Berlusconi? No, D'Alema
L'antropologicamente superiore D'Alema, presidentissimo di un folto stuolo di esseri moralmente eccezionali, si sta reincarnando sempre più come novello Cavaliere del popolo de sinistra. Proprio loro che dall'alto della loro superiorità etica avevano sempre criticato il conflitto d'interessi, l'affarismo, l'illegalità che pervadeva - a dir loro - lo schieramento di centrodestra, ora si ritrovano con i fari puntati addosso per oscuri intrecci fra politica e affari. Da ex giacobini giustizialisti, nell'arco di dieci anni sono passati da una posizione d'attacco ad una di arcigna difesa. Da encomiabili custodi del bene e del giusto, scoprono di avere pure loro qualche scheletro nell'armadio. E allora, succede che il buon D'Alema non rinunci a farsi la barca e a seppellire in un colpo solo il pauperismo e la frugalità che contraddistinguevano i veri "compagni" di un tempo. Succede che il buon D'Alema, insieme al suo partito, intrattenga rapporti strettissimi con Unipol ma che, vergognandosene, minimizzi e accusi i poteri forti per avere messo in atto una nuova caccia alle streghe. Succede che il buon D'Alema non osi dire che tra politica e mondo degli affari occorra più trasparenza e che, se la politica ha i suoi costi, allora bisogna regolamentare e fare emergere alla luce del sole questo rapporto. Seccede che il buon D'Alema, punto sul vivo, quereli Il Foglio e, già da un po' di tempo a questa parte, ritenga il Corriere della Sera più ostile de Il Giornale. Come se a lui, novello "migliore" e novello Cavaliere, tutta la stampa dovesse concedere un trattamento fatto di allori e di riverenza. Insomma, cari amici DS, tra voi e Forza Italia il discrimine non sta certo nella moralità ma solamente nel vostro credervi migliori.
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