Editoriale dell'Elefantino a proposito del messaggio di Zarkawi
La democrazia di al Zarqawi
Il discorso del Decapitatore è il perfetto contrappunto di quello di Bush
Dice il Decapitatore che “i candidati per le elezioni chiedono di essere trattati come divinità e coloro che li eleggeranno li tratteranno come dei al posto di Allah”, dunque eletti ed elettori “riceveranno la stessa condanna di blasfemia e di deviatori dall’islam”. Il documento che pubblichiamo in prima pagina sotto il titolo “gli dei delle urne” mostra in modo inequivoco, con eccezionale vigore raddoppiato dal fragore delle autobomba, la natura radicale, profondissima, religiosa dello scontro in atto sulla democrazia e sulla libertà nel mondo... Il discorso contro la “più grande bugia dell’America”, tenuto il 22 gennaio da Abu Mussab al Zarqawi, il luogotenente di Osama bin Laden in Iraq, è il perfetto contrappunto dell’oratoria di George W. Bush, della tonalità religiosa che suffragava due giorni prima, davanti al Campidoglio di Washington, l’idea di una missione liberatrice degli Stati Uniti nel mondo. Leggere per credere. La paura del partito terrorista – e il discorso del Decapitatore è palesemente la risposta strategica all’inaugurazione del secondo mandato del presidente americano – è che gli americani si “intrufolino nelle menti di molte persone con la bugia della democrazia civile” per “ingannare i cuori degli iracheni e del mondo”. Il Decapitatore capisce la democrazia e la sua clamorosa e irreversibile carica modernizzatrice molto meglio di quanto non riescano a capirla i suoi critici d’occidente. Al Zarqawi definisce alla perfezione il sistema incentrato sulla sovranità popolare, sulla libertà di pensiero e di culto religioso, sulla libertà di parola, sul governo della maggioranza, sulla separazione tra stato e chiesa, e per essere un bandito sembra un bandito che abbia letto Rousseau e Montesquieu. E che abbia perfino sfogliato Max Weber, coniatore della formula del “politeismo dei valori”, visto l’accenno ai candidati dei diversi partiti “trattati come divinità”. La democrazia, “questo moderno progetto ad opera degli uomini” (nelle parole colte del bandito), consacra la persona e i suoi diritti, “tutto il resto non ha né sacralità né valore né peso, anche se si tratta di una religione che arriva dal Signore dei Mondi”. Per noi forse no, per noi il carattere religioso della democrazia è un eccesso conservatore, ma è chiaro che per i capi del partito del terrore la democrazia è un’eresia religiosa, un nemico religioso. La democrazia come programma politico non ha valore e merita disprezzo per lo storico Eric Hobsbawm, per lo scrittore Norman Mailer, per le frotte di intellettuali che considerano le elezioni in medio oriente o in Afghanistan una “fiction”. Però ci conforta il disprezzo timorato e simmetrico del Decapitatore, la sua paura trasparente che questa “trappola ipocrita” possa camminare sulle gambe di milioni di iracheni, magari faticosamente, ma a cominciare da domenica prossima.
Il discorso del Decapitatore è il perfetto contrappunto di quello di Bush
Dice il Decapitatore che “i candidati per le elezioni chiedono di essere trattati come divinità e coloro che li eleggeranno li tratteranno come dei al posto di Allah”, dunque eletti ed elettori “riceveranno la stessa condanna di blasfemia e di deviatori dall’islam”. Il documento che pubblichiamo in prima pagina sotto il titolo “gli dei delle urne” mostra in modo inequivoco, con eccezionale vigore raddoppiato dal fragore delle autobomba, la natura radicale, profondissima, religiosa dello scontro in atto sulla democrazia e sulla libertà nel mondo... Il discorso contro la “più grande bugia dell’America”, tenuto il 22 gennaio da Abu Mussab al Zarqawi, il luogotenente di Osama bin Laden in Iraq, è il perfetto contrappunto dell’oratoria di George W. Bush, della tonalità religiosa che suffragava due giorni prima, davanti al Campidoglio di Washington, l’idea di una missione liberatrice degli Stati Uniti nel mondo. Leggere per credere. La paura del partito terrorista – e il discorso del Decapitatore è palesemente la risposta strategica all’inaugurazione del secondo mandato del presidente americano – è che gli americani si “intrufolino nelle menti di molte persone con la bugia della democrazia civile” per “ingannare i cuori degli iracheni e del mondo”. Il Decapitatore capisce la democrazia e la sua clamorosa e irreversibile carica modernizzatrice molto meglio di quanto non riescano a capirla i suoi critici d’occidente. Al Zarqawi definisce alla perfezione il sistema incentrato sulla sovranità popolare, sulla libertà di pensiero e di culto religioso, sulla libertà di parola, sul governo della maggioranza, sulla separazione tra stato e chiesa, e per essere un bandito sembra un bandito che abbia letto Rousseau e Montesquieu. E che abbia perfino sfogliato Max Weber, coniatore della formula del “politeismo dei valori”, visto l’accenno ai candidati dei diversi partiti “trattati come divinità”. La democrazia, “questo moderno progetto ad opera degli uomini” (nelle parole colte del bandito), consacra la persona e i suoi diritti, “tutto il resto non ha né sacralità né valore né peso, anche se si tratta di una religione che arriva dal Signore dei Mondi”. Per noi forse no, per noi il carattere religioso della democrazia è un eccesso conservatore, ma è chiaro che per i capi del partito del terrore la democrazia è un’eresia religiosa, un nemico religioso. La democrazia come programma politico non ha valore e merita disprezzo per lo storico Eric Hobsbawm, per lo scrittore Norman Mailer, per le frotte di intellettuali che considerano le elezioni in medio oriente o in Afghanistan una “fiction”. Però ci conforta il disprezzo timorato e simmetrico del Decapitatore, la sua paura trasparente che questa “trappola ipocrita” possa camminare sulle gambe di milioni di iracheni, magari faticosamente, ma a cominciare da domenica prossima.
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