martedì, agosto 07, 2007

Chiuso per cessata attività!

Il Federalista chiude ufficialmente i battenti.

martedì, aprile 24, 2007

Il calcio schietto dell'Athletic Bilbao : una recensione

Se per la Grecia, l’Italia e la Germania l’Ottocento è stato il secolo della nascita come stati, altre nazioni invece hanno continuato nel Novecento la loro battaglia per l’affermazione del diritto all’autodeterminazione; fra queste vi è senza dubbio quella basca. Nel 1893 ha infatti origine ufficiale il nazionalismo basco, un movimento politico che ancora oggi fa parlare di sé attraverso l’azione di partiti e di gruppi terroristici che si richiamano a quella ideologia. Vera spina nel fianco dell’attuale governo spagnolo guidato dal socialista Zapatero, il nazionalismo in terra basca guida l’azione, con metodi pacifici, del primo partito della regione (PNV) e, con metodi violenti, del movimento terroristico (ETA) nato sul finire degli anni Cinquanta. Ma, a fianco di queste organizzazioni, c’è un’altra espressione del sentimento nazionale che, da più di un secolo, partecipa a pieno titolo alla vita del paese: l’Athletic Club de Bilbao non è una semplice squadra di calcio ma una vera e propria istituzione che riempie di orgoglio il popolo basco.
Dall’ottobre 2006 è nelle librerie un volume che parla proprio della squadra bilbaina, scritto dall’ispanista e giornalista free lance Simone Bertelegni e pubblicato dell’editore aretino Limina, L’ultimo baluardo – il calcio schietto dell’Athletic Bilbao racconta la storia del club dalle origini fino ai giorni nostri, con una breve appendice per capire meglio di cosa si parla quando si dice Euskal Herria. Ma che cos’è, questa Euskal Herria?
Come scrive l’autore nel libro, “in italiano siamo soliti tradurre tale termine con ­­­­­«Paesi Baschi», anche se letteralmente significa «Popolo basco» o «Popolo della lingua basca», espressioni più adeguate perché ciò che accomuna i baschi non è tanto l’appartenenza a un’unica entità politica o statale, ma un denominatore comune culturale. La mitica patria basca, infatti, a livello amministrativo è smembrata, suddivisa innanzitutto in una parte settentrionale appartenente alla Francia (Iparralde) e una meridionale appartenente alla Spagna (Hegoalde), a sua volta suddivisa tra Comunità Autonoma Basca (CAV nell’acronimo spagnolo), Navarra e una piccola porzione della provincia castigliana di Burgos”.
L’Athletic Bilbao è strettamente legato alla sua terra, dopo pochi anni dalla sua nascita (avvenuta nel 1898) la squadra ha deciso di ricorrere ad una politica autarchica per quanto riguarda la scelta dei propri giocatori: l’intera rosa, ancora oggi, deve essere formata da calciatori baschi, nessuno straniero e soprattutto nessuno spagnolo. Unico caso di compagine calcistica che, dopo la sentenza Bosman, ricorre in larga parte al proprio vivaio, l’Athletic è la squadra dei baschi, il simbolo di una nazione che ogni domenica si stringe intorno ai suoi atleti.
Nel calcio moderno, dove squadre come l’Inter o l’Arsenal sono capaci di schierare anche 11 giocatori stranieri ogni partita, dove – come si va ripetendo da anni alla stregua di un “non esistono più le mezze stagioni” – sono scomparse le cosiddette “bandiere”, l’Athletic Bilbao rappresenta una chiara eccezione. E questa scelta autarchica non ha di certo penalizzato la squadra, essendo una delle società più blasonate di Spagna con 8 scudetti e 24 coppe del Re al suo attivo. Ovviamente i problemi non sono pochi: innanzitutto occorre investire molte risorse nel settore giovanile e attingere da un bacino di giovani calciatori molto ridotto, poi non potersi opporre alle richieste dei grandi club europei che, con elevate offerte economiche, saccheggiano i talenti della squadra. Ma esistono pure numerosi vantaggi: l’attaccamento alla maglia, alla storia e alla tradizione del club, la simbiosi che si viene a creare fra squadra e identità nazionale portano i singoli giocatori a rendere al massimo delle loro possibilità, sospinti da un tifo che è sempre più raro trovare sui campi da calcio.
La storia del club ha, così, corso per più di un secolo parallelamente alle vicende politiche del paese, rappresentando un importante tassello dell’identità dei Paesi Baschi. Attraverso il calcio, i baschi hanno potuto prendersi quelle soddisfazioni che il regime franchista gli negava. Proibita la lingua (euskera) e la bandiera locale (ikurriña), imposto addirittura il cambio del nome (dall’anglosassone “Athletic” – a rappresentare l’influenza della terra d’Albione nella nascita del club – ad uno spagnolissimo “Atletico”) ogni vittoria che i biancorossi riuscivano a conseguire sul campo del Real Madrid (che sostanzialmente era, allora, la squadra del regime) costituiva uno schiaffo a Franco e alla sua politica repressiva. Ancora oggi, le sfide fra i bilbaini e i madrileni, rappresentano qualcosa in più di una semplice partita di calcio: da una parte gioca la squadra della capitale (cioè il simbolo del potere centrale), dall’altra l’orgoglio di un popolo che si sente nazione.
Per Roberto Beccantini, giornalista sportivo della «Stampa», “nell’era della Champions League e del G14, la lobby esclusiva che raggruppa i club milionari, a Bilbao non hanno nessuna intenzione di cambiare l’ora. Il futuro non è passato: è «il» passato. Essere prigionieri per scelta – dice sempre Beccantini – resta un simbolo di libertà”.
L’identificazione politica, geografica e socio-culturale tra Athletic ed Eushal Herria, e la scelta di puntare su valori forti rappresentano dunque un modello meritevole di attenti studi, se non di pura ammirazione. E’ possibile difendere le proprie radici anche prendendo a calci un pallone.

