martedì, giugno 21, 2005

Partito d'Azione?

E come dovremmo immaginarcelo, questo Partito d'azione? "Beh, io immagino un partito liberale, radicale, laico e socialista...". Ma facciamo un passo indietro: nel suo intervento conclusivo della tre giorni radicale all'Ergife, Marco Pannella ha lanciato la proposta di costituire un partito nuovo: il Partito d'Azione. Nell'intervista di ieri sul Corriere della Sera ha descritto questo nuovo ipotetico soggetto politico nella maniera sopra riportata: liberale, radicale, laico e socialista. La novità dove sta? Apparentemente nello sconfessare anni di partito transnazionale e di movimenti ad esso affiliati; nel tornare a costituire un partito in senso tradizionale; nel sostituire i termini "liberale, liberista, libertario" con "liberale, radicale, laico e socialista". Una domanda: si sente il bisogno di un nuovo partito di siffatta pasta? A mio parere NO. E poi c'è quella parola che stona: "socialista". Di partiti laici e socialisti (che cercano, inoltre, di caratterizzarsi sempre più anche come liberali) ce ne sono per tutti i gusti: DS, SDI, Nuovo PSI. Possiamo aggiungere anche altri partiti d'ispirazione mazziniana, imparentati col Partito d'Azione: i Repubblicani (quelli che stanno di qua e quelli che stanno di là). Quale consenso e quali spazi potrebbe avere un Pd'A stritolato nella morsa diessina-socialista? Forse potrebbe valere un 2%, come le varie liste presentate negli anni (lista antiproibizionista, lista bonino, eccetera)... e allora cosa cambierebbe? Nulla. Ma perchè non percorrere fino in fondo la strada che porterebbe alla costituzione di un partito liberal-libertario? E' questo ciò che manca in Italia! Di partiti e partitini che si dichiarano socialisti ce ne sono a volontà e sinceramente siamo stanchi di ciò (uso il plurale per rappresentare "i federalisti", non certo per parlare a nome di altri). Forza Italia aveva creato aspettative liberali, rappresentava, in origine, il grande partito liberale che in Italia è sempre mancato. E' quello lo spazio scoperto che bisogna andare a coprire. Lì occorre dirigersi.

lunedì, giugno 20, 2005

Apologeticum

Confesso: la riunione del "che fare" (con o senza punto esclamativo?) è scivolata via senza che riuscissi a sintonizzarmi su Radio Radicale per più di cinque minuti. Ho deciso che sarebbe ora di porre termine alla mia carriera universitaria e l'approdo ultimo consisterebbe nel superamento dell'esame di latino e della seguente tesi di laurea. Pertanto sono giorni di studio, matto e disperatissmo. Come il nostro tragico Alfieri ho pensato di legarmi alla scrivania per potermi dedicare ad un tour de force di latinorum (del quale farei volentieri a meno). Da mercoledì il blog non è più stato aggiornato ed oggi mi concedo una toccata e fuga per dire la mia piccola e umile opinione a proposito dell'affaire radicale. Da iscritto e da militante parlo da credente nella causa lberal-libertaria. Ovviamente non conosco i toni intransigenti di un Tertulliano qualsiasi ma sposo i modi e i contenuti dell'unico radicale (o uno dei pochi) che movimenta positivamente il partito (o non-partito, perchè di partito in senso classico non si tratta). I cittadini di TocqueVille apprezzano il vicino di casa Benedetto della Vedova, e io mi associo senza esitare. Da tempo credo porti argomenti molto interessanti, che regolarmente vengono messi in un angolo (buio e ben nascosto). E mi chiedo come mai. Una constatazione stupida: la traettoria del movimento radicale è discendente. Ultimamente molte iniziative non hanno portato esiti positivi ergo perchè non cambiare? Perchè non cercare un consenso maggiore? Perchè non mandare a sedere in Parlamento qualche radicale? Perchè non allearsi con uno schieramento? Perchè non abbandonare alcuni estremismi giacobini? Perchè non dare più visibilità a Benedetto della Vedova?

