarico c’è anche il candidato dei francesi Bernard Kouchner, ex ministro della Sanità ed ex commissario in Kosovo. La candidatura di Emma Bonino, che in passato ha rivestito la carica di Alto commissario per gli aiuti umanitari dell'Unione europea, dovrebbe essere ufficializzata nei prossimi giorni, una volta che la lettera dell'ambasciatore Spatafora sarà arrivata sulla scrivania di Kofi Annan.
www.radioradicale.it

Sempre e comunque contro la libertà

Ma se anche volessimo fare il giochino dei "resistenti" buoni e di quelli cattivi (come fa la nostra sinistra), gli uni filo-saddamiti sunniti nostalgici di una dittatura sanguinaria e gli altri tagliatori di teste qeadisti il problema è che quelli buoni non esistono perchè sono sempre e comunque contro la libertà.
E allora che lo dicano: noi siamo con la "resistenza" irachena perchè illiberale e antidemocratica, noi siamo per le dittature e i regimi totalitari, noi siamo per l'abolizione della proprietà privita e per la mortificazione dell'individuo.

La resa ai dittatori chiamata "PACE"

Nicola Calipari è caduto, è morto perché ha fatto parte, fa parte, dell’Italia-che-resta, dell’Italia-che-va, non di quella che chiama “pace” il “non-andare” nella Cambogia di Pol Pot e perfino il “venir-via”, ora, dall’Irak che ci chiede di restare; invece, questa Italia “de sinistra” va, ma solo in pellegrinaggio, ovunque, da sempre, che fosse nell’impero comunista sovietico o nella Cina che stermina con altre popolazioni intere ancora oggi i propri contadini, come altrove fu con le popolazioni del Volga-Don. Una “Italia” -questa- antropologicamente, ormai o ancora, antiamericana e antiliberale, e che non declina mai, né come soggetto né come oggetto, né a Venezia né altrove, la parola “libertà".
Marco Pannella oggi sul Corriere della Sera (7/3/2005)

