mercoledì, gennaio 12, 2005

Nel suo nuovo bestseller Michael Crichton se la prende con gli ecologisti


Crichton «Il mio bestseller contro le bugie della tribù ecologista»

- dal Corriere della Sera del 9/1/2005, di Farkas Alessandra

Fu bollato come «retrogrado» e «scienziato-fobico» quando, per primo, analizzò il rischio di manipolare il Dna per la clonazione in Jurassic Park. Dopo Rivelazioni, la storia di un uomo sessualmente molestato dalla sua capufficio donna, venne tacciato di sessismo. Per Sol Levante, sui rapporti tra Usa e Giappone, si meritò addirittura l' accusa di razzista, mentre il suo E.R., all' inizio, fu marchiato dall' etichetta di truculento e autoindulgente. Eppure nessuno dei molti suoi libri di successo, prima d' oggi, aveva fatto arrabbiare tanta gente e in maniera così feroce quanto State of Fear. L' ultimo, provocatorio techno-thriller di Michael Crichton, dove un gruppo di ecoterroristi senza scrupoli fabbrica terremoti, slavine e tsunami artificiali, poco prima dell' annuale conferenza stampa, per allertare, o meglio terrorizzare il mondo sui rischi (inesistenti) dell' effetto serra. Nel libro il global warming (riscaldamento globale) altro non è che una perfida invenzione di scienziati in malafede, a caccia di soldi e riflettori, in combutta con giornalisti troppo liberal e star hollywoodiane narcisiste e incoerenti. L' altissimo quoziente di controversia insito in una tematica tanto politically incorrect stava quasi per dissuadere l' autore dallo scrivere il suo nuovo libro, già bestseller negli Stati Uniti. Un gigante tranquillo. «Ho 62 anni, una vita tranquilla e un lavoro che mi piace - spiega Crichton dall' alto dei suoi due metri e 5 di statura - ma chi me lo fa fare di mettermi tutto il mondo contro? mi sono chiesto». Alla fine hanno prevalso la curiosità e l' amore incondizionato per la scienza che lo scrittore coltiva da quando, bambino a Long Island, passava il tempo tra Mark Twain, Alfred Hitchcock e la valigetta del piccolo chimico. Più tardi approderà ad Harvard, dove si è laureato in antropologia e ha conseguito il dottorato in medicina presso l' esclusiva Harvard Medical School. Il resto è storia. «Questo libro è il frutto di ben tre anni di studio e meticolose ricerche scientifiche - tiene a precisare Crichton -. Non mi sono servito di alcun consulente, perché la scienza del clima è molto politica e non volevo essere influenzato in una direzione o nell' altra. Alla fine ho tratto le mie conclusioni». Qualche esempio? «La correlazione tra inquinamento ed effetto serra non è mai stata dimostrata, così come nessuno può predire con esattezza quali temperature avremo tra 100 anni - replica Crichton -. Ben due terzi dell' aumento nello stato termico della crosta terrestre è avvenuto prima della rivoluzione industriale. E quindi non è affatto causato dalle emissioni umane». Guai, poi, a confondere anidride carbonica e inquinamento: «Se l' anidride carbonica è inquinamento, allora anche l' ossigeno lo è». Che dire di Kyoto? «Una follia inutile, uno spreco assurdo di trilioni di dollari che sarebbero meglio spesi per dissetare il miliardo di abitanti della Terra senza acqua potabile. Di cui ventimila muoiono ogni anno». E lo tsunami artificiale descritto nel suo libro con macabro sincronismo rispetto alla tragedia asiatica? «Un' ipotesi per nulla inverosimile», dice Crichton. Gli uccelli del malaugurio. La lista delle provocazioni è molto lunga. Tra ambientalisti europei e americani, ad esempio, «non c' è alcuna differenza», perché «seguono entrambi la stessa religione superstiziosa e a-scientifica e gli stessi dogmi prestabiliti». I loro complici, ingenuotti e insieme consapevoli, sono i mass media. «Il giornalista è come uno strillone che scende tutti i giorni per strada con un cartello con scritto: "La fine del mondo è vicina". L' uccello del malaugurio sceglie anche la data precisa dell' Apocalisse e quando non arriva, torna a casa, fa un altro cartello con una nuova data e ricomincia daccapo. Ecco cosa sono i media oggi». Ma i veri «cattivi» vivono tra Malibu e quella che lo scrittore, che l' ha scelta come sua dimora fissa, ha ribattezzato «Repubblica popolare di Santa Monica» a causa delle sue leggi radical-ambientaliste. «Parlo di gente che morirebbe per salvare un albero e poi va in giro con jet privati che consumano tonnellate di carburante - racconta - individui stupidi che non seguono informazioni scientifiche, ma solo atteggiamenti e mode. Bravissimi a leggere le bugie scritte da altri e a spacciarle come Vangelo alla massa». In questa Hollywood, Crichton sa di essere considerato un eretico. «Non credo proprio che qualcuno dei miei colleghi ultra liberal voglia trasformare in film la mia ultima fatica», racconta. In realtà State of Fear è già sopra il vassoio d' argento del magnate ultraconservatore dei media Rupert Murdoch. Il cui impero News Corp è proprietario della HarperCollins (la casa editrice di Crichton), oltre che della 20th Century Fox, che ha prodotto The Day After Tomorrow, definito dai media «l' alter-ego liberal di State of Fear», ma egualmente redditizio al botteghino. Ciniche speculazioni. Può uno come lui ignorare una «parentela» del genere? E che dire delle accuse piombategli addosso