Lo Stato laico
Di questi tempi si fa un gran parlare di pacs, eutanasia, fecondazione medicalmente assistita e tanti altri temi definiti "eticamente sensibili". Ogni volta che si affrontano questi argomenti il rischio è di dover sentire qualcuno che ti dice: "i tuoi convincimenti etici e religiosi non possono diventare una legge dello Stato".
Lo scontro tra religione e politica, comunque, non è moderno. Ma, a guardarci bene, di vero scontro non si è mai trattato.
In Occidente il diritto nasce nell'agorà greca. I greci, infatti, instaurarono il principio del governo della legge e, di conseguenza, quello della libertà individuale, base civile sulla quale si sono formati gli Stati di diritto della modernità. Quando nel secolo VIII a.C. si formò la città greca e il potere magico-religioso del re sacro proprio della civiltà micenea venne smembrato, le funzioni regali vennero esercitate da una pluralità di magistrati: la monarchia aveva così lasciato il posto alla repubblica, il potere era diventato collettivo. Poiché il potere venne posto in uno spazio pubblico (agorà), le decisioni e le leggi si poterono imporre solamente per argumenta, nella misura in cui i cittadini li sentirono come convincenti. Se i greci avevano così inventato il "governo della legge", furono in realtà i romani a spingere fino alle sue estreme conseguenze l'elaborazione del diritto.
Ben presto, diventando il Cristianesimo la religione ufficiale dell'Impero romano si palesò il problema del rapporto fra autorità religiosa e secolare. Gelasio I, Papa del secolo V d.C., fece della separazione fra Stato e Chiesa una dottrina ortodossa, sostenendo che Dio ha concesso "due spade" al governo terreno: quella della Chiesa per governare le anime degli uomini e quella del potere imperiale per regolare gli affari temporali.
Se dunque il nostro diritto si basa sul pensiero razionale così come ci ha insegnato molti secoli fa la civiltà greca, la separazione fra il regnum e il sacerdotium (fondamento dello Stato laico) è stata sancita dalla stessa Chiesa. La separazione fra Stato e Chiesa ha così origini lontane.
Sulla laicità dello Stato, nel dibattito politico attuale, ci si interroga su diversi aspetti: se i non-laici (ovvero chi appartiene allo stato ecclesiastico) possano partecipare al dibattito pubblico relativamente alle questioni che più li riguardano, se i credenti possano partecipare alla formazione delle leggi e ricoprire importanti ruoli in seno alle istituzioni europee senza che la loro fede costituisca di per sè un ostacolo, se l'"etica biblica" possa influenzare il diritto in uno Stato laico.
L'insegnamento del Cristianesimo ha avuto sicuramente un ruolo fondamentale nell'affermazione dei diritti umani e della tutela della dignità della persona nelle carte costituzionali e nelle legislazioni dei vari Stati occidentali. La civiltà occidentale è sostanzialmente una sintesi fra Atene, Roma e Gerusalemme. Le due rivoluzioni inglesi, la Rivoluzione americana, la Rivoluzione francese del 1789-1792 hanno poi creato le istituzioni moderne democratiche e liberali dei paesi occidentali: la democrazia rappresentativa, la separazione dei poteri, i meccanismi di protezione dei diritti dell'uomo, la tolleranza religiosa, la libertà di stampa, la protezione della proprietà privata ecc. Queste sono le istituzioni che hanno conferito all'Occidente la capacità di avere successo e di mantenere una certa preminenza geopolitica nel resto del mondo. E i "giganti" dell'antichità classica greca e romana, insieme al cristianesimo, hanno costituito il fondamento per lo sviluppo delle nostre moderne istituzioni.
Oggi, dando per condivisa da tutte le parti in causa la separazione fra Stato e Chiesa, risulta di fondamentale importanza la dialettica fra laici e non-laici, e fra credenti e non-credenti. Come nell'antico spazio pubblico dell'agorà greca anche in questo inizio di secolo è necessario che emergano tutte le voci che possano contribuire a un positivo dibattito per far sì che uno Stato liberale si doti delle leggi più valide. Perché se come sostiene Roger Scruton il diritto è reso legittimo dal benestare di coloro che debbono obbedirvi, è auspicabile che tutti abbiano la possibilità di inserirsi nell'arena pubblica per portare in superficie le argomentazioni migliori.