"Intellettuali e Sartre" di Angelo Panebianco

- Corriere della Sera del 7/3/2005

Perché in Francia, ma anche in Italia, tanti intellettuali di sinistra continuano anche oggi, nonostante quelle che Norberto Bobbio definiva le «dure repliche della storia», a scegliere Jean-Paul Sartre contro Raymond Aron, continuando, come i giovani del Sessantotto francese, a preferire «avere torto» con Sartre piuttosto che correre il rischio di «avere ragione» con Aron? [continua a leggere cliccando su "leggi tutto!"]
La domanda, posta sul Corriere della Sera di ieri da Pierluigi Battista, non si presta a risposte semplici. Sono in gioco probabilmente molti fattori. Certamente pesa il fatto che Sartre e Aron incarnano due archetipi di «intellettuale politico» che sono in reciproca, radicale opposizione e il primo, quello identificato in Sartre, è sempre apparso più attraente e forse anche più facile da imitare. L’ engagement , l’estro e l’irruenza del maître-à-penser per antonomasia, Sartre, mantengono un alone romantico di cui è inevitabilmente sprovvista la prosa pacata di Aron, lo studioso liberale che, dalla sua cattedra universitaria e dalla tribuna del quotidiano Le F igaro , vivisezionava, cercando di renderle comprensibili, la politica e la storia. Il venditore di miti è inevitabilmente preferito al maestro delle analisi sottili. Oltre a tutto, per diffondere miti politici servono estro e capacità dialettiche, per analizzare la storia occorrono studio e applicazione (e dunque fatica).
Aron, d’altra parte, non fece nulla in vita per piacere all’intellighenzia di sinistra. Ad esempio, in un libro celebre, del 1955, L’oppio degli intellettuali (Ideazione, 1998), un testo a cavallo fra la storia delle idee, la sociologia della conoscenza e il ritratto della intellighenzia parigina dei primi anni Cinquanta, analizzò con acutezza la natura dei principali miti politici (il mito della «sinistra», il mito della «rivoluzione», il mito del «proletariato») di cui quell’intellighenzia si era invaghita e le ragioni che ne spiegavano il successo. Come avrebbero mai potuto quegli intellettuali (ma anche i loro figli e nipoti, francesi e italiani di oggi) perdonare un simile affronto?
Le cose stanno proprio come dice Battista. Sartre, che le sbagliò tutte (e il cui engagement altro non era che una forma di fiancheggiamento del comunismo sovietico), continua a suscitare la deferenza di tanti, mentre il pensiero di Aron, il suo avversario intellettuale, interessa a pochissimi.
È probabilmente il «continuismo», ossia l’assenza di una seria riflessione critica sulle proprie idee di un tempo, la causa principale del fatto che un’ampia parte dell’intellighenzia di sinistra, in Francia come in Italia, preferisca glissare sui mille torti di Sartre. Se non lo facesse, come potrebbe glissare sui «propri» torti?
Spiegare le ragioni della perdurante popolarità di Sartre non è semplice, perché in realtà significa spiegare, o tentare di spiegare, le ragioni per cui dopo l’89, crollato il comunismo sovietico, tutti quelli «che avevano avuto torto» con Sartre hanno per lo più fatto finta di niente, non si sono dati pena, pur essendo di solito molto ciarlieri, di sottoporre a riesame critico i propri giudizi e pregiudizi di allora. Se e quando si sono sentite riflessioni serie e autocritiche, nel quindicennio che ci separa dai fatti dell’89, queste sono venute soprattutto da uomini politici, da politici di professione, che avevano vissuto dall’interno, con rigore, la tragica esperienza del comunismo. Non è facile invece indicare, e comunque si contano sulle punte delle dita, gli intellettuali di sinistra che abbiano fatto pubblici conti con il proprio passato di fiancheggiatori di quel movimento politico. I più (compresi i tanti che firmavano appelli ispirati, tramite il Pci o il Pcf, dalla politica sovietica) hanno preferito soprassedere, fingere di non ricordare.
Come è stato possibile? Una spiegazione ce la offre un altro Raymond, anche lui francese, anche lui sociologo (come Aron): Raymond Boudon. In un recente libretto, pubblicato in Italia da Rubbettino ( Perché gli intellettuali non amano il liberalismo , pp. 136, 14), Boudon cerca di spiegare perché la fine dell’ideologia comunista e la scomparsa dell’Unione Sovietica non si siano portate dietro il superamento della «mentalità» da cui a suo tempo era nata l’attrazione per il comunismo. Per Boudon il problema è dato da una refrattarietà di fondo di molti intellettuali occidentali, soprattutto europeo-continentali, al liberalismo. Fare i conti con il proprio passato avrebbe significato dover riconoscere la superiorità, politica e morale insieme, delle idee liberali (in odio alle quali, ricordiamo, si erano modellati tutti i miti portanti della sinistra del XX Secolo).
Posto che, come osserva Boudon, la categoria degli intellettuali è ampia e variegata e non in tutte le sue sottocategorie si ritrova uguale ostilità per il liberalismo (è in genere maggiore, ad esempio, fra i sociologi piuttosto che fra gli economisti, fra i letterati piuttosto che fra i giuristi), resta che una fortissima quota di intellettuali continua, nonostante l’89, ad aderire a idee illiberali.
Tra le molte ragioni, ce ne sono certamente diverse legate al ruolo degli intellettuali in quanto tali. Molti di loro, ad esempio, interpretano il proprio compito come quello di «critici dell’esistente», della società in cui vivono, e poiché solo le società liberali danno agli intellettuali possibilità di parola, ecco che criticare la società liberale diventa parte integrante del mestiere. E poi c’è il fatto, decisivo, che il liberalismo dà, su troppi problemi, risposte che risultano insoddisfacenti per le ambizioni del, vero o presunto, o aspirante, maître-à-penser . Per il liberalismo, infatti, le persone non sono guidate nelle loro azioni dalla «falsa coscienza», dalla manipolazione di persuasori occulti o di invisibili strutture (capitalistiche o meno), impersonali e sovraindividuali. Le persone, per il liberalismo, sono individui dotati, fino a prova contraria, di autonomia e di razionalità. Ma accettare questa premessa disarmerebbe l’intellettuale che, interpretando il proprio ruolo come un ruolo di denuncia e «disvelamento», di messa a nudo di false coscienze e manipolazioni occulte ai danni dei più, può così rivendicare solo per se stesso quell’autonomia di pensiero e quella razionalità che nega a tutti gli altri.
Non ci si faccia ingannare dal fatto che oggi non si trova quasi più nessuno che non si definisca «liberale», salvo subito dopo contraddire tale affermazione con questa o quella presa di posizione di sapore illiberale sui diversi problemi pubblici, nazionali e internazionali. Le idee liberali, come dice Boudon, restano appannaggio di pochi. Per le stesse ragioni per cui la figura di Sartre continua a esercitare un grande fascino e quella di Aron no.
Non è difficile attualizzare questo discorso. L’ostilità per gli Stati Uniti che, in certi ambienti intellettuali, è sopravvissuta intatta alla fine della guerra fredda e al crollo del comunismo, si spiega per il fatto che la società americana è percepita, oggi come ai tempi della guerra fredda, come il principale santuario del liberalismo (se a causa di una qualche catastrofe scomparissero gli Stati Uniti, con loro probabilmente scomparirebbe, anche in Europa, l’idea stessa di società liberale), il che spiega un’ostilità che in quegli ambienti viene da lontano e che attualmente è solo malamente mascherata, nascosta dietro la comoda finzione di un rifiuto che si pretende indirizzato contro George W. Bush anziché contro l’America. Così come non è difficile vedere la mentalità illiberale che si nasconde dietro alle tristi affabulazioni (in puro stile sartriano) sulla «resistenza» irachena. Al fondo, c’è un atteggiamento che non è cambiato. Proprio di intellettuali, come scriveva Raymond Aron, «implacabili verso le debolezze delle democrazie ma indulgenti nei confronti dei più grandi crimini, purché perpetrati in nome delle buone dottrine».