Costituzione fiscale: come limitare lo Stato

Un noto intellettuale italiano del Novecento sosteneva che, in un paese come l’Italia in cui nulla c’è da conservare, è impossibile dirsi conservatori. Tutto, o quasi, nel nostro paese andrebbe cambiato e, solo allora, si potrà conservare buona parte dell’esistente. Ma come va cambiata l’Italia?Il problema sta a monte: nella nostra Costituzione repubblicana del 1948. Negli ultimi anni la classe politica italiana si è affannata per modificare la seconda parte della Costituzione, senza pensare che solamente mettendo mano ai primi articoli si poteva contribuire allo sviluppo del paese. Le costituzioni sono le leggi fondamentali che si danno i singoli Stati, rappresentano l’anima di una Nazione. Quindi, se i principi non sono buoni (visti da un’ottica liberale) anche il loro riflesso sulla società non potrà che essere dello stesso segno. Nella Costituzione italiana si sancisce, ad esempio, il rispetto dell’uguaglianza “formale” e, sempre nello stesso articolo (n. 3), dell’uguaglianza “sostanziale”; si abusa di termini come “utilità sociale” e “funzione sociale” anche in rapporto alla proprietà privata (art. 42) e alla libertà di iniziativa economica e d’impresa (art. 41). E questi sono solo due esempi tra i tanti che si potrebbero fare. In sostanza, c’è una concezione riduttiva dell’individuo a scapito di una eccessiva attenzione nei confronti della collettività (ma che cos’è la collettività se non la somma dei singoli individui?). E tutto questo si regge su una sbagliata concezione di libertà. Insomma, il discorso sarebbe molto lungo. L’evidenza è che una Carta costituzionale nata grazie al massiccio apporto di esponenti democristiani e comunisti/socialisti non poteva che rappresentare, per quanto riguarda i principi fondamentali sui quali si regge, i rapporti di forza che erano presenti all’interno dell’Assemblea costituente. Ora, porvi rimedio è compito arduo. Soprattutto se i liberali, che scarseggiavano allora in sede costituente, mancano anche oggi (in compenso abbondiamo di liberal-socialisti, sociali-liberali, liberal-democratici, catto-liberali, post-liberali, … !). La proposta che si potrebbe fare, molto più limitata e meno ambiziosa, è quella di introdurre una lieve aggiunta alla Costituzione. Poiché la forma più oppressiva alla libertà individuale è la pesante tassazione cui sono sottoposti i cittadini, una forma di liberalizzazione (come tentativo di liberarsi dall’ingerenza dello Stato) potrebbe essere l’introduzione di una norma che limiti l’eccessivo peso fiscale imposto ai contribuenti. Non essendo tollerabile una tassazione così elevata del proprio reddito, per evitare il rischio di una nuova forma di schiavitù sarebbe auspicabile un tetto massimo posto in Costituzione. Ai cittadini non è permesso indire referendum abrogativi di leggi che riguardano argomenti fiscali, l’unica via per ripararsi dalla invadenza dello Stato è quella di ricorrere ad una sorta di costituzione fiscale. Questa, si spera, potrebbe anche portare ad una possibilità di spesa minore da parte dello Stato e al conseguente ricorso ai privati per la fornitura, in regime di concorrenza, di determinati servizi.

