sabato, gennaio 15, 2005

William Safire va in pensione

In pensione Safire, falco del giornalismo Usa

- dal Corriere della Sera del 14/1/2005, di Massimo Gaggi


DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK - «Chiamatemi pure uno sciovinista unilateralista, ma io credo che i sacrifici umani ed economici fatti dall' America per far avanzare la libertà nel mondo dimostrano che il nostro carattere nazionale, politico e personale è il migliore ed è sempre più forte... E la nostra superiorità morale sarà sempre più apprezzata man mano che una versione islamica del sistema democratico metterà radici in quella parte del mondo. E' questa forza del nostro carattere nazionale, più della leadership politica o della superiorità militare, che garantisce il successo dell' America anche per il futuro e fa splendere la torcia della libertà». Abrasivo «columnist» conservatore del giornale «liberal» per eccellenza, il New York Times, a 75 anni William Safire pubblica in questi giorni i suoi ultimi articoli: un testamento politico scritto nel solito stile provocatorio e senza chiaroscuri. A partire dal giudizio sprezzante (anche se implicito) sul ruolo internazionale dell' Europa. Implacabile negli attacchi alla presidenza di Bill Clinton (che gli promise un pugno sul naso per aver definito la moglie, Hillary, «una mentitrice innata»), repubblicano e grande supporter di Bush, al quale non ha però risparmiato accuse durissime come quella di aver violato i diritti civili dopo l' attacco terroristico dell' 11 settembre, Safire è divenuto un' icona - la penna più influente della destra americana secondo Alex Jones, direttore dell' Harvard Center for the Press - non per la saggezza dei suoi giudizi, ma per la durezza delle sue staffilate e la sua imprevedibilità. I (molti) avversari lo accusano di aver formulato spesso accuse rivelatesi infondate e di aver riconosciuto molto di rado i suoi errori. Un suo pezzo può farti infuriare, mentre di un altro articolo puoi condividere ogni singola parola: una doccia scozzese di giudizi taglienti, spesso esagerati, ma nitidi, quasi mai banali, che ha legato per oltre trent' anni i lettori progressisti e aperti all' Europa del Times a un giornalista che si è sempre definito un «falco» in politica estera, un uomo di destra sulle questioni che riguardano l' America e Israele (per anni ha parlato quasi quotidianamente con Sharon,m al quale è legato da un' amicizia profonda). Nel gioco di specchi coi lettori Safire ha definito le sue colonne bisettimanali nella pagina degli editoriali come il lavoro di un Mr Hyde, essendo Dr Jekyll l' estensore della rubrica sul linguaggio che compare ogni domenica sul magazine del quotidiano newyorkese, l' altro appuntamento settimanale del giornalista. Due mesi fa Safire ha annunciato che Mr Hyde va in pensione: l' ultimo commento comparirà sul Times tra dieci giorni, il 24 gennaio. Poi (a quanto pare) rimarranno solo le pacate riflessioni linguistiche, l' analisi dei neologismi. Nulla di strano, sono numerosi i «grandi vecchi» del giornalismo americano che hanno deciso di lasciare il palcoscenico proprio in questi mesi, a partire dagli anchormen di Nbc e Cbs Tom Brokaw e Dan Rather. Ma è difficile immaginare il silenzio di una penna ancora battagliera, del gladiatore assunto nel 1973 dall' editore, Arthur Sulzberger, contro la volontà della redazione per portare una autorevole voce conservatrice nella pagina degli «op-ed». Safire, che allora scriveva i discorsi di Richard Nixon alla Casa Bianca, fu a lungo boicottato dai giornalisti del quotidiano che probabilmente non avevano digerito la definizione della categoria («nababbi che amano crogiolarsi nel pessimismo e non riescono mai a stare zitti») da lui inserita in un discorso scritto per il vice di Nixon, Spiro Agnew. Da allora molte cose sono cambiate: dopo un avvio stentato, Safire ha trovato la sua formula, un giornalismo di analisi ma partendo da una notizia, da un' indiscrezione, col telefono strumento di lavoro importante quasi quanto la penna. Ha vinto un premio Pulitzer, ha pubblicato un dizionario della politica, un romanzo su Lincoln, una spy story. Ha testimoniato per anni la sua fedeltà alla memoria di Nixon inventando una serie di interviste al fantasma del presidente scomparso. L' ultima sei mesi fa: Nixon prevedeva che Kerry avrebbe trionfato nei confronti televisivi con Bush ma che quest' ultimo avrebbe vinto le elezioni con un paio di punti di scarto grazie alla sua personalità, alla capacità di convincere gli americani. E ora nei suoi editoriali-testamento, oltre a sferzare gli alleati europei, Safire si diverte a disegnare una nuova mappa politica per l' America: «I repubblicani si divideranno nel giro di un paio d' anni come sempre accade in America quando una maggioranza è troppo ampia: i neoconservatori idealisti saranno messi in crisi dai paleoconservatori pragmatici che guideranno il partito alla sconfitta. Cominciassi oggi a fare politica sarei democratico: un partito dove oggi c' è tanto spazio, sei personaggi, sconsolati, in cerca d' autore». Massimo Gaggi

2 Comments:

Anonymous Anonimo said...

leggere l'intero blog, pretty good

9:06 AM  
Anonymous Anonimo said...

good start

9:07 AM  

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