mercoledì, giugno 15, 2005

L'anti-Piperno

La scorsa settimana, sul Magazine del Corriere della Sera, Antonio D'Orrico è intervenuto sulla disputa che ha preso piede in diversi giornali a proposito di chi sia l'anti-Piperno. Il più accreditato antagonista, soprattutto dalla stampa di sinistra (in primis Il Riformista e l'Unità), è stato visto in Tommaso Pincio e nel suo La ragazza che non era lei (Einaudi). Un po' staccati, proposti da sponsor differenti e in maniera diversa, sono stati fatti i nomi di Piersandro Pallavicini (Atomico Dandy - Feltrinelli), Valeria Parrella (Per grazia ricevuta - Minimum Fax)... e altri ancora. Per D'Orrico, comunque, nessuno di questi romanzi è stato all'altezza di quello di Piperno.... forse uno sì, è stato pubblicato da Adelphi e l'autore è Salvatore Niffoi. Io, invece, mi sento di dire che meglio di Piperno è Nicola Lagioia. Lagioia ha pubblicato sul finire del 2004 un romanzo straordinario, dal titolo Occidente per principianti, pubblicato da Einaudi nella prestigiosa collana dei Supercoralli. A suo tempo D'Orrico stroncò il libro senza grosse preoccupazioni, con una delle sue mini recensioni che, il più delle volte, ti fanno rimanere un po' così (leggi e poi ti chiedi "e allora?"). Comunque il romanzo è fantastico sia per forma che per contenuto. La prosa è tutt'altro che piatta (e questo probabilmente ha indotto il critico del Corriere a trattarlo nel modo in cui l'ha trattato. Per D'Orrico è una scrittura troppo "difficile" e per questo un libro, di conseguenza, è brutto. Prosa "difficile"=Brutto libro). La storia è avvincente. Straordinari sono i dialoghi tratti dal film di Mario Materia e divertentissimo l'incontro con Madame Sosostris (mi ha fatto ricordare una scena del capolavoro di Ciprì e Maresco "Il ritorno di Cagliostro). Un libro che potrebbe essere definito "generazionale" (ma senza volerlo e senza rispettare tutti gli stereotipi del caso). Un libro che da inoltre uno spaccato molto intelligente della nostra società. In definitiva: un grande libro.... migliore, molto migliore del seppur discreto Con le peggiori intenzioni di Alessandro Piperno.

Semaforo o rotatoria?

Servono regole. Giusto. Siamo pienamente d'accordo col senatore Andreotti. Ieri, sul Corriere della Sera, il simbolo vivente della prima repubblica, nel gioire per la sconfitta degli abrogazionisti, ha fatto presente che, prima di tutto, ha perso la concezione della modernità come assenza di regole. Bene. Servono regole. Ma quali e quante? Il senatore ha portato l'esempio del suo collega che, tempo fa, si produsse, in parlamento, in una apologia del semaforo. Il semaforo come emblema della legge. Col rosso ti fermi, col verde passi, col giallo ti appresti a fermarti. Una regolamentazione ferrea della circolazione stradale. Ma il semaforo è pura coercizione, imposizione dall'alto, mortificazione dell'individuo e della sua responsabilità, sottende ad una concezione misera dell'uomo, non lascia spazio ad alcun libero arbitrio e lo rende puro esecutore meccanico di disposizioni rigide. C'è una alternativa? Sì, la rotatoria! "La rotatoria o rotonda o rondò alla francese, è un tipo di intersezione a raso (cioè senza cavalcavia) fra due o più strade. Assolve alla funzione di moderazione e snellimento del traffico.L'incrocio fra le strade è sostituito da un anello stradale a senso unico che si sviluppa intorno ad uno spartitraffico di forma più o meno circolare. I flussi di traffico lo percorrono in senso antiorario." (da Wikipedia). E allora perchè non fare l'apologia della rotatoria? Al semaforo noi preferiamo la rotatoria. Perchè? I benefici sulla circolazione sono evidenti: maggior sicurezza, maggiore capacità di smaltire il traffico con snellimento nella circolazione, tempi di attesa ridotti al minimo, minor inquinamento acustico e chimico,possibilità di inversione del senso di marcia, riduzione e moderazione del traffico, minori costi gestionali e di sorveglianza (sempre da Wikipedia). La rotatoria lascia al conducente la sua dignità di essere un umano (di fronte al semaforo non può che sentirsi un puro automa), la sua facoltà di essere pensante, la possibilità di decidere come comportarsi (attraverso la legge della precedenza), concedendogli una responsabilità, dimostrando fiducia nelle sue azioni. Perchè lasciare il conducente fermo davanti ad un semaforo rosso quando sulla strada perpendicolare alla sua non circola alcun veicolo? Perchè considerarlo uno stupido esserre meccanico che non può decidere da solo quando passare e quando fermarsi? Diamo fiducia all'uomo, facciamolo scegliere... crediamo non sia in grado di valutare da solo quando premere sulla tavoletta dell'acceleratore e quando invece su quella del freno? Coraggio, lasciamo più spazio alla libertà dell'individuo!!!