sabato, febbraio 24, 2007

La serietà al governo

Manifestano contro la missione in Afghanistan, contro l'ampliamento della base USA a Vicenza, contro l'Alta velocità che dovrebbe collegare Torino a Lione e poi, pur di rimanere al governo, accettano un documento che contraddice le loro posizioni movimentiste. Se io fossi un loro elettore mi arrabbierei e non poco: un giorno sfilano al mio fianco sostenendo posizioni che, il giorno seguente, vengono ribaltate durante un accordo fra forze di governo. Come scrive oggi sul Corriere Ostellino: "Ho il sospetto che firmerebbero di nuovo il Patto atlantico, allargherebbero la base di Vicenza fino a Padova, manderebbero le truppe ovunque pur di restare al governo". E questa è la serietà dei nostri politici... Nel frattempo un'altro bell'esempio di coerenza si sta materializzando in queste ore: il senatore Follini avrebbe deciso di sostenere il "nuovo" governo di centro sinistra che, a quanto pare, riceverà la fiducia la prossima settimana. Votato nelle liste dell'UDC a supporto della candidatura a premier di Berlusconi, il nostro Follini se ne frega dei suoi elettori e contraddice il suo mandato: eletto per stare all'opposizione ora si ritroverà nella maggioranza. Inoltre, sempre il fondatore dell'Italia di Mezzo, da mesi e mesi sosteneva la fine di questo bipolarismo "muscolare", la fine di questi due blocchi litigiosi e chiusi in se stessi... e ora che fa? Da il proprio voto per tenere in piedi questo sistema, si schiera con l'Unione e partecipa in prima persona a questo bipolarismo "sciagurato" (parole sue). Questa è la serietà al governo!

venerdì, gennaio 26, 2007

Si cercano talenti!

Un avviso per tutti i cittadini di TocqueVille:
La Fondazione Magna Carta, per una iniziativa editoriale on-line di prossima uscita, cerca giornalisti (o aspiranti tali), scrittori, illustratori, vignettisti, fotografi, videoreporter, bloggers, e ogni altro genere di talento creativo a disposizione.
Mandateci curricula, articoli, foto, siti internet, blog, video, disegni e quant’altro alla casella mail
talenti@magna-carta.it

sabato, gennaio 20, 2007

Capezzone lo sbirro

Lo sa come si sono co­nosciuti lui (Pannella) e Daniele (Capezzone)? Era una delle tipiche manifestazioni radicali: 1° gennaio, ore 9, davanti a Montecito­rio a Roma, ha presente? Da dietro l'edicola sbuca questo ragazzo. Tutto perfettino, incravattato, pettinato, si avvicina. «Onorevole Pannella vole­vo salutarla». E lui: «Grazie, grazie ra­gazzi. Siete stati molti gentili a con­trollare l'ordine pubblico, bravi». L'aveva preso per un poliziotto. Inve­ce voleva cominciare a fare politica con i radicali.
(Intervista a Massimo Bordin, Panorama del 19 gennaio 2007, pag. 44)

venerdì, gennaio 19, 2007

Diritti (per molti ma non per tutti)

