giovedì, luglio 28, 2005

I moralizzatori

Il mercato deve essere moralizzato. Ultimamente sostengo battaglie da novello Don Chisciotte, l'unica differenza sta nel domicilio: per l' "eroe" di Cervantes era La Mancia, per me l'Emilia-Romagna. Mi capita di dovere sostenere discussioni sulla quantità di Stato che deve guidare la vita dei cittadini e sui meccanismi "perversi" (secondo loro, ovvero i miei interlocutori) del libero mercato. Come premessa va ricordato che questi meccanismi "perversi" hanno portato l'Occidente ad avere un livello di benessere ineguagliato. Sfido qualunque accusatore del capitalismo a sostenere che in Africa o in Asia si viva meglio che nell'Europa centro-occidentale o negli Stati Uniti. Perchè i fenomeni migratori vanno solamente in una direzione? Forse perchè le persone cercano di spostarsi da zone povere verso zone ricche? Forse perchè le persone cercano migliori condizioni di vita? E il capitalismo ha creato benessere e prosperità. Detto questo si può passare oltre. Il libero mercato non persegue fini morali. Il libero mercato si basa sulla ricerca del profitto e del guadagno, secondariamente può anche essere guidato, in taluni casi, da principi che potremmo definire morali. Il codice etico che tante aziende si stanno dando va proprio in questa direzione (e sarà come sempre il consumatore o il beneficiario del servizio a scegliere come discriminante per il suo comportamento il prezzo o l' "eticità" che sta dietro al prodotto, magari pagandolo anche un po' di più). Ma saremmo ipocriti se non dicessimo che l'azienda opera per creare profitto (ovviamente rispettando le regole, una per tutte il diritto di proprietà). Storicamente la maggior parte dei correttivi adottati per rendere più "giusto" il mercato si sono rivelati inefficaci, nel senso che hanno voluto distorcere un processo che si autoregola. Tentativi di rendere il capitalismo moralmente accettabile hanno creato la negazione del libero mercato: ad esempio il collettivismo e il dirigismo statale nelle società comuniste. Il principio che mosse Marx nella elaborazione della sua dottrina fu proprio un principio etico: lo sfruttamento inaccettabile del lavoro del salariato per creare il profitto di cui è beneficiario il padrone. E anche oggi chi accusa il proprio datore di lavoro accampa un diritto morale a non essere sottopagato (ma non sarà che ognuno persegue il proprio interesse e dunque ognuno prova a tirare acqua al suo mulino?), no!, è una questione morale! Ognuno dovrebbe essere pagato per il proprio lavoro, certo. Però è il mercato a stabilire la sua retribuzione. Un lavoro altamente qualificato, per il quale pochi hanno le conoscenze per svolgerlo, sarà retribuito maggiormento rispetto ad un lavoro che richiede poca professionalità. Si tira spesso in ballo i praticanti negli studi dei liberi professionisti (architetti, avvocati, ecc) il più delle volte non retribuiti per le prestazioni offerte. In questo caso però occore demarcare bene quella linea che separa il vantaggio ottenuto dal praticante nell'apprendere una professione, dal vantaggio ottenuto dal datore di lavoro per l'aiuto offerto dal praticante. E se, dopo un periodo di prova, il praticante si dimostra particolarmente dotato è nell'interesse del libero professionista tenerselo ben stretto accordandogli uno stipendio adeguato. In questo caso è il merito ad essere premiato. Accampare questioni morali diventa rischioso perchè esse stesse sottoposte alla sensibilità del singolo individuo: per te è immorale che un praticante non venga pagato mentre per me lo è; per te è immorale che lo Stato non ridistribuisca le ricchezze a favore dei più poveri mentre per me è immorale che lo Stato scelga al posto mio cosa fare dei miei soldi; per me può essere immorale il comportamento di chi accumula notevoli quantità di denaro attraverso cospicue rendite (ad esempio gli immobiliaristi) senza re-investirle in attività produttive che darebbero nuovi posti di lavoro (e quindi nuove prospettive di guagno a chi, magari, è senza lavoro) mentre per te non lo è. In secondo luogo, le cosiddette questioni morali, rischiano di alterare quell'ordine spontaneo creato dal libero mercato, a tutto svantaggio dei cittadini.

lunedì, luglio 25, 2005

Se vince Prodi lascio l'Italia!