martedì, giugno 14, 2005

Ha vinto la paura

Riducendo la discussione (ormai diventata ex-discussione) ai minimi termini si può dire che la legge 40 ha regolamentato la procreazione medicalmente assistita peggiorando la tecnica medica, al fine di salvaguardare nella sua intangibilità l'embrione (e la logica conseguenza è stata la proibizione della ricerca scientifica sulle cellulle staminali embrionali). Una legge dunque che mette alla base di tutto l'inviolabilità dell'embrione e da lì poi fa discendere tutte le norme. Logico che gran parte delle argomentazioni si siano incentrate sul quesito: cos'è l'embrione? E in seuito si è passati ai singoli problemi: l'obbligo di impiantare fino a un massimo di tre embrioni, l'analisi preimpianto, la fecondazione eterologa, eccetera eccetera.
Ora che il referendum ha dichiarato vinti e vincitori e il quorum si è attestato su cifre molto basse occorre spiegare perchè questo è accaduto, perchè solo un italiano su quattro ha deciso di recarsi alle urne. In queste ore si sono già succedute diverse analisi: il peso della Chiesa è stato determinante, i quesiti erano troppo "tecnici" e hanno allontanato la gente, non c'è stata contrapposizione politica e via dicendo. A me invece viene voglia di impostare un parallelismo fra il nostro referendum e quello francese sulla Costituzione europea. In ambedue i casi la parte del leone l'ha fatta la paura. In Francia estrema destra ed estrema sinistra hanno impostato la loro campagna referendaria sulla paura: la paura dell'immigrazione, la paura della perdita di tutele sociali, ... L'Europa ha preso le sembianze di un mostro, pronto a stravolgere la vita dei francesi. E' stato un voto conservatore, di timore verso nuove aperture. La paura della concorrenza e del libero mercato. L'istinto è stato quello di chiudersi a riccio e di rendersi impermeabili alle novità (novità viste come un salto nel vuoto). E in Italia? Anche in Italia ha vinto la paura. Prenderei ad emblema l'articolo-fiume di Oriana Fallaci che ha delineato un quadro apocalittico, che ha letteralmente distrutto la modernità e il progresso. La Fallaci è portavoce di un sentimento molto diffuso, un sentimento di paura verso l'evolversi rapido e continuo della nostra società. La paura di allontanarsi troppo dalla natura e di costruire un mondo artificiale. Le tecnologie, la scienza, i costumi corrono ad una velocità elevata e le prospettive che aprono spaventano. La gente quando sente parlare di fecondazione artificiale inorridisce. Gli ogm, l'ambiente e l'inquinamento, la ricerca scientifica (con il fantasma sempre presente della clonazione umana) hanno fatto pensare a tanti: di questo passo dove si arriverà? Sono spaventati dal futuro, se queste sono le premesse - dicono - cosa ci riserverà il domani?

giovedì, giugno 09, 2005

E' nelle librerie il capolavoro di Massimiliano Parente!

Si sa, sulle pagine dei Miserabili il sottoscritto si lascia andare spesso senza inibizioni a giudizi entusiastici. Si sa: il sottoscritto è pazzo. Però questa volta c'è un'unica categoria con la quale è possibile rendere l'idea di cosa sia La macinatrice di Parente: essa è un capolavoro. E' un capolavoro non soltanto qui, ma anche sull'Espresso, come annota con giusto acume Carla Benedetti.
Giuseppe Genna - I Miserabili, 7/6/2005

12/13 giugno: referendum sulla fecondazione. Cosa farai?