All'interno dei confini nazionali recitano la parte dei paladini dei diritti, ma appena ci si sposta in campo internazionale diventano i principali sponsor di personaggi e forze politiche che di diritti umani non ne vogliono nemmeno sentir parlare. Non c'è una evidente contraddizione nel volere estendere il numero dei diritti per i cittadini italiani e, nello stesso tempo, volere legittimare con scelte politiche tiranni e simili? Prima il nostro Presidente del Consiglio ha scelto di legittimare il dittatore iraniano riconoscendogli un fondamentale ruolo nell'area mediorientale, poi (notizia di oggi, riportata sul Corriere da Verderami) Rifondazione comunista propone di coinvolgere i talebani nel processo di pace in corso in Afghanistan. Qualcosa non torna...

mercoledì, gennaio 17, 2007

Se i migliori se ne vanno (dal partito)

Debenedetti, Rossi, Caldarola... uno dopo l'altro se ne stanno andando dai DS (a dir la verità Caldarola ha solamente annunciato che non parteciperà al congresso, mentre è sua intenzione rinnovare l'iscrizione ai DS). Tutto ciò testimonia una grave crisi interna al partito: se le menti migliori prendono queste drastiche decisioni vuol dire che c'è un grosso problema. Il grosso problema riguarda la progettualità che i DS e il futuro Partito Democratico dovrebbero avere e invece non hanno; il segretario e la dirigenza non si sa da quale parte stiano andando, di sicuro non sono "in viaggio", non riescono a riempire di contenuti politici coerenti il loro operato, parlano di riformismo ma ancora non si sa cosa sia questo riformismo perchè ancora nessuno concretamente lo ha visto. Questa è anche la ragione del perchè vince Rifondazione all'interno della coalizione di governo: la sinistra (PDCI e PRC) ha le idee chiare e sa cosa vuole, su tutte le questioni si esprime chiaramente e con una linea ben definita, ciò che invece non succede tra i partiti riformisti (DS ma anche Margherita). Il futuro PD sta nascendo in maniera sbagliata, dalla discussione mancano i contenuti e questo è grave limite che sicuramente influirà sul risultato finale (e la mancanza di contenuti, intanto, sta caratterizzando negativamente anche l'azione politica dei nostri riformisti o presunti tali).

lunedì, gennaio 15, 2007

Una storia di amore e di tenebra

Questo romanzo di Amos Oz è senza dubbio un capolavoro!
Il libro più importante di Amos Oz. Un’autobiografia che affonda le radici nella storia dell’ultimo secolo. Le vicende di una famiglia e di un popolo. Un romanzo che fa ridere e piangere, colmo di bellezza e intriso di dolore. (Fonte: http://www.feltrinelli.it)

La questione ebraica oggi

Se qualcuno il 3 febbraio passa da Reggiolo (RE) si fermi in biblioteca, alle ore 17 ci sarà un interessante dibattito su "La questione ebraica oggi - A oltre 60 anni dalla Shoah è ancora diffuso l'antisemitismo nel mondo?", ne discuteranno l'On. Fiano (Ulivo - ex presidente della comunità ebraica di Milano e segretario dell'associazione Sinistra per Israele) e Alberto Cavaglion (uno dei massimi esperti italiani di ebraismo).

I privilegi son di destra o di sinistra?

Oggi il buon Giavazzi, in prima pagina sul Corriere, scrive che gli studi notarili (come le farmacie) si tramandano di padre in figlio; il nostro editorialista però afferma una cosa completamente falsa: ciò che vale per la farmacie non vale per gli studi notarili, questi ultimi non si tramandano di padre in figlio. Successivamente il buon Giavazzi dice che concorrenza, riforme e merito sono di sinistra mentre i privilegi sono di destra; il nostro editorialista probabilmente è fermo al 1760, quando rivoluzione francese e americana ancora non avevano dichiarato guerra ai privilegi. In una democrazia liberale i privilegi semplicemente non dovrebbero esistere, pertanto non son ne di destra ne di sinistra. Quelli italiani sono un po' fascisti e un po' comunisti, non democratici e non liberali.

lunedì, gennaio 08, 2007

Riforma legge elettorale: avanti con il referendum!

