giovedì, gennaio 13, 2005

Referendum sì!

I radicali e la fecondazione assistita
REFERENDUM SI’ POI NUOVA LEGGE

- dal Corriere della Sera di oggi (13/1/2005) di PIERO OSTELLINO

Il ricorso del governo alla Corte costituzionale contro i referendum abrogativi della legge sulla fecondazione assistita riflette probabilmente la preoccupazione che il Paese si spacchi su una questione così ricca di implicazioni etiche e religiose. In realtà, il quesito che potrebbe minacciare di provocare la spaccatura non è quello strettamente referendario («sì» o «no» all’abrogazione della legge), ma un altro e di ben più pregnante importanza: se, in un sistema di democrazia liberale, sia legittimo approvare (o respingere) una legge destinata a valere per tutti sulla base unicamente di ragioni religiose valide solo per una parte. Che i referendum si tengano regolarmente è auspicabile. Altrettanto auspicabile è che il Parlamento, qualora la legge fosse abrogata del tutto o in parte, provveda rapidamente all’approvazione di una nuova normativa che disciplini meglio la materia. Più auspicabile ancora è che i referendum, e le polemiche che li accompagnano, non si traducano in una occasione per alzare nuovi e anacronistici «steccati» fra cattolici e laici nel nostro Paese. Coloro i quali, come i radicali, associano al concetto di cittadinanza una qualche forma di obbligazione sociale ritengono sia moralmente illegittimo approvare (o respingere), unicamente con motivazioni religiose, una legge che vada a detrimento della libertà di scelta di altri cittadini. Sarebbe difficile, dal punto di vista liberale, dar loro torto. D’altra parte, questa sorta di laicismo estremizzato di matrice giacobina finisce con sottovalutare due principi che sono, a loro volta, a fondamento dello stesso liberalismo e dello Stato democratico. E che, sempre dal punto di vista liberale, sarebbe altrettanto difficile fingere di ignorare. Primo: l’individualismo come presidio della soggettiva libertà di coscienza. Che, se deve valere per tutti, non si vede perché mai non dovrebbe valere anche per i credenti. I quali non sono né una categoria storica, né sociologica, né, tanto meno, politica, bensì sono una pluralistica «federazione» di individui ciascuno dei quali vive la propria fede e la propria condizione di cittadino come detta la propria coscienza. Secondo: l’individualismo come presidio dell’autonoma libertà di scelta rispetto al carattere oggettivo e «necessario» delle scelte umane teorizzato dalle dottrine deterministe, storiche e culturali; scelte che sarebbero sempre prevedibili solo che si conoscessero le influenze esterne che agiscono sulla mente degli uomini. Vale forse la pena di sottolineare, al riguardo, quanto cristianesimo e liberalismo si incontrino qui felicemente. «I metafisici religiosi che hanno asserito l’esistenza del libero arbitrio - ha scritto John Stuart Mill ( «La logica delle scienze morali» , in Economia e scienze sociali ) - hanno sempre sostenuto che esso è compatibile con la prescienza, da parte di Dio, delle nostre azioni: e se è compatibile con la prescienza divina, allora sarà compatibile con qualsiasi altra prescienza». I referendum sono sempre un momento «alto» di confronto democratico, ma anche e inevitabilmente di «logica binaria» (sì/no). È, dunque, successivamente, sul terreno pragmatico, che il Parlamento deve dimostrare di saper trovare la soluzione che meglio rifletta l’interesse generale. Poiché dovere delle forze politiche è rispettare tutti i propri cittadini, esse dovrebbero approvare, in circostanze come questa, solo leggi dotate di un principio di razionalità pubblicamente giustificabile agli occhi di ogni membro della collettività. postellino@corriere.it