martedì, febbraio 15, 2005

Antiamericanismo

- Angelo Panebianco sul Corriere della Sera (15/2/2005)

Non sappiamo se oggi ci saranno defezioni nel centrosinistra al momento del voto sul rifinanziamento della missione italiana in Iraq. Sappiamo però che la scelta di dire no alla prosecuzione di una missione che si svolge sotto mandato Onu e alla quale, dopo la svolta delle elezioni irachene, è impossibile attribuire altri scopi se non quello di un contributo al cammino di una nascente democrazia, prefigura, meglio di qualunque «programma», la probabile politica estera di un eventuale, futuro, governo di centrosinistra. Mentre i precedenti voti negativi del centrosinistra sulla missione in Iraq erano giustificabili alla luce della sua opposizione alla guerra, in questo voto negativo, per il momento in cui viene espresso, non si può ravvisare altra motivazione se non quella di un prezzo che i riformisti devono pagare all'antiamericanismo della componente massimalista dell'alleanza.
Tre sono le ragioni per le quali, se ci sarà un nuovo governo di centrosinistra, la sua politica estera sarà molto diversa da quella che il centrosinistra tenne nel quinquennio 1996-2001. In primo luogo, a Washington non c'è più il democratico Clinton, con cui il centrosinistra di allora riteneva di avere affinità, ma quel repubblicano Bush che le piazze pacifiste hanno accusato per mesi di essere una belva assetata di sangue e di petrolio. In secondo luogo, è cambiata la congiuntura internazionale. All'epoca «di pace», costellata solo di crisi locali, della presidenza Clinton è seguita, con l'11 settembre 2001, la fase di guerra a tutto campo (fra Occidente e islamismo radicale) in cui tuttora viviamo. In terzo luogo, è cambiato il ruolo di Rifondazione comunista. Nel 1996 Rifondazione appoggiava dall'esterno l'Ulivo. Se il centrosinistra vincerà, Rifondazione sarà invece parte integrante del governo.
Si dice che la presenza di Rifondazione nel governo di centrosinistra non procurerà più problemi alla sua futura politica estera di quelli che procura oggi la Lega al centrodestra. Non è forse la Lega in disaccordo con Berlusconi su questioni importanti (Costituzione europea, ingresso della Turchia nella Ue)? Questa tesi non coglie la vera natura del problema. Il centrodestra può tollerare la dissidenza leghista così come il centrosinistra potrà tollerare la dissidenza di Rifondazione, poniamo, sulla Costituzione europea. Il problema «intrattabile» è un altro: è rappresentato dalle questioni che, in qualche modo, mettono in gioco l'uso della forza in missioni all'estero. E' su queste questioni che il centrosinistra incontrerà grandi difficoltà a «gestire» Rifondazione. Con o senza copertura dell'Onu: come Bertinotti ha infatti già chiarito, se l'Onu non si oppone agli Stati Uniti, vuol dire che esso è «sotto ricatto».
Il fatto è che Rifondazione ha come referente quella frazione di opinione pubblica che considera l'uso della forza militare un vero e proprio «tabù». Pertanto, si opporrà sempre a missioni militari in teatri di guerra, quali che ne siano le finalità, anche a costo di chiedere la rottura della solidarietà fra l'Italia e le altre democrazie occidentali. Per giunta, Rifondazione è l'ultimo partito ideologico. Non può essere tacitato con posti di sottogoverno. E' un'altra la cosa che il centrosinistra gli dovrà concedere: l'antiamericanismo come elemento «di sfondo» della politica estera italiana. Senza il quale si sfalderebbe la constituency , la base elettorale e di partito, di Rifondazione.
Il voto di oggi dirà tutto ciò che c'è da sapere sul probabile futuro di tormenti e di umiliazioni che aspetta i riformisti del centrosinistra.