mercoledì, giugno 15, 2005

L'anti-Piperno

La scorsa settimana, sul Magazine del Corriere della Sera, Antonio D'Orrico è intervenuto sulla disputa che ha preso piede in diversi giornali a proposito di chi sia l'anti-Piperno. Il più accreditato antagonista, soprattutto dalla stampa di sinistra (in primis Il Riformista e l'Unità), è stato visto in Tommaso Pincio e nel suo La ragazza che non era lei (Einaudi). Un po' staccati, proposti da sponsor differenti e in maniera diversa, sono stati fatti i nomi di Piersandro Pallavicini (Atomico Dandy - Feltrinelli), Valeria Parrella (Per grazia ricevuta - Minimum Fax)... e altri ancora. Per D'Orrico, comunque, nessuno di questi romanzi è stato all'altezza di quello di Piperno.... forse uno sì, è stato pubblicato da Adelphi e l'autore è Salvatore Niffoi. Io, invece, mi sento di dire che meglio di Piperno è Nicola Lagioia. Lagioia ha pubblicato sul finire del 2004 un romanzo straordinario, dal titolo Occidente per principianti, pubblicato da Einaudi nella prestigiosa collana dei Supercoralli. A suo tempo D'Orrico stroncò il libro senza grosse preoccupazioni, con una delle sue mini recensioni che, il più delle volte, ti fanno rimanere un po' così (leggi e poi ti chiedi "e allora?"). Comunque il romanzo è fantastico sia per forma che per contenuto. La prosa è tutt'altro che piatta (e questo probabilmente ha indotto il critico del Corriere a trattarlo nel modo in cui l'ha trattato. Per D'Orrico è una scrittura troppo "difficile" e per questo un libro, di conseguenza, è brutto. Prosa "difficile"=Brutto libro). La storia è avvincente. Straordinari sono i dialoghi tratti dal film di Mario Materia e divertentissimo l'incontro con Madame Sosostris (mi ha fatto ricordare una scena del capolavoro di Ciprì e Maresco "Il ritorno di Cagliostro). Un libro che potrebbe essere definito "generazionale" (ma senza volerlo e senza rispettare tutti gli stereotipi del caso). Un libro che da inoltre uno spaccato molto intelligente della nostra società. In definitiva: un grande libro.... migliore, molto migliore del seppur discreto Con le peggiori intenzioni di Alessandro Piperno.

2 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Nicola Lagioia
Viaggio nelle viscere dell'Italia
di Vittorio Macioce

Forse è il romanzo che aspettavi. Un viaggio nelle viscere di questa Italia, di questa era, di questo tempo dai colori incerti, di metamorfosi, di vuoti a perdere, di simulacri di sogni sbattuti negli hard discount. Nicola Lagioia è uno che ti racconta le città, toponomastica, ritrovata e perduta, i volti di chi ci vive o passeggia, l’anima deformata. Lagioia viaggia da Bari a Roma, da Milano a Napoli, fino a Castellaneta, Taranto, metropoli e provincia. E ne annusa i sapori. Lagioia ti inganna e ci mette dentro pezzi di mito e di memoria, cultura trash e filosofia, Mister no e Topolino, veline e soubrette di vecchi varietà, Faust, Mefistofele e Hans Urs von Baltashar. Ti racconta di un’Italia di illusioni e di rimpianti, ti racconta di un inferno vuoto e di quella macchina tritura-esistenze che è la società dell’informazione, di un’Europa satellite e di un’America lontana dove ci sembra, e forse è proprio così, siamo cresciuti. Quello di Lagioia non è necessariamente un romanzo generazionale. Ha altre ambizioni, spaccato di un’Italia post-arbasiniana. Ma in questa storia c’è anche lui, e quelli come lui, quelli a cui toccherà interpretare il futuro. Con questi presupposti: “Sei nato dopo il famoso 4-3 sulla Germania. L’estate del 1978 è un frullato di Brigate Rosse, gialli in Vaticano e dimissioni eccellenti. Tu preferisci l’oratorio, la sala giochi, la versione tridimensionale di Remì dalle 18 alle 18,30 (una truffa per cui la Rai non potrà mai risarcirci abbastanza). Resti vent’anni sui libri. Passi l’estate a Mykonos, a Otranto o giù in campeggio dalle parti di Sibari. Ti laurei con 110 e lode grazie a una avveniristica tesi in filosofia del diritto intitolata “Televisione generalista e ipertrofia dell’io: due miti al capolinea”. Sono gli anni Novanta. Zenga sbaglia l’uscita su Caniggia. Roberto Baggio manda fuori il famoso rigore. Continui a studiare in attesa di un concorso. O fai un praticato in uno studio legale (gratis). O uno stage (sempre gratis). O inizi a lavorare per una casa editrice (quasi gratis). Tuo padre rappresenta spumanti per una famosa ditta del nord-est. Ha l’esclusiva di Lazio, Campania, Puglia e Basilicata. Porta a casa ogni mese da sei a dieci milioni al mese, nero escluso. Ha la seconda media (…). Come è possibile che una perfetta macchina da guerra benedetta dalle istituzioni riesca a malapena a macinare i soldi per l’affitto?”.