Ma non era stato Pannella a minacciare di andarsene all'estero in caso di vittoria de l'Unione? E ora, che fa? Si allea con lo SDI (e magari anche con il Nuovo PSI) all'interno della coalizione unionista? E come ai tempi di richiesta d'ospitalità per le Regionali, c'è già Mastella pronto a dichiarare: o noi o loro! Nulla di nuovo, se non che i radicali sembrano avere deciso da che parte schierarsi (alleati permettendo). Un partito "liberale, liberista e libertario" che si allea con un partito socialista all'interno di una coalizione zeppa di rifondatori del comunismo. Qualcosa non torna. Ovvio che in un sistema bipolare ogni alleanza è foriera di contraddizioni, ma in questo caso le contraddizioni mi sembrano troppe. Probabilmente i Radicali danno più importanza ai diritti civili, rincuorati dall'esperienza zapateriana sperano di portare una ventata di laicismo nelle istituzioni e nella vita degli individui. Ma l'emergenza, al momento, non riguarda i diritti civili. Per rimanere dentro i confini italiani, la situzione economica preoccupa più delle altre: i conti pubblici sono in rosso, le aziende italiane non sanno fronteggiare la concorrenza e siamo in piena recessione. Alcuni analisti, estremizzando, dicono che potremmo trovarci nelle stesse condizioni dell'Argentina. E non si riferiscono all'Argentina immortalata dai film di Marco Bechis (quella delle torture e dei desaparecidos, dei governi militari e della mancanza di libertà civili) ma si riferiscono all'Argentina dello sfascio economico. Come potremo uscire da questa situazione: con una forte tassazione e nazionalizzando le imprese?

venerdì, luglio 22, 2005

Ma quale tolleranza!?!

Consueto appuntamento mattutino con Omnibus (edizione estiva, con l'ottimo Piroso sostituito alla conduzione da Rula Jebreal), compagnia dalla durata variabile.... il tempo di fare colazione. 5/10 minuti bastano però per sentire ottimi e/o pessimi interventi dagli ospiti in studio. La puntata di questa mattina era, ovviamente, incentrata sugli attacchi terroristici di ieri a Londra. La giornalista e scrittrice Farian Sabahi (la quale ha studiato a Londra e Bologna, e insegna al master sull'immigrazione della Scuola di Direzione Aziendale dell'Università Bocconi di Milano; ed inoltre ha scritto una Storia dell'Iran pubblicata da Bruno Mondadori) ha portato la sua esperienza multietnica a Londra. Dal 1995 al 1999 ha vissuto a stretto contatto con studenti e lavoratori arabi in una cornice, a suo dire, favolosa e segnata da una grande tolleranza. Ha ricordato le magnifiche serate trascorse a preparare cibi "etnici" insieme a iracheni, sudanesi, ecc... sempre all'insegna di una magnifica tolleranza. Poi ha detto che l'iracheno che viveva nella sua stessa palazzina era molto religioso e pregava sino a 5 volte al giorno (ed era riuscito a farsi esentare dal lavoro il venerdì). Lo stesso tollerante iracheno ha poi preso per moglie una ragazza danese, la quale, secondo la tollerante legge islamica, ha dovuto convertirsi all'islam e cominciare a portare il velo. Questo a dimostrazione della tipica tolleranza musulmana! Purtroppo, terminato l'intervento della Sabahi, ho dovuto spegnere la Tv per recarmi al lavoro. Spero che qualcuno, magari Parsi, abbiano segnalato alla giornalista come regole che impongano la conversione forzata non siano da considerarsi esempio di tolleranza.