Domanda

Ma se era trattata bene dai rapitori (come dice lei), ma se lei non si è mai sentita nemica dei rapitori, ma se lei appoggia la resistenza civile irachena, ma se in guerra "posso capire" (dice lei) che si arrivi a sequestrare delle persone ma perchè ci ha chiesto di liberarla?

Qualche domanda sul complotto di Ernesto Galli Della Loggia

E cioè: davvero, come titola il «Quotidiano comunista», quello di Nicola Calipari è stato un «omicidio preventivo», e dunque premeditato? Davvero, come scrive Rossana Rossanda, gli americani hanno sparato «per uccidere» e dunque siamo di fronte a «un assassinio»? Davvero è un quadro condivisibile quello dipinto dalla stessa Rossanda di una soldataglia yankee arrogante, imberbe e/o ebbra di whisky, seguace della «massima nazionale: prima spari e poi vai a vedere»? e che obbedisce senza fiatare all’ordine: «Quando passano quegli italiani, liquidateli»? [...]
ma se a Washington era stato deciso che la giornalista italiana doveva morire, come mai, invece, per sua e nostra fortuna è sopravvissuta? Cosa ha fatto fallire il complotto? E perché mai sono stati addirittura lasciati in vita i due italiani, sicché poi testimoniassero dell’agguato?

Ora è tutto chiaro... Viva i rapitori, abbasso gli americani!!!

