mercoledì, giugno 14, 2006

Pacs

«Per noi, che siamo conviventi, i Pacs sarebbero uno strumento fondamentale per ottenere importanti diritti». A questo punto mi è capitato di dire «Ma allora perchè non vi sposate?». La reazione del mio interlocutore è stata nulla, silenzio. Confesso di non essere molto informato sulla questione ma a me sembra tanto che i Pacs siano, per certi versi, equiparabili al matrimonio: non sono ambedue contratti stipulati fra due persone (che istituiscono diritti e doveri all'interno della coppia)? Dunque, se volessimo seguire questa posizione, potremmo tranquillamente dire che i Pacs sono un "piccolo matrimonio" o un "matrimonio di serie B"; ma, nello stesso tempo, potremmo anche affermare che il matrimonio è un "grande Pacs". Ovviamente si sta parlando di matrimonio civile, perchè quello religioso, per un credente, è un sacramento; per il non-credente, invece, è solamente un patto (bastano due testimoni, un "cerimoniere" e il gioco è fatto). Ma non a tutti è permesso oggi di sposarsi: si pensi alle coppie omosessuali. È giusto che a queste coppie vengano riconosciuti dei diritti? Io penso di si. In quale modo allora? O concedendo a loro (e a tutte le persone che per determinati motivi non possono sposarsi civilmente) lo strumento dei Pacs, oppure riformando unicamente il codice civile in alcuni punti. Personalmente credo che uno Stato liberale dovrebbe permettere a qualsiasi coppia di stipulare il contratto che più preferisce e che meglio risponde alle proprie esigenze. In modo tale che chi vorrà sposarsi potrà farlo (in Chiesa o in Municipio), chi non vorrà sposarsi potrà recarsi da un notaio e stabilire le condizioni e i termini del contratto e della propria unione. È chiedere troppo? F.