Su yahoo un sondaggio che da qualche speranza: dal 27 maggio, su 8244 votanti, il 62% si è dichiarato per il "sì", il 4% per il "no" e il 34% non andrà a votare.

martedì, giugno 07, 2005

The Bush Doctrine

by Norman Podhoretz, The Honorable Peter Whener, John Sullivan, Larry M. Wortzel, Ph.D., and Helle C. Dale - Heritage Lecture #881.
Tavola rotonda organizzata dalla Heritage Foundation sulla "dottrina Bush" ("The Bush Doctrine: What the President Said and What It Means").
Here is what the Pres­ident said:
"Freedom, by its nature, must be chosen, and defended by citizens, and sustained by the rule of law and the protection of minorities. And when the soul of a nation finally speaks, the institutions that arise may reflect customs and traditions very different from our own. America will not impose our own style of government on the unwilling. Our goal instead is to help others find their own voice, attain their own freedom, and make their own way."

lunedì, giugno 06, 2005

A Rutelli ora mancano solo le stimmate

Ormai è l'apoteosi. Anzi, di più, è la trasfigurazione: Francesco Rutelli scontati tutti i suoi peccati pannelliani, si è ormai trasformato nel più devoto e pio dei democristiani. Sui quattro referendum, come ha chiesto il Cardinal Camillo Ruini dall'alto del suo magistero, anche l'ex sindaco di Roma ha infatti deciso d'astenersi, affinchè le ragioni profondamente etiche del 'no' trionfino sulle consumistiche, disumane, egoistiche, caotiche, tre volte orribili ragioni della scienza. E così sia. A questo punto, consumato fino in fondo il ribaltone sulla Via di Damasco, non c'è cristiano ne tanto meno democristiano che gli possa ancora bagnare il naso rinfacciandogli le sue origini. Chi sono Marini, Follini e persino Casini al suo confronto? Tre "democristiani" tra virgolette. Come anche Prodi, del resto, che notoriamente è un democristiano “per modo di dire”, come gli è stato ricordato negli ultimi giorni. Soltanto Rutelli è degno di brandire lo scudo crociato e di guidare in battaglia i cattolici italiani. Come Veltroni, che una volta dichiarò di non essere mai stato comunista, anche Rutelli può finalmente rivelare di non essere mai stato radicale. Dev’essere qualcosa nell'aria condizionata dell'ufficio del primo cittadino della Città Eterna: uno siede su quella poltrina ed ecco che tutte le sue colpe sono cancellate con un oplà angelico. Rutelli, d'altra parte, è uno che ha molto sofferto per la Vera Religione. Anche lui, infatti, come i principali martiri della cristianità, che venivano arsi vivi e spietatamente torturati dai perfidi pagani, ha subito il martirio. Un tempo, sotto Nerone e gli altri imperatori schizofrenici, i cristiani primitivi venivano mangiati dai leoni nell'arena e lui, il povero Rutelli, è stato costretto per anni a ”mangiare pane e cicoria" nell'anticamera dei potenti. Dopo aver mangiato pane e cicoria sotto Craxi, sotto Fassino e D’Alema, persino sotto Prodi, è tempo che Rutelli mostri le stimmate e venga assunto in cielo.
Diego Gabutti - Il Tempo, 6/6/2005

L’esempio di Ciampi può far fallire l'astensione

Una democrazia è liberale quando traduce in legge standard etici che rispondano a criteri razionali generalmente condivisi. L'equiparazione dei diritti dell'individuo vivente ai diritti dell'embrione è invece questione da sempre controversa nelle coscienze individuali ed anche nelle fedi religiose. L'imposizione per legge di un principio morale controverso è, per la mentalità liberale, un eccesso di interferenza nella sfera della moralità individuale. Se si accettasse quell'interferenza, il passo successivo è già scritto. Se i referendum saranno vanificati dall'astensione, nell'ordinamento italiano i diritti dell'embrione risulteranno più tutelati dei diritti del feto. Nel 1975, giudicando della legge sull'interruzione volontaria della gravidanza, la Corte costituzionale si pronunciò contro l'asserita equivalenza fra i diritti della madre e la salvaguardia dell'embrione. Adesso dietro l'appello astensionista si prepara l'attacco alla legge sull'aborto, che farà compiere al sistema dei diritti individuali un salto indietro di trent'anni.
Valerio Zanone - Il Riformista, 6/6/2005

