lunedì, giugno 06, 2005

In europa solo il mercato può ridurre la povertà

C’è un Europa dei poveri e della povertà. Si tratta de “L’altra Europa” descritta nell’ultimo saggio di Luciano Monti, un vero e proprio diario di viaggio nella povertà del vecchio continente. Un itinerario intellettuale in cui però si raccontano anche incontri con persone che provano sulla loro pelle i morsi dell’indigenza e dell’esclusione, che parte dalle periferie romane per spingersi fino ai confini dell’Europa a 25 ed oltre, nei nuovi paesi ormai al confine dell’Unione, come l’Ucraina, la Bielorussia o la Moldavia. Documentato, utile ad orientarsi nel labirinto delle statistiche e delle definizioni e animato dalla personale partecipazione dell’autore al destino dei diseredati, “L’altra Europa” ci aiuta a scoprire - o a ricordare - che anche nella solidale Unione Europea, non solo nei cinici USA, vi sono sacche di povertà (autoctone e derivanti dall’immigrazione), ma soprattutto sta crescendo il “rischio di povertà”. Un rischio che assume forme nuove, derivanti da fenomeni fino a ieri sconosciuti o marginali, come l’invecchiamento della popolazione, la sempre maggiore friabilità delle famiglie o le nuove forme di occupazione.Leggere questo libro dopo i referendum francese e olandese che hanno bocciato il nuovo Trattato Costituzionale dell’Unione Europea, contribuisce forse anche a dare una spiegazione in più proprio a quel voto: la paura. Paura di un futuro in cui, come spesso si dice, i figli staranno peggio dei loro genitori, cosa che da generazioni non accadeva e non si pensava potesse di nuova accadere.[...] L’Europa, che resta a tutt’oggi tra le aree di gran lunga più ricche del globo, potrà sconfiggere lo spettro della povertà prima che esso si materializzi solo ritrovando la via della crescita economica in un contesto duro come quello attuale. C’è una parte di Europa che questa via sembra averla trovata, quella dei paesi neocomunitari dove i livelli di povertà sono sicuramente più elevati, ma dove sistemi economici più “liberisti-americani” che non “corporativi-renani” consentono di avere maggiore fiducia nella crescita e nel fatto che i figli staranno meglio dei padri. La dimensione sociale del modello europeo non va perseguita attraverso la continua interferenza con i meccanismi del mercato e della concorrenza, come per lo più accade oggi nel vecchio continente con i risultati che abbiamo sotto gli occhi, ma lasciata a strumenti specifici che definiscano una più efficace rete di protezione avente come obiettivo prioritario - anche se non esclusivo - di accompagnare e incentivare il rientro nella vita attiva e produttiva.
Benedetto Della Vedova - Corriere Economia, 6/6/2005