mercoledì, luglio 20, 2005

Nasce il Movimento libertario

Il Federalista ha aderito all'iniziativa e il 24 settembre sarà presente alla Convention libertaria di Treviglio (BG). Questo il programma (quasi definitivo):
MATTINO: 9.30 – BENVENUTO; 10.00 – TESI E PROPOSTA di Leonardo Facco; 10.30 – IL MANIFESTO LIBERTARIO di Marcello Mazzilli; 11.00 – INTERVENTI:Carlo Lottieri (Istituto Bruno Leoni)*; Corrado Sforza Fogliani (Confedilizia)* Giorgio Fidenato (Futuragra)*; Vincenzo Donvito (Aduc)- ore 12.00 – Ospiti politici invitati al convegno**: Pagliarini (Lega nord); Dellavedova (Radicali); Panto (Progetto Nord-Est); Giacomo Stucchi (Lega Nord); 13.00 PRANZO - POMERIGGIO: 14.30 – LE PROPOSTE: Giuseppe Quarto (Club L'imprenditore)*; Gian Turci (Forcesitaly)*; Patrik Riondato (Raixe Venete)*; Gilberto Oneto (Libera Compagnia Padana)**; 15.30 –DISCUSSIONE PROPOSTE: Interventi prenotati (6 minuti cadauno); 17.30 – CONCLUSIONI di Leonardo Facco Chi volesse intervenire deve prenotare previamente il suo intervendo, inviando una mail all’organizzazione oppure prenotandosi nella mattinata del 24 settembre. I tempi saranno tassativamente rispettati. NOTE: * Confermati ** Contattati (in attesa di conferma) *** Il programma è suscettibili di qualche variazione in corso d’opera PER COMUNICAZIONI ED INFORMAZIONI: Leofacco@tin.it

sabato, luglio 09, 2005

I conquistatori

L'analisi più usata e abusata sui fatti tragici di Londra è, in sintesi, questa: avete visto? la guerra in Iraq ha portato il terrorismo nel cuore dell'Europa, prima a Madrid ora a Londra e domani chissà!? Credo non serva esplicitare da quali aree politiche giungano queste affermazioni e fare sempre e solo il nome di Lilli Gruber a rappresentare il mondo sinistro-pacificista è ormai divenuto troppo semplice. Comunque sulla guerra in Iraq come causa scatenante del terrorismo islamico ci sarebbero tante cose da dire, mi accontento di dirne due: 1) che gli attacchi dell'11 settembre a New York non possono essere in correlazione con il cambio di regime iracheno per evidenti ragioni cronologiche. L'attentato segnò la dichiarazione di guerra di Al Qaeda. Fu la causa che scatenò le risposte militari in Afghanistan e in Iraq. 2) come sostiene giustamente Paul Berman (intervistato da Christian Rocca) nelle rivendicazioni degli attentati non è solo l'Iraq ad essere chiamato in causa dai terroristi, ma anche l'Afghanistan. Pertanto i nostri benpensanti pacifisti dovrebbero sostenere che anche la guerra in Afghanistan avrebbe alimentato il terrorismo... ora, lasciando perdere gli irrecuperabili, ci sono persone con un minimo di intelligenza che possono pensare che l'attacco al regime talebano fosse sbagliato? Detto questo c'è un'altra intervista comparsa ieri sui quotidiani italiani che esplicita bene il problema. Per chi considera gli Stati Uniti e l'Occidente come la causa dei propri mali ("se la sono cercata") e non come vittime di una guerra globale scatenata dall'islam radicale consiglio la lettura delle dichiarazioni del leader di Hamas, intervistato da Lorenzo Cremonesi. Per al-Zahar le armi americane o israeliane potranno fare ben poco perchè alla fine sarà l'islam a trionfare. La loro religione, la loro cultura, secondo il leader di Hamas, è destinata ad avere il sopravvento in pochi decenni sull'Occidente. E' evidente lo spirito di conquista, di sopraffazione, la volontà di convertire gli infedeli ed espandere il proprio credo nel mondo. La parola di Allah dovrà regnare sulla terra. E, ovviamente, "Israele sparirà dalla faccia della terra"!

giovedì, luglio 07, 2005

Sveglia!