In questi giorni si parla tanto di legge elettorale ma i tempi purtroppo non sono per niente maturi per una soluzione parlamentare del problema: primo perchè un eventuale accordo fra i grandi partiti (AN, FI, DS, DL) per una riforma in senso maggioritario e bipolare creerebbe scontento fra i "nano-partiti" e una inevitabile crisi di governo (ma DS e DL non credo vogliano che il governo cada ora); secondo perchè una riforma che non scontenti i "nano-partiti" non sarebbe una soluzione al problema. L'unico via percorribile oggi sarebbe quella del referendum; probabilmente solamente la consultazione popolare potrebbe migliorare la legge elettorale vigente. Il premio di maggioranza spostato dalla coalizione alla singola lista favorirebbe l'aggregazione dei partiti e spingerebbe verso la creazione di due poli. Avanti dunque con la raccolta delle firma!

mercoledì, novembre 08, 2006

Viva Capezzone

Terminato il congresso radicale viene il dubbio che l’agenda giavazzi (ovvero premiamo il merito, concorrenza e che vincano i migliori) non sia applicabile all’azienda pannella: se capezzone si fosse presentato con una sua lista (ovvero se ci fosse stata concorrenza) la bernardini probabilmente non sarebbe stata eletta, capezzone (ovvero il miglior radicale italiano attualmente in circolazione) sarebbe il segretario (e non la bernardini). Comunque, a parte la boutade (applicare l’agenda gavazzi all’azienda pannella) direi che l’elezione di rita bernardini non è stata di certo una scelta esaltante, nel merito e nel metodo: una personalità politica di “basso rango” (per dirla con le parole di giacchetti) e un metodo più vicino alla defenestrazione che al semplice ricambio al vertice (anche se al vertice del vertice sappiamo che ci sta pannella, e quello – giustamente – non lo sposti da lì manco con un carro armato). A fianco della bernardini ci saranno altre due donne: zamparutti tesoriera e maria antonietta coscioni presidente. La prima intervista della coscioni è stata alquanto deludente: diritti civili, diritti civili, diritti civili (e le libertà economiche?). I radicali italiani (insieme ai riformatori liberali, of course) sono attualmente il soggetto politico più liberale del panorama italiano, perché non essere liberali a 360°? Perché parlare sempre di pacs, eutanasia, revisione della legge 40 e non di flat tax (per esempio)? Il grande merito di capezzone è stato quello di credere nell’agenda gavazzi e nelle riforme liberali in campo economico, perché non sostenerlo? Perché oltre a distribuire hashish nelle piazze non si pensa a qualcosa di simile anche sul versante economico? Perché non si fanno azioni eclatanti contro le tasse e il monopolio statale nell’erogazione di importanti servizi? Non possono essere anche questi argomenti liberali, liberisti e libertari? Capezzone, oltre ad essere persona di valore, ha messo sul piatto temi importantissimi e se i radicali italiani hanno avuto una emorragia di iscritti la colpa è da ascriversi a quella sciagurata scelta di unirsi insieme allo sdi nella rosa nel pugno (e di ritrovarsi con un pugno di mosche). La mozione votata dal congresso prevede importanti azioni a sostegno dell’agenda gavazzi, per renderle efficaci però occorre che si uniscano altre voci a quella di Capezzone; quindi, perché non parlare un po’ di più (tutti: pannella, bonino, borselli e soci) di liberalizzazioni in campo economico e un po’ meno di abolizione del concordato?