Marco Pannella: Andiamo a votare! Un rispettoso appello al presidente Ciampi

Chiedo rispettosissimamente al presidente della Repubblica che è anche il presidente dei magistrati italiani, se egli davvero non trovi nulla da pensare (e magari anche da fare), in una realtà nella quale viene costantemente violato il diritto positivo italiano, quelle norme indiscutibili, che il professor Michele Ainis ha avuto il merito di far conoscere a tutti, non illustrando una tesi, ma limitandosi a pubblicare la lettera delle norme: coloro che, "ministri" del culto o "ministri" dello stato, intervengono per indurre (non per obbligare; si badi: per indurre) alla astensione gli elettori sono passibili di una pena che va dai 6 mesi ai tre anni.
…Mi auguro che il presidente della Repubblica voglia farsi portatore di queste istanze; esiga che gli si mostri quanto il professor Ainis ha pubblicato sul “La Stampa”; sono certo che egli comprenderà, che non può dare l’impressione di ritenere normale che in questa sua e nostra Italia, per quanto è di nostra conoscenza, non vi sia stato ancora un giudice, un magistrato, che abbia aperto ufficialmente una indagine a carico di alte personalità dello Stato; con questa aggravante, lo ripeto, di voler indurre, in modo ossessivo, ricattatorio, l’Italia alla astensione.
Marco Pannella - Notizie Radicali, 6/6/2005

In europa solo il mercato può ridurre la povertà

C’è un Europa dei poveri e della povertà. Si tratta de “L’altra Europa” descritta nell’ultimo saggio di Luciano Monti, un vero e proprio diario di viaggio nella povertà del vecchio continente. Un itinerario intellettuale in cui però si raccontano anche incontri con persone che provano sulla loro pelle i morsi dell’indigenza e dell’esclusione, che parte dalle periferie romane per spingersi fino ai confini dell’Europa a 25 ed oltre, nei nuovi paesi ormai al confine dell’Unione, come l’Ucraina, la Bielorussia o la Moldavia. Documentato, utile ad orientarsi nel labirinto delle statistiche e delle definizioni e animato dalla personale partecipazione dell’autore al destino dei diseredati, “L’altra Europa” ci aiuta a scoprire - o a ricordare - che anche nella solidale Unione Europea, non solo nei cinici USA, vi sono sacche di povertà (autoctone e derivanti dall’immigrazione), ma soprattutto sta crescendo il “rischio di povertà”. Un rischio che assume forme nuove, derivanti da fenomeni fino a ieri sconosciuti o marginali, come l’invecchiamento della popolazione, la sempre maggiore friabilità delle famiglie o le nuove forme di occupazione.Leggere questo libro dopo i referendum francese e olandese che hanno bocciato il nuovo Trattato Costituzionale dell’Unione Europea, contribuisce forse anche a dare una spiegazione in più proprio a quel voto: la paura. Paura di un futuro in cui, come spesso si dice, i figli staranno peggio dei loro genitori, cosa che da generazioni non accadeva e non si pensava potesse di nuova accadere.[...] L’Europa, che resta a tutt’oggi tra le aree di gran lunga più ricche del globo, potrà sconfiggere lo spettro della povertà prima che esso si materializzi solo ritrovando la via della crescita economica in un contesto duro come quello attuale. C’è una parte di Europa che questa via sembra averla trovata, quella dei paesi neocomunitari dove i livelli di povertà sono sicuramente più elevati, ma dove sistemi economici più “liberisti-americani” che non “corporativi-renani” consentono di avere maggiore fiducia nella crescita e nel fatto che i figli staranno meglio dei padri. La dimensione sociale del modello europeo non va perseguita attraverso la continua interferenza con i meccanismi del mercato e della concorrenza, come per lo più accade oggi nel vecchio continente con i risultati che abbiamo sotto gli occhi, ma lasciata a strumenti specifici che definiscano una più efficace rete di protezione avente come obiettivo prioritario - anche se non esclusivo - di accompagnare e incentivare il rientro nella vita attiva e produttiva.
Benedetto Della Vedova - Corriere Economia, 6/6/2005