Era solo un incontro di fine autunno. Nicola Lagioia ha 31 anni e parla una lingua che ti sembra di conoscere da sempre. E’ quella degli studenti fuori sede, lui è di Bari, che hanno passato mezza vita a Roma. E’ la prima cosa che ti colpisce. Siete a Mantova, più o meno spettatori al circo della letteratura. Passate ore insieme, pranzi, cene, caffè al bar, tedio, interviste, giornalisti, editor, uffici stampa, qualche venditore di panna o di fumo. Hai letto il suo primo romanzo “Tre sistemi per sbarazzarsi di Tolstoj” e “La qualità dell’aria”, antologia di racconti che ha curato con Christian Raimo. Tutti e due sono lavori della scuderia Minimum fax. Ti accorgi, chiacchierando, che sul romanzo, sulla narrativa, avete una manciata di idee in comune. Lo capisci quando ti racconta l’ultima storia che ha scritto. “Esce tra poco”, dice. Minimum fax? “No, questa volta l’editore è Einaudi”. Ancora Tolstoj?. “No, Rodolfo Valentino”. Rudy? “Sì, il primo eroe del cinema, un caso di delirio di massa, è il dio o il demone dell’immagine che s’incarna nel Novecento. Valentino è il suo primo sacerdote. Ne verranno altri, non tutti con la stessa effimera leggerezza”. Il romanzo è “Occidente per principianti” (Einaudi, pagg. 297, euro 17). Rodolfo Valentino è solo un’ombra, una traccia nella memoria, un’immagine nell’archivio del nostro passato, come tante altre, da riciclare e rimettere in commercio sulla stampa, nelle televisioni.

E’ una buona traccia per una storia. E’ quello che accade qui, un quasi giornalista, un precario, una firma fantasma, si ritrova a inseguire il primo amore di Valentino, non ancora divo, ma futuro emigrante di Castellaneta, giù nel Sud pugliese, tarantino. Il viaggio parte da qui, tutto il resto è meraviglioso. E’ l’Italia di questo post-Novecento, sbandato e con l’orizzonte che assomiglia a un canale sintonizzato male. Quei personaggi che seguono, come cavalieri sfigati della tavola rotonda un Parsifal quasi giornalista, li hai incontrati o li vorresti incontrare. E’ gente che si muove nella mappa della metropoli con un “TuttoCittà” vecchio di almeno vent’anni. Le vie a volte sono le stesse, altre hanno cambiato nome, dove un tempo si passava ora ci sono sensi vietati, i vecchi cinema hanno chiuso o sono stati inghiottiti da un multisala. Qualcuno viaggia con vecchie mappe, residuo di un passato ideologico o esistenziale, oppure semplicemente non ha più una mappa, e non sa neppure dove trovarla, non si chiede nemmeno perché la realtà in cui vive è cambiata e lui, naufrago, non ha bussole o sestanti per orientarsi.

Vivono, donandosi qua e là. Più di tutti Zelda, che ha il nick name della musa, moglie, compagna di sbronze e di follie di Fitzgerald. E’ lei il personaggio più vero di “Occidente per principianti”, potresti innamorati, o lo hai già fatto. E sarebbe un guaio. Zelda studia, ultimo anno a Lettere moderne con una tesi “quasi terminata” su “Hitchcock, Cassavetes, Lynch: fenomenologia del Motel nell’immaginario cinematografico, da Psycho a Wild at Hearth”, ma soprattutto è un animale da mondanità culturali, cortigiana in saldo di artisti d’avanguardia, creativi multimediali, scrittori da magazine o da riviste femminili. E’ lei una delle parti lese di questo tempo. E’ lei che non sa bene quale mito rincorrere, ma ha già imparato quali armi usare. E con lei, in questo viaggio, ci sono un inconcludente regista-sceneggiatore che parla ovunque e sempre di un film che non finirà mai, e forse non è mai iniziato (talento postumo, presunto, raccontato), un cinico professionista rampante della comunicazione (socio del giornalista-Parsifal) e un rottame psicopatico di un tempo passato, menagramo da strapazzo, bibliotecario di spazzatura esoterica, nobile decaduto, intellettuale sommerso da un’era sbagliata.

Tre specchi: il futuro frustrato, il presente mediocre, il passato che si sgretola. Eccoli, condensati in tre maschere. Lontano, poi, si sente l’eco di Henry James, di quel lungo racconto, diviso in nove capitoli che è il “Carteggio Aspern”, almeno nel punto di partenza, nella trama, e forse anche nello spirito di questo viaggio. Jeffrey Aspern, poeta romantico americano, ha lasciato a un ex amante ormai vecchissima un cofanetto d’inediti. Anche qui c’è un giovane, un critico, uno studioso che vuole recuperarli e per farlo si corrompe, nell’inganno, nella menzogna. Alla fine le lettere verranno bruciate, come alla fine in “Occidente per principianti” la prima amante di Rodolfo Valentino è solo un equivoco o uno scoop taroccato. E’ solo una rotta, non un ambizioso confronto. Anche perché “Occidente per principianti” ha un grave limite ed è la trama che ci porta ad inseguire gli amori di Valentino, troppo fragile, anche lei forse un po’ troppo voluta, ingegnosa, artefatta. Ma quel che conta è navigare. James cercava di tracciare i confini di un’America che non era più la stessa, che aveva solcato l’Atlantico e si era specchiata nell’Europa. Lagioia compie un viaggio a ritroso, e si chiede su quale rosa dei venti s’orienta l’Italia, e con lei quel blocco politico e culturale chiamato Occidente. Una mappa per principianti, quello che in questa storia, questi anni di post-Novecento, tutti noi siamo. “Non c’è giorno con più futuro di questo”.



vittorio.macioce@ilgiornale.it

6:50 PM  
Anonymous Anonimo said...

ho apprezzato "con le peggiori intenzioni" ma secondo me il romanzo che rimarrà è proprio "occidente per principianti", peccato che non sia stato sostenuto a dovere, lagioia è forse il più grande scrittore italiano.

2:11 PM  

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