Pena di morte: la posizione di sartori

Interessantissima intervista sul corriere a giovanni sartori a proposito della pena di morte a saddam hussein. Un passaggio mi pare vada evidenziato: “Ci viene continuamente ripetuto che dobbiamo rispettare l’Islam, che l’Occidente non deve intromettersi nelle leggi di una civiltà diversa dalla nostra. E poi l’Europa si erge a difendere che? Il diritto dei tiranni a sentenze giuste?”. Il punto è questo: in Iraq vige la pena di morte, dobbiamo accettarlo o dobbiamo fare in modo che quella pena venga abolita? In Iraq imperava un feroce dittatore che si è macchiato dei più orrendi crimini, dovevamo accettarlo e lasciarlo al suo posto o dovevamo assolutamente destituirlo? Il problema è che a corrente alternata sosteniamo posizioni universali, in questo caso tutti a dire che siamo contro la pena di morte, che deve essere abolita in tutti gli stati. Poi però ci scandalizziamo se il cowboy Bush e il suo scudiero Blair sostengono che la democrazia sia il migliore sistema di governo e vada esteso su scala universale (e diciamo: ma no, non possiamo imporre il nostro sistema di governo e il nostro modo di vivere…). I diritti universali dell’uomo esistono o non esistono? Se esistono perché non stare dalla loro parte (sempre e comunque)? E allora perché non fare tutti uno sforzo comune affinché l’Iraq possa finalmente trovare pace e vivere in libertà grazie ad una costituzione avanzatissima per il mondo arabo? Perché se ci indigniamo contro la pena di morte non ci indigniamo anche per quello che sta succedendo ogni giorno in Iraq (e proviamo a fare qualcosa TUTTI: zapatero, prodi, chirac e la crema dell’antiamericanismo)? Perché invece tutti ve ne scappate e adottate un atteggiamento pilatesco?

martedì, ottobre 24, 2006

Consigli di lettura

Qualcosa di forte (e di incredibilmente tosto): Cormac McCarthy - Non è un paese per vecchi (Einaudi, 2006). Nel 1980, nel Texas meridionale, al confine con il Messico, il giovane Llewelyn Moss, un reduce dal Vietnam, si imbatte, mentre sta cacciando antilopi nella prateria, in un convoglio di jeep colme di cadaveri, di droga e di soldi. Prende i soldi e decide di tenerseli, ma diventa subito la preda di una spietata partita di caccia: inseguito dai trafficanti, da uno sceriffo vecchia maniera, nonché dal solitario Chigurh, un assassino psicopatico munito di una pistola da mattatoio. Moss tenta disperatamente di sfuggire a un destino inevitabile, coinvolgendo per ingenuità la giovanissima moglie.
Qualcosa di leggero (e di incredibilmente divertente): Mauro Suttora - No sex in the city (Cairo, 2006). Mauro, giornalista quarantenne, corrispondente a New Yok per un settimanale italiano, racconta in modo divertente e divertito le abitudini, le manie e le stravaganze delle donne americane viste con l'occhio del maschio italiano. Tra ristoranti alla moda e quartieri ultrachic, limousine e cene di finta beneficenza, il protagonista s'imbatte in un gran numero di donne. C'è Liza, bellissima fashion-victim, che lo scarica via e-mail per mancanza di tempo; Maria, pantera a parole, ma agnellino quando si passa ai fatti; Paula disposta a tutto ma non a baciare. Un susseguirsi di esilaranti incontri, che diventano anche l'occasione per fotografare impietosamente pregi e difetti della specie umana più avanzata: le femmine di Park Avenue.