Dedicato a Gianni Minà

La libertà oltre la rete. In patria, in 110 mila km quadrati di Cuba, si sentiva soffocare. Gli mancavano l'aria e il respiro: di libertà. Si sentiva a suo agio solo in campo, quello della pallavolo, 18 metri per 9, dove si muove da campione qual è. Come ben si è accorta la nazionale italiana, che venerdì a Busto Arsizio, proprio a causa della sua regia, le ha buscate, nella partita di World League. E che stasera non lo vedrà in campo a Monza nell'incontro di ritorno: alle 18,30, nel Palacandy, la maglia numero 6 di Xavier Augusto Gonzalez Pantòn, 22 anni, «alzatore» della nazionale cubana di volley, non ci sarà. Perché Xavier ieri ha rinunciato alla sua terra e al suo campo per uno spazio più vasto, senza quelle limitazioni che a casa lo asfissiavano. Xavier ha chiesto asilo politico in Italia. [...] "Lo avevo giurato anni fa di scappare: quando avevo capito che nella mia terra i diritti umani sono parole vuote, che mancano le libertà elementari fondamentali".
Costantino Muscau - Corriere della Sera, 5/6/2005

sabato, giugno 04, 2005

Siamo fritti... è scesa in campo anche Oriana Fallaci!

La visione apocalittica di Oriana Fallaci si è abbattuta (grazie all'articolo-fiume sul Corriere di ieri) come una clava sulla consultazione referendaria del 12/13 giugno. Partendo dal tema della procreazione assistita (che andrebbe vietata, a suo parere) ha scagliato dardi contro tutto ciò che caratterizza il nostro mondo e la nostra società. Ha maledetto il telefonino e il computer (internet compreso), le madri che uccidono i figli e i cacciatori che uccidono gli uccellini, l'assenza di spiritualità e l'edonismo. L'Occidente è prossimo alla sua implosione. Ratzinger e Spengler sono profeti e il tramonto della nostra civiltà è imminente. Faremo la fine dell'Impero romano e saremo travolti dai barbari di turno (nel nostro caso i musulmani). Sono secoli che si grida al lupo al lupo, dalle accuse di Savonarola contro l'immoralità del suo tempo fino ai giorni nostri. Prima o poi qualcuno ci azzeccherà. Nel frattempo siamo sopravvissuti a tutto. Ora si pongono nuove sfide, questioni importanti. Non occorre farsi prendere da catastrofismi viscerali. Nessuno vuole una scienza onnipotente ed illimitata ma una scienza incanalata sulla giusta strada. Respingere ogni aspetto del Progresso e chiudersi a riccio respingendo ogni novità è una reazione umana. Ci sono sempre stati i conservatori, i reazionari e i progressisti. Tutto ciò che è possibile non è detto che si debba fare. Tutti riconoscono la necessità di porre limiti, primi fra tutti i libertari e i liberali. Bisogna pensare però a dove mettere questi limiti a dove piantare questi paletti. Piantarli qui e ora? cento metri più avanti? discutiamone...

La propaganda a favore dell’astensione nelle chiese è illegale

Art. 98 del Testo Unico delle leggi elettorali, Titolo VII:
Il pubblico ufficiale, l'incaricato di un pubblico servizio, l'esercente di un servizio di pubblica necessità, il ministro di qualsiasi culto, chiunque investito di un pubblico potere o funzione civile o militare, abusando delle proprie attribuzioni e nell'esercizio di esse, si adopera: 1. a costringere gli elettori a firmare una dichiarazione di presentazione di candidati od 2. a vincolare i suffragi degli elettori a favore od in pregiudizio di determinate liste o di determinati candidati 3. ad indurli all'astensione, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire 600.000 a lire 4.000.000.

Il Palazzo di vetro sotto assedio: l’Onu affronta la crisi dei 60 anni

Due libri sullo stato di salute delle Nazioni unite: dall'analisi di Paolo Mastrolilli al «j'accuse» di Christian Rocca. Recensioni di Alberto Simoni su l'Avvenire.