Lei ha detto di essere stata trattata bene dai rapitori.
«Confermo. Perché?»
Nel suo primo video sembrava disperata.
«Lo ero. Non ero ancora riuscita a versare una lacrima fino a quel momento, e io sono una che piange spesso. Quando ho parlato di Pier, mi sono messa a piangere».
I rapitori cosa le avevano detto?
«Mi avevano chiesto di drammatizzare. Era un momento difficile, perché ero in una fase di grande incavolatura. Ero rabbiosa, litigavo. Non capivo i loro motivi».
Quali erano le sue sensazioni nei loro confronti?
«Non mi sono mai sentita una loro nemica. Non era facile, la mia era una posizione di sottomissione. Ma ho cercato di capirli, attraverso le frasi che scambiavamo».
E cosa ha capito?
«Dicevano di lottare per la liberazione dell’Iraq, sostenevano di essere in guerra e quindi costretti a usare ogni mezzo. Si definivano resistenza irachena. Ma non sono sgozzatori come Al Zarkawi o quelli delle autobombe».
Esiste questa differenza?
«Certo. Mi facevano il segno del taglio alla gola e dicevano: "Noi non siamo quelli"».
Non che il sequestro di persona sia un’attività encomiabile.
«Io ho sempre appoggiato la resistenza civile irachena. Ma in guerra, posso capire che si arrivi a questi eccessi».
Si riferisce ai sequestri?
«Certo. Per chiarire: Al Zarkawi non è resistenza. E’ terrorismo. Le autobombe sono terrorismo. C’è una resistenza armata che usa metodi inaccettabili».
Per lei in Iraq è in corso una guerra?
«Sì. Lo pensano anche i miei sequestratori. "Non tornare mai più", mi dicevano. Perché in guerra non ci sono regole».
Lei vive questo sequestro come una sua sconfitta.
«Ho perso, ed è il motivo per cui non tornerò più in Iraq. Non ora, almeno. Io volevo raccontare gli effetti devastanti di questa occupazione. Ma per loro in questo momento non c’è distinzione tra militari o giornalisti, tra italiani o francesi».
Secondo Pier, il suo compagno, lei aveva informazioni che avrebbero potuto dare fastidio agli americani.
«Credo sia stato frainteso. Non ho nessuna informazione riservata, magari le avessi. Però mi imbestialisco se sento parlare di "tragico incidente"»
Ha parlato di «pioggia di fuoco». Ma Calipari è stato ucciso da un solo colpo.
«Io ricordo che sul sedile accanto a me c’era una montagna di proiettili. Non sono in grado di quantificarli. Ma posso dire che in un attimo tutti i vetri della macchina sono andati in frantumi».
Qual è la sua opinione?
«Non ho la verità in tasca. Penso, ma è solo una ipotesi, che l’esito felice della trattativa possa aver dato fastidio. Gli americani sono contro questo tipo di operazione. Per loro la guerra è guerra, la vita umana conta poco».
C’è chi la accusa già di essere antiamericana.
«Non è un reato. Il dibattito su questi temi viene fatto da gente che a Bagdad non ha messo piede. Io sfido chiunque ad andare a vedere quel che succede in Iraq e a non essere poi antiamericano».
Questa vicenda l’ha cambiata?
«Non ha cambiato le mie convinzioni personali sulla guerra e su quello che sta succedendo in Iraq».
Non teme di passare per «ingrata», come accadde alle due Simone?
«Mi ferirebbe, ma non escludo che possa accadere. Sarebbe un po’ ipocrita. Ho ringraziato di cuore chi dovevo ringraziare. Certo, ho le mie opinioni. Ma anche prima della mia liberazione si sapeva come la pensavo».
Marco Imarisio - Corriere.it (7/3/2005)

Leggendo Repubblica.it...