Lo scontro tra religione e politica, comunque, non è moderno. Ma, a guardarci bene, di vero scontro non si è mai trattato.
In Occidente il diritto nasce nell'agorà greca. I greci, infatti, instaurarono il principio del governo della legge e, di conseguenza, quello della libertà individuale, base civile sulla quale si sono formati gli Stati di diritto della modernità. Quando nel secolo VIII a.C. si formò la città greca e il potere magico-religioso del re sacro proprio della civiltà micenea venne smembrato, le funzioni regali vennero esercitate da una pluralità di magistrati: la monarchia aveva così lasciato il posto alla repubblica, il potere era diventato collettivo. Poiché il potere venne posto in uno spazio pubblico (agorà), le decisioni e le leggi si poterono imporre solamente per argumenta, nella misura in cui i cittadini li sentirono come convincenti. Se i greci avevano così inventato il "governo della legge", furono in realtà i romani a spingere fino alle sue estreme conseguenze l'elaborazione del diritto.
Ben presto, diventando il Cristianesimo la religione ufficiale dell'Impero romano si palesò il problema del rapporto fra autorità religiosa e secolare. Gelasio I, Papa del secolo V d.C., fece della separazione fra Stato e Chiesa una dottrina ortodossa, sostenendo che Dio ha concesso "due spade" al governo terreno: quella della Chiesa per governare le anime degli uomini e quella del potere imperiale per regolare gli affari temporali.
Se dunque il nostro diritto si basa sul pensiero razionale così come ci ha insegnato molti secoli fa la civiltà greca, la separazione fra il regnum e il sacerdotium (fondamento dello Stato laico) è stata sancita dalla stessa Chiesa. La separazione fra Stato e Chiesa ha così origini lontane.
Sulla laicità dello Stato, nel dibattito politico attuale, ci si interroga su diversi aspetti: se i non-laici (ovvero chi appartiene allo stato ecclesiastico) possano partecipare al dibattito pubblico relativamente alle questioni che più li riguardano, se i credenti possano partecipare alla formazione delle leggi e ricoprire importanti ruoli in seno alle istituzioni europee senza che la loro fede costituisca di per sè un ostacolo, se l'"etica biblica" possa influenzare il diritto in uno Stato laico.
L'insegnamento del Cristianesimo ha avuto sicuramente un ruolo fondamentale nell'affermazione dei diritti umani e della tutela della dignità della persona nelle carte costituzionali e nelle legislazioni dei vari Stati occidentali. La civiltà occidentale è sostanzialmente una sintesi fra Atene, Roma e Gerusalemme. Le due rivoluzioni inglesi, la Rivoluzione americana, la Rivoluzione francese del 1789-1792 hanno poi creato le istituzioni moderne democratiche e liberali dei paesi occidentali: la democrazia rappresentativa, la separazione dei poteri, i meccanismi di protezione dei diritti dell'uomo, la tolleranza religiosa, la libertà di stampa, la protezione della proprietà privata ecc. Queste sono le istituzioni che hanno conferito all'Occidente la capacità di avere successo e di mantenere una certa preminenza geopolitica nel resto del mondo. E i "giganti" dell'antichità classica greca e romana, insieme al cristianesimo, hanno costituito il fondamento per lo sviluppo delle nostre moderne istituzioni.
Oggi, dando per condivisa da tutte le parti in causa la separazione fra Stato e Chiesa, risulta di fondamentale importanza la dialettica fra laici e non-laici, e fra credenti e non-credenti. Come nell'antico spazio pubblico dell'agorà greca anche in questo inizio di secolo è necessario che emergano tutte le voci che possano contribuire a un positivo dibattito per far sì che uno Stato liberale si doti delle leggi più valide. Perché se come sostiene Roger Scruton il diritto è reso legittimo dal benestare di coloro che debbono obbedirvi, è auspicabile che tutti abbiano la possibilità di inserirsi nell'arena pubblica per portare in superficie le argomentazioni migliori.
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