Una legge in meno per una libertà in più

Un intellettuale originale e coraggioso come Alain Finkielkraut non smette di ricordarci che una società libera non è un “accumulo di diritti” (diritto a questo, diritto a quello...). Già la Costituzione italiana (e Piero Ostellino ha fatto molto bene a evidenziarlo) è negativamente gravata da questa impostazione sul piano economico-sociale (diritto alla casa, diritto al lavoro e così via: tanto più solennemente proclamati, quanto più difficilmente realizzati, peraltro): e non sarebbe un buon affare per nessuno trasferire questo “metodo” anche in altri ambiti. E, infatti, per noi radicali l’impostazione è opposta. Noi non chiediamo una legge in più, ma una legge in meno. Non chiediamo un diritto in più, ma una facoltà in più. Non chiediamo un intervento in più dello Stato, ma un intervento in meno. Il secolo appena trascorso è stato caratterizzato dall’impronunciabilità della parola “individuo”: ed era sempre un’entità collettiva (la Famiglia, il Sindacato, il Partito, la Chiesa, lo Stato: tutti minacciosamente maiuscoli) a dire l’ultima parola. Ora, è venuto il momento di immaginare un nuovo spartiacque politico rispetto alle tradizionali categorie della “destra” e della “sinistra” (per tanti versi, attrezzi ormai inadeguati): e la distinzione è tra chi (in economia come sul fronte delle scelte personali) vuole allargare e chi invece vuole restringere la sfera della decisione individuale e privata rispetto alla sfera delle decisioni pubbliche e collettive.
Daniele Capezzone - ideazione.com, 1/6/2005

venerdì, giugno 03, 2005

Vincere. E ci asterremo

E’ persa. Si aveva scommesso che Giuliano Ferrara avrebbe cambiato idea sul referendum prima della fine di maggio ed è persa per due giorni, pazienza. Mesi orsono annunciò che sarebbe andato dai Radicali a firmare per un referendum che si doveva assolutamente fare – disse – per quanto avrebbe poderosamente battagliato per il NO, e fece tutto quanto: ci andò, firmò, battagliò per il NO. Disse che l’astensione era segno di insicurezza e d’ignavia, si chiese dove cominciasse una forma di vita per centinaia di pagine mentre noi ci chiedevamo quale forma di vita avrebbe potuto leggerle. Ora ha cambiato idea perché ha pensato che solamente il partito dell’astensione potrebbe vincere, diversamente da quello del NO dove s’annida, peraltro, gente disposta a riconoscere che la legge andrebbe comunque migliorata. La conversione, politicamente ineccepibile, delude solo noi imbecilli nostalgici della coerenza, convinti che le battaglie si vincono sempre. Ma Ferrara si è stufato e per una volta una battaglia vorrebbe vincerla per davvero, per quanto la vittoria – direbbe Biagi – avrà mille padri. Forse un po’ meno madri.
Filippo Facci - Il Giornale, 3/6/2005

Il leader e la propria base

Il pariolino pauperista Francesco Rutelli è uscito allo scoperto: il 12/13 giugno non andrò a votare! Peccato che dal sondaggio del sito ufficiale della Margherita si apprenda chiaramente che il suo elettorato è su altre posizioni. Continua dunque l'impresa del nostro eroe, nel tentativo di tramutarsi nel De Mita del nuovo Millennio, per rubacchiare qualche voto di là e arrivare a sedersi un po' in alto chissà!

Le invasioni cristiane

Sabato discendono i Crociati! Per tutta la giornata saremo circondati dai cristianizzatori atei e non. Con una performance che metterà a dura prova i nostri salvatori, dalle 11 del mattino fino a notte fonda, il prode Giuliano Ferrara e il fedele alleato Luigi Amicone terranno tre incontri lungo la via Emilia: Bologna, Reggio Emilia, Modena. Fratello embrione e Sorella verità accompagnati da scienziati colmi di senno (tanto senno da permetter loro l'astensione perchè "sulla vita non si vota"!) mi indurranno a fuggire verso il passo del Brennero per non subire una conversione forzata. Imboccherò la A22 presto nel mattino e, dopo avere trovato ospitalità in terra autonoma altoatesina, farò ritorno nella giornata di domenica nei luoghi a me cari... quando l'orda cristiana se ne sarà andata lasciando nell'aria un intenso odore di incenso.