martedì, gennaio 25, 2005

Per l'Organizzazione Mondiale delle Democrazie!

Un patto tra Europa e Stati Uniti
LA LEGA MONDIALE DELLE DEMOCRAZIE
di ANGELO PANEBIANCO

Il discorso del giuramento pronunciato da George Bush la settimana scorsa ha raccolto molti commenti scettici in Europa. La lotta dichiarata contro le tirannie in nome della libertà rinnova un antico ideale americano: la missione, benedetta da Dio, dell’America è aiutare il mondo a liberarsi delle dittature e ad accogliere ovunque le istituzioni della libertà. Poiché là dove la libertà vive attecchiscono la pace e la prosperità. Nell’epoca delle guerre asimmetriche promuovere la libertà significa, per Bush, rendere più sicuri gli Stati Uniti... Adattata alle circostanze del dopo 11 settembre, questa visione corrisponde a un ideale condiviso, in America, anche da molti politicamente distanti dal presidente repubblicano. Nell’articolo pubblicato ieri dal Corriere , lo storico Michael Ignatieff la ritiene una «buona idea». Confortata dalla teoria secondo cui, siccome le democrazie tendono a non farsi la guerra fra loro, più democrazie ci sono più il mondo diventa pacifico. E in omaggio anche all’idea secondo cui promuovere la libertà significa favorire lo sviluppo economico. Ignatieff ricorda però a Bush il dovere della coerenza: se si appoggia la causa della libertà non si possono fare eccezioni per i regimi autoritari alleati (come il Pakistan o l’Egitto). Quest’ultimo è un tema decisivo, poiché rivela, agli occhi dei critici realisti di Bush, il vero punto debole della sua visione (così come, alla fine della Prima guerra mondiale, di quella, molto simile, del presidente democratico Woodrow Wilson). Per i realisti, è semplicemente un progetto che non funziona, che può solo accrescere il disordine del mondo. Meglio sarebbe rifarsi a una antica sapienza diplomatica, che accetta il mondo così come è, e negozia anche con le tirannie per limitare i danni. E’ il punto di vista prevalente in Europa continentale. Lo scetticismo europeo (divisioni sull’Iraq a parte) ha due cause. In primo luogo, c’è una seria divergenza fra il significato che Bush (e con lui, l’America) attribuisce alla parola «libertà» e il significato prevalente fra le élites europee. Per le quali quel termine non evoca affatto, in genere, la stretta simbiosi fra aspetti economici, civili e politici della libertà individuale cui pensa Bush. Per gli europei, la «libertà economica» non è necessariamente una componente inscindibile della libertà. E’ forse soprattutto questo diverso modo di intendere la libertà che rende tanti europei così sospettosi dell’America e di quelli che essi ritengono i suoi propositi imperiali. In secondo luogo, l’idea che le tirannie vadano combattute per rendere il mondo più sicuro mal si concilia con la tradizione europea. Se le tirannie cadono per loro conto gli europei applaudono, ma salvo specialissime eccezioni (come l’Ucraina), non sono disposti ad agire per ottenere il risultato. L’Europa non ha mai maturato una visione simile a quella di Wilson o di Bush. Non ha mai pensato che esportare la libertà fosse un suo compito. Si spiega così perché anche un’altra «buona idea», strettamente collegata, quella della «lega delle democrazie» (sostenuta da molti gruppi occidentali, fra i quali, in Italia, i radicali di Pannella) stenti ad affermarsi. L’idea della «lega delle democrazie», di un blocco capace di muoversi all’unisono a favore di libertà e diritti umani, richiederebbe un rinnovato patto fra America ed Europa. Ma cospicue differenze di linguaggio e di cultura e divergenti interessi geo-politici sono di ostacolo. Come lo è il fatto che una parte dell’Europa non ha capito che il vero rischio che essa corre non è il «dominio» dell’America. Il vero rischio è che l’America, pressata da crescenti sfide su altri scacchieri, abbandoni prima o poi l’Europa.