da ecologisti, accademici, media, avvocati, politici, celebrità e gente della strada, secondo i quali Michael Crichton starebbe semplicemente offrendo all' amministrazione di destra di George Bush, «un cinico lasciapassare dopo lo storico strappo dal protocollo di Kyoto»? Non c' è gruppo o scienziato di rilievo che non abbia già confutato con forza le sue tesi. Il New York Times ha chiesto ai massimi esperti statunitensi di clima di leggere e commentare State of Fear. Il verdetto, pressoché unanime: Crichton commette lo stesso crimine che imputa agli ambientalisti malvagi del suo libro. Ignora o distorce i fatti scientifici per farli calzare alle sue tesi prestabilite. «Più che un libro, è uno scurrile compendio di calunnie diffamatorie - tuona David Hawkins, direttore del programma climatico del Natural Resources Defense Council, l' agguerrito gruppo di ambientalisti di Washington preso ferocemente di mira in State of Fear -. Le citazioni isolate e molto selettive fatte dall' autore finiscono purtroppo per conferire un' immeritata aura di autorità alle sue strampalate tesi». Feroce anche il giudizio del professor James E. Hansen, direttore del Goddard Institute for Space Studies della Nasa, le cui decisive e influenti tesi sui cambiamenti climatici fatte nel 1988 vengono definite «al 300 per cento sbagliate» dal protagonista del libro, il dottor John Kenner. «Crichton ha preso una delle proiezioni della scienza climatica più condivise e sicure - afferma Hansen - e l' ha demolita senza fornire alcuna prova». Ma neppure la marea di lettere di protesta inviate ai giornali e alle tv da gruppi quali The Union of Concerned Scientists è riuscita a fermare la crociata anti-ecologista e anti-allarmista di Crichton. Che dice di voler solo «offrire speranza alla gente, perché la situazione non è affatto drammatica come ci vogliono dare a bere». «Un autore del suo calibro può permettersi di ignorare i critici», spiega John Stossel, mezzobusto della ABC. Che ricorda: «I suoi 13 libri, 100 milioni di copie vendute in 30 paesi, e 12 film hanno incassato più di 4 miliardi di dollari». Privacy minacciata. La fama internazionale di Crichton è tale che una nuova specie di dinosauro scoperta nel 2003 porta il suo nome: Crichtonsaurus bohlini. Ma i trionfi della vita pubblica per quest' uomo bello come un attore (è finito nell' hit parade delle «50 persone più attraenti del pianeta» del settimanale People) non sono sempre coincisi con le gioie della privacy. L' anno scorso Crichton ha divorziato dalla sua quarta moglie, l' attrice-sceneggiatrice Anne-Marie Martin, che l' ha lasciato lamentandosi perché «è talmente assorbito dal proprio lavoro da risultare lontano». La sua nuova fiamma è la quarantenne Sherri Alexander, direttore di un settimanale, conosciuta tre anni fa durante un rendez-vous alla cieca combinato da amici comuni. Ma il grande amore della sua vita, adesso, è Taylor, la figlia avuta 16 anni fa da Anne-Marie Martin. «Quando è nata avevo 46 anni e fu allora che decisi di fare lo scrittore invece che il regista - racconta Crichton -. Volevo vederla camminare gattoni e cambiarle i pannolini. Sapevo che girando il mondo tra un set e l' altro non sarebbe stato possibile. Adesso che lei è grande forse farò più cinema». Nel 2002, quando Taylor aveva 13 anni, dei ladri armati e incappucciati fecero irruzione nel suo modesto bungalow sulla spiaggia di Santa Monica. Consapevoli, nonostante i sforzi di Crichton per serbare l' anonimato, della sua identità ed immensa fortuna. «Ci legarono e imbavagliarono, portando via orologi e altri oggetti semipreziosi - racconta lo scrittore -. In quel momento preciso realizzai che dobbiamo essere più duri coi cattivi. Che siano ladri qualunque, Saddam Hussein o i terroristi di Al Qaeda». Per il futuro suo e di Taylor, Crichton è ottimista. «Penso che i nostri nipoti ci detesteranno solo se oggi continuiamo a sprecare trilioni di dollari in problemi inesistenti come l' effetto serra e la crisi energetica - spiega -. È dal lontano 1860 che noi americani ci sentiamo ripetere la profezia secondo la quale il carburante per automezzi starebbe per finire». Sospetti politici. La sua filosofia è ammirata solo negli stati americani del sud che hanno votato per il repubblicano George W. Bush, nemico numero uno degli ambientalisti? «Può darsi. Per quanto mi riguarda è da tanto che non provo alcun entusiasmo per un inquilino della Casa Bianca». Alla fine del suo libro Chrichton afferma che «i verdi hanno provocato altrettanti danni dei grandi inquinatori». Come dire che Greenpeace e le multinazionali dietro ai disastri di Bophal e Chernobyl si equivalgono. Il vero pericolo. Eppure l' autore insiste: «Sono motivato da sincero amore per l' ambiente» e aggiunge di sentirsi «un ambientalista, al cento per cento». Il suo genio, unico e raro, è sempre stato quello di prendere un tema scientifico, serio e complesso, intessendogli attorno una favola dinamica e mozzafiato, capace di attrarre il grande pubblico. «Ma il vero pericolo del suo ultimo libro - scrive un critico - è che gente malintenzionata utilizzi le sue tesi come il nuovo manifesto che li autorizzi a inquinare. Ignorando i pericoli a breve e a lungo termine che ciò comporta». Alessandra Farkas