Assolti i reclutatori di "guerriglieri"!
KAMIKAZE LIBERO di PIERO OSTELLINO
Nell' Esprit des lois , Montesquieu scrive che ci sono quattro specie di delitti, una delle quali, la quarta, è contro la sicurezza dei cittadini. Aggiunge Montesquieu che «le pene inflitte devono derivare dalla natura di ciascuna di queste specie». Non sembra proprio che il magistrato milanese che ha condannato per reati minori - fra i quali il traffico di documenti falsi - tre nordafricani, accusati di aver reclutato e mandato kamikaze in Iraq, e sospettati di aver preparato attentati in Europa, e che ha inviato alla Procura di Brescia la posizione di altri due, sia una gran lettrice. Non solo di Montesquieu, il che non sarebbe grave, ma, quel che è peggio, neppure delle più recenti normative di diritto internazionale... Nelle motivazioni della sentenza, il magistrato - ignorando palesemente la risoluzione dell’Onu 1511 del 16 ottobre 2003, che legittima la presenza della coalizione militare internazionale a garanzia della sicurezza del Paese - ritiene, infatti, che inviare combattenti e aiuti economici in Iraq non configuri il reato di terrorismo internazionale, in quanto una cosa sarebbero gli attentati alle truppe di occupazione, che rientrerebbero nella fattispecie della guerriglia, un'altra quelli contro civili che cadrebbero, invece, in quella di terrorismo. Ciò che lascia francamente esterrefatti e scandalizzati è, dunque, oltre all'ignoranza della situazione irachena e del diritto internazionale, il carattere esplicitamente politico che finisce con assumere la sentenza, in perfetta sintonia con l'estremismo di chi continua a definire «resistenti» i terroristi iracheni. Il fatto, poi, che il magistrato dichiari di non aver voluto, con ciò, legittimare anche l'attentato di Nassiriya ai nostri militari, perché quella italiana è una «missione di pace», mentre quella del resto della coalizione non lo sarebbe - con l’assurdo corollario che ammazzare gli americani o gli inglesi non sarebbe un crimine, ma un'azione di guerra - non ne attenua, bensì ne aggrava la posizione. A conferma della confusione concettuale che sembra aver presieduto alla singolare sentenza. Meno grave, in questo contesto, appare, invece, la parte della motivazione in cui si dice che non risulterebbe provato che gli imputati stessero preparando attentati anche in Europa. Qui, siamo sul terreno - dice ancora la sentenza - «riferibile alle più svariate fonti di intelligence» che non fanno testo sotto il profilo del diritto penale. L'assenza di strumenti legislativi, o quanto meno giurisprudenziali, e la conseguente difficoltà di accertare reati che sono oggetto di indagini da parte dei servizi di sicurezza, anche se non giustifica, quanto meno attenua le responsabilità del magistrato, chiamando a rispondere del caso le forze politiche. Sono note le riserve che la legislazione antiterroristica americana (il Patriot Act ) ha sollevato, anche negli Usa, in tema di tutela dei diritti civili. Ma che qualcosa si debba fare anche da noi, la sentenza di Milano lo prova con tutta evidenza.
postellino@corriere.it
Piero Ostellino
Nell' Esprit des lois , Montesquieu scrive che ci sono quattro specie di delitti, una delle quali, la quarta, è contro la sicurezza dei cittadini. Aggiunge Montesquieu che «le pene inflitte devono derivare dalla natura di ciascuna di queste specie». Non sembra proprio che il magistrato milanese che ha condannato per reati minori - fra i quali il traffico di documenti falsi - tre nordafricani, accusati di aver reclutato e mandato kamikaze in Iraq, e sospettati di aver preparato attentati in Europa, e che ha inviato alla Procura di Brescia la posizione di altri due, sia una gran lettrice. Non solo di Montesquieu, il che non sarebbe grave, ma, quel che è peggio, neppure delle più recenti normative di diritto internazionale... Nelle motivazioni della sentenza, il magistrato - ignorando palesemente la risoluzione dell’Onu 1511 del 16 ottobre 2003, che legittima la presenza della coalizione militare internazionale a garanzia della sicurezza del Paese - ritiene, infatti, che inviare combattenti e aiuti economici in Iraq non configuri il reato di terrorismo internazionale, in quanto una cosa sarebbero gli attentati alle truppe di occupazione, che rientrerebbero nella fattispecie della guerriglia, un'altra quelli contro civili che cadrebbero, invece, in quella di terrorismo. Ciò che lascia francamente esterrefatti e scandalizzati è, dunque, oltre all'ignoranza della situazione irachena e del diritto internazionale, il carattere esplicitamente politico che finisce con assumere la sentenza, in perfetta sintonia con l'estremismo di chi continua a definire «resistenti» i terroristi iracheni. Il fatto, poi, che il magistrato dichiari di non aver voluto, con ciò, legittimare anche l'attentato di Nassiriya ai nostri militari, perché quella italiana è una «missione di pace», mentre quella del resto della coalizione non lo sarebbe - con l’assurdo corollario che ammazzare gli americani o gli inglesi non sarebbe un crimine, ma un'azione di guerra - non ne attenua, bensì ne aggrava la posizione. A conferma della confusione concettuale che sembra aver presieduto alla singolare sentenza. Meno grave, in questo contesto, appare, invece, la parte della motivazione in cui si dice che non risulterebbe provato che gli imputati stessero preparando attentati anche in Europa. Qui, siamo sul terreno - dice ancora la sentenza - «riferibile alle più svariate fonti di intelligence» che non fanno testo sotto il profilo del diritto penale. L'assenza di strumenti legislativi, o quanto meno giurisprudenziali, e la conseguente difficoltà di accertare reati che sono oggetto di indagini da parte dei servizi di sicurezza, anche se non giustifica, quanto meno attenua le responsabilità del magistrato, chiamando a rispondere del caso le forze politiche. Sono note le riserve che la legislazione antiterroristica americana (il Patriot Act ) ha sollevato, anche negli Usa, in tema di tutela dei diritti civili. Ma che qualcosa si debba fare anche da noi, la sentenza di Milano lo prova con tutta evidenza.
postellino@corriere.it
Piero Ostellino
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