Leggendo Repubblica.it questa mattina (7 marzo 2005) le dichiarazioni della Sgrena sono cambiate nei contenuti.
Intanto si legge che i pm che stanno cercando di far luce sui fatti hanno dichiarato che "gli Usa non sapevano i dettagli" e l'ipotesi dell'agguato ("sembra infondata e illogica") è da scartare.
Poi, la Sgrena, contraddicendosi con quanto detto ieri sostiene che "E' noto a tutti - ha spiegato - che gli americani non vogliono trattative per la liberazione degli ostaggi", "per cui - ha aggiunto - non vedo perchè dovrei escludere di essere stata io il loro obiettivo. Gli americani - ha ripetuto la giornalista - non accettano queste operazioni di salvataggio degli ostaggi e quindi bisogna fare in fretta ad andarsene via da lì appena avvenuta la liberazione. Gli americani non approvano questa politica e quindi cercano di contrastarla in ogni modo. Dopodichè, fino a che livello si arriva per contrastarla questo è da verificare e da accertare".
Ma certo, gli americani non volevano che ci fossero trattative coi rapitori 8oppure che venisse pagato un riscatto) e allora decidono di farla fuori (ma questa tesi chi gliel'ha suggerita: il signor Scolari?).

Leggendo il Corriere della sera...

Leggendo il Corriere della Sera di ieri (6 marzo 2005) uno non può fare altro che congratularsi con la Sgrena e scusarsi per il proprio "che schifo!" preventivo (per avere voluto anticipare le dichiarazioni post-rapimento della giornalista).
Allora ieri ho avuto un sussulto quando ho letto che la Sgrena dice di aver vissuto questa storia come "un fallimento delle mie convinzioni"... un fallimento delle mie convinzioni!!! Avete letto bene.
E aggiunge "io in fondo sono stata rapita perchè cercavo di far parlare i profughi di Falluja e mi trovo in mano a questi ai quali non importa nulla del fatto che sono contraria alla guerra".
Dispiace che per arrivare a queste conclusioni ci fosse bisogno di un rapimento, c'è qualcuno che queste cose le dice da tanto tempo, senza esser stato in Iraq e senza esser stato rapito... il problema è che l'antiamericanismo annebbia le menti. Ora anche loro (i sinistri antiamericani) capiscono che non importa essere pacificisti e dalla parte dei guerriglieri se poi si è occidentali. Loro, i jihadisti, ci odiano proprio perchè siamo occidentali, siamo quegli infedeli di cui parla Bin Laden nei suoi proclami (e insieme agli apostati in fila per un posto da soldato come unica fonte di guadagno e sopravvivenza) andiamo schiacciati con la guerra santa che è stata proclamata contro di noi.
"I rapitori - continua la Sgrena - erano stupiti per le notizie che arrivavano "Non sei sposata, non hai figli?" mi dicevano. E il tuo uomo ti lascia andare in giro da sola?".
Se solo la Sgrena avesse letto qualche articolo o qualche libro di Bernard Lewis... magari queste cose le avrebbe sapute. Avrebbe saputo che loro odiano le nostre libertà, la nostra democrazia, il nostro modo di vivere. Loro vorrebbero creare un grande califfato, governato dalla Sharia (la Legge coranica), un califfato per far rivivere gli antichi splendori del mondo arabo di un millennio fa, un califfo in cui lo stile di vita sia lo stesso attuato dai Talebani in Afghanistan.
"Sei una comunista e non sei cristiana, quindi riusciremo a convertiti" mi dicevano. Ovvio che siano intolleranti e considerino come "vera" solo la propria raligione, da imporre con la forza... gli infedeli e gli apostati vanno convertiti!
Insomma in loro c'è una avversione per il nostro modello culturale, si pensi alle parole scritte dal "fratello musulmano" Qutb decine di anni fa (leggersi a tal proposito "Terrore e liberalismo" di Paul Berman), c'è un senso di frustrazione per l'impotenza del mondo musulmano di fronte alla potenza del mondo occidentale ("Come è potuto accadere che il mondo sia diventato l'inferno dei credenti e il paradiso dei miscredenti?") e c'è quindi una voglia di rivincita culturale ma anche politica.
E infine "Giuliana ne è certa, quello degli americani non è stato un attacco premeditato" (ora lo faccia sapere al suo compagno). I rapitori le avevano detto di stare attenta ai marines, in realtà la Sgrena crede che i rapitori avessero paura per un eventuale blitz dei soldati americani nel covo del sequestro.