E così sono riusciti a colpire anche nel cuore di Londra. A fare di nuovo morti e feriti. I soliti kamikaze e il solito bagno di sangue. Mentre noi continuamo a guardarci l'ombelico e parliamo di partiti unici, di alleanze, di leadership e di beghe interne. Mentre i nostri politici contuinuano a farsi i dispetti l'uno con l'altro. Mentre le verifiche di governo seguono altre verifiche di governo. Il mondo va avanti. E i terroristi colpiscono nel luogo che, in linea di massima, dovrebbe essere il più protetto: la metropolitana di Londra. Come possiamo sentirci sicuri? Se i nostri governanti dimenticano che c'è un fondamentalismo islamico sanguinario e se i luoghi in cui più alte e scrupolose dovrebbero essere le misure di controllo, come possiamo stare tranquilli? Dopo Stati Uniti, Spagna e Inghilterra ora sarà il turno dell'Italia? Non bisogna creare allarmismi e isterismi ma la sensazione è quella di un paese che a tutto pensa tranne che a garantire la sicurezza dei cittadini. Il pericolo è alto e dobbiamo essere pronti a fronteggiarlo. Che vengano messi da parte tutti i personalismi e le dispute interne ai partiti e alle coalizioni e si pensi al nemico che dobbiamo sconfiggere. Coraggio!

venerdì, luglio 01, 2005

“Letture per l’estate”. I consigli di lettura del critico letterario Filippo La Porta

Se qualcuno fosse in cerca di un buon libro da leggere durante l'estate, ecco una bella lista che farà al caso suo. Lunedì l'ottimo Filippo La Porta, critico letterario che da poco collabora anche sulle pagine culturali del Corriere della Sera, ha tenuto in quel di Reggiolo un interessante incontro in cui ha consigliato alcune letture. Di seguito le sue proposte:
NARRATIVA

Vitaliano Trevisan, Shorts (Einaudi, pp. 126)
Alberto Savinio, Scritti dispersi, 1943-1952 (Adelphi, pp. 1900)
Valerio Evangelisti, Il corpo e il sangue di Eymerich (Mondadori, pp. 272)
Aldo Busi, E io, che ho le rose fiorite anche d’inverno? (Mondadori, pp. 318)
Chiara Tozzi, Condividere (Ila Palma, pp. 115)
Antonio Pascale, Passa la bellezza (Einaudi, pp. 211)
Paolo Di Stefano, Tutti contenti (Feltrinelli, pp. 374)
Raffaele La Capria, L’estro quotidiano (Mondadori, pp. 181)
Antonio Debenedetti, E fu settembre (Rizzoli, pp. 165)
Stefania Bertola, Biscotti e sospetti (Salani, pp. 235)
Edoardo Albinati, Svenimenti (Einaudi, pp. 223)
Vincenzo Pardini, Lettera a dio (Pequod, pp. 173)
Andrea De Carlo, Giro di vento (Bompiani, pp. 319)
J.M. Coetzee, Elizabeth Costello (Einaudi, pp. 192)
Jamaica Kincaid, Autobiografia di mia madre (Adelphi, pp. 174)
Philip Roth, Pastorale americana (Einaudi, pp. 423)

POESIA

Alida Airaghi, Un diverso lontano (Manni, pp. 65)
Alba Donati, Non in mio nome (Marietti, pp. 95)

SAGGISTICA

Francesco M. Cataluccio, Immaturità. La malattia del nostro tempo (Einaudi, pp. 206)
Federica Montevecchi, Giorgio Colli. Biografia intellettuale (Bollati Boringhieri, pp. 174)