giovedì, ottobre 19, 2006

Contro Gad Lerner

Lo confesso, è stata dura: con tutte quelle partite di Champions League da seguire sono riuscito ugualmente a vedere sommariamente L'Infedele. E, ovviamente, ho preso atto per l'ennesima volta dell'ipocrisia e del conformismo di Gad Lerner. Perchè Gad Lerner è ipocrita e conformista? Il perchè in un paio di esempi: la signora dell'Ucoii, per più di una volta, ha sostenuto che i kamikaze sono mossi nel loro gesto estremo dalla disperazione (un conduttore non ipocrita le avrebbe detto che se in Iraq smettessero di ammazzarsi l'uno con l'altro, gli iracheni potrebbero trarre grande giovamento da una costituzione avanzatissima - per il mondo arabo - e finalmente avrebbero la possibilità di vivere in pace, con molte più libertà rispetto al passato e in condizioni economiche migliori. Quindi, se sono disperati, dovrebbero prendersela con loro stessi e non contro di noi occidentali. Ma evidentemente il martirio dei kamikaze ha in buona parte motivazioni religiose, essendo appunto un martirio); al termine della trasmissione Alda d'Eusanio ha provato ad esprimere quest'ultimo concetto (in maniera, è vero, un po' grossolana) la reazione di Gad Lerner è stata a dir poco di indignazione: in maniera molto teatrale ha preso immediamente le distanze da quella affermazione, dissociandosi subito. Ne deduco che nelle su trasmissione si possa dire tranquillamente (senza smentita) che i kamikaze sono gli sfruttati della terra, vessati da noi Occidentali che li costringiamo ad agire in quel modo; non si può invece dire che il loro è un martirio e come tale ha motivazioni culturali e religiose. Il secondo esempio riguarda Luigi Amicone e il tema della puntata (l'omosessualità. Tra l'altro ho ascoltato con piacere lo scrittore Walter Siti, avevo intenzione di leggere il suo romanzo... dopo averlo sentito parlare ho preso la decisione di non leggerlo: sarà sicuramente troppo difficile per una mente limitata come la mia: sia per l'imponente numero di pagine, sia per il contenuto e sia per le scelte stilistiche e di linguaggio). Lerner ha ovviamente ricoperto il ruolo della persona moderna, aperta, senza pregiudizi.... insomma è stato la sublimazione del politicamente corretto. Luigi Amicone, pur essendo una persona democratica e liberale tanto quanto Gad Lerner, ha invece espresso una posizione meno relativista (del tipo: bene, liberi voi di fare quello che volete però non avrete di certo la mia approvazione morale). Il punto credo sia proprio questo: per Gad Lerner tutto ciò che la legge permette merita di essere messo sullo stesso livello, per Amicone, invece, esistono comportamenti migliori di altri (pur essendo tutti legittimi di fronte alla legge). Insomma, è stata la solita puntata de L'Infedele: molto interessante per gli argomenti e per il livello di alcuni ospiti, molto discutibile per la qualità della conduzione.

lunedì, ottobre 02, 2006

La fine dell'economia. Saggio sulla perfezione

Titolo - La fine dell'economia. Saggio sulla perfezione
Autore - Ricossa Sergio
Prezzo - € 15,00
Dati - 200 p., Editore Rubbettino, Collana Mercato, Diritto e Libertà, ISBN 8849815301
Descrizione - Un irriverente quanto divertente ritratto dell'economia vista come scienza dell'imperfezione. Un libro per tutti: sia per chi di economia capisce poco e vorrebbe capirne un po' di più, senza per questo però doversi sorbire noiosi trattati; sia per per coloro quali hanno fatto dell'economia un'infrangibile fede.

Il complotto dell'11/9? Una boiata pazzesca

“Perché tutti coloro che diffondono la tesi complottiste sull’11 settembre, non dicono che le suddette tesi sono state smentite dai fatti?” Così viene presentata l’inchiesta del settimanale Diario tesa a invalidare le tesi “negazioniste” circolanti su internet, libri e RaiTre. Diario si basa sugli studi effettuati dalla rivista americana Popular Mechanics, giornale di divulgazione tecnica e scientifica. Due anni fa, infatti, “la rivista promosse un’inchiesta in profondità sull’11 settembre analizzando le teorie cospirazioniste. Mise al lavoro 30 giornalisti e intervistò 300 esperti e concluse, in un numero speciale del marzo 2005, che nessuna delle teorie resisteva alla prova dei fatti. Ora tutto il lavoro è diventato un libro, Debunking 9/11 Myths”.

Tasse e crescita economica

I 33,4 miliardi di euro della finanziaria sono costituiti, all’incirca, per un terzo da tagli alla spesa e per due terzi da nuove entrate. Gli obiettivi dichiarati dal governo erano due: riportare il rapporto deficit/Pil sotto i 3 punti percentuali e sostenere lo sviluppo dell’economia. Se il primo punto verrà realizzato, difficilmente si potrà dire che le misure prese nella finanziaria gioveranno alla crescita economica. La riduzione del cuneo fiscale difficilmente potrà essere efficace. Non c’è bisogno di scomodare il premio Nobel all’economia Prescott per affermare che un Stato come quello italiano che tassa cittadini e imprese in maniera così cospicua difficilmente potrà avere una economia florida. Il prelievo fiscale, in Italia, è a livelli altissimi e questo evidentemente influisce sull’andamento della nostra economia. Aggiungere a quelle esistenti altre 56 nuove tasse e rimodulare le aliquote irpef penalizzando ampiamente il ceto medio significa non favorire la crescita economica. Mi si obietterà: ma in Svezia il prelievo fiscale è molto alto eppure la situazione economica di quel paese è positiva. Premettendo che la disoccupazione reale in Svezia è verosimilmente intorno al 15%, lì almeno il mercato del lavoro è flessibile e questo favorisce la crescita. Qui in Italia, oltre ad una tassazione spaventosa, abbiamo un mercato del lavoro particolarmente rigido (per fortuna una rigidità parzialmente intaccata dalla legge Biagi). Flessibilità e fisco leggero sono due condizioni indispensabili per lo sviluppo economico. In maniera emblematica Prodi, già in conferenza stampa, ha cominciato a parlare di una legge finanziaria equa, giusta, che ridistribuisce ricchezze, ponendo dunque l’accento su di un punto che non era negli obiettivi dichiarati della finanziaria. Se i tagli alla spesa fossero stati maggiori e, di conseguenza, molto minore fosse stato il ricorso a nuove entrate allora la finanziaria poteva essere di sostegno allo sviluppo. Così come è, invece, risulta essere una misura classista e statalista, concordata indubbiamente con i sindacati e incoraggiata dalla sinistra conservatrice, con la finalità di far piangere i presunti ricchi (che in realtà saremmo tutti noi) e assestare un duro colpo allo sviluppo della nostra economia.

venerdì, settembre 22, 2006

Assemblea generale ONU: che buffonata!

Uno (Morales, vestito come nella pubblicità della Nescafè) parla tenendo in mano una foglia di coca, l’altro (Chavez) discorre stringendo fra le mani un libro di Noam Chomsky. Il terzo (Ahmadinejad) blatera di oppressione e sfruttamento senza ricordarsi di essere a capo di una teocrazia illiberale e totalitaria. E intanto il nostro primo ministro si intrattiene privatamente con questo nazista negazionista. Come riportava sul Corriere di ieri il giornalista Maurizio Caprara “Prodi, da tempo, ritiene che con la sua capacità di influenzare gli sciiti sparsi per il Medio Oriente, di condizionare il mercato del petrolio in Iraq, il Paese di Ahmadinejad possa aprire cento fronti dannosi per l’Occidente, e che dunque per disinnescare potenziali esplosioni è meglio riconoscere all’Iran un ruolo di potenza dell’area.” A me sembra una strategia folle: scendere a patti con Ahmadinejad, accettare il suo ricatto, riconoscere l’Iran come grande potenza regionale, tutto questo non fa altro che giovare alla sua causa. E’ una realpolitik che ricorda molto lo “spirito di Monaco”: stringere accordi con un governo terribile e minaccioso sperando che muti la propria natura violenta e conquistatrice. All’Iran bisogna opporsi, in tutti i modi. L’utilizzo per scopi civili del nucleare è una frottola, il programma di arricchimento dell’uranio va bloccato al più presto: prima con sanzioni, poi utilizzando anche la carta militare (qualora le sanzioni non sortissero l’effetto desiderato). Un Iran dotato di bomba atomica sarebbe una minaccia